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lL GIRAMONDO – Uno sguardo a sondaggi ed elezioni in giro per il Mondo: Elezioni parlamentari e presidenziali in Turchia. La battaglia finale di Erdogan contro la democrazia turca.

Uno scandalo di corruzione di 100 miliardi di dollari nel 2013 portò agli arresti di stretti alleati di Erdoğan e incriminò membri della sua stessa famiglia. Il suo governo da allora è stato messo sotto accusa per presunte violazioni dei diritti umani e repressione della stampa e dei social media, avendo bloccato l’accesso a Wikipedia, Twitter, Facebook e YouTube in numerose occasioni. Molti giornalisti che hanno criticato le sue tendenze autoritarie sono stati incarcerai (ci sono stati più giornalisti incarcerati in Turchia sotto Erdoğan che in qualsiasi altro paese). Molti giornali di opposizione sono stati fatti chiudere o i loro proprietari sono stati “invitati” a cadere la maggioranza azionaria ad imprenditori vicini al governo. In politica estera ha armato e appoggiato i ribelli islamici sunniti in Siria, lasciando che avessero le loro basi logistiche in Turchia e facendo passare molti “foreign fighters” in Siria attraverso il confine turco. Molti di questi ribelli sono poi andati far parte nel 2014 del famigerato “Stato Islamico”.

Il cessate il fuoco con il PKK è crollato nel 2015, provocando una rinnovata escalation del conflitto che ha prodotto migliaia di morti e la distruzione della città di Nusaybin.

Nel 2016, un colpo di stato è stato tentato senza successo contro Erdoğan e le istituzioni dello stato turco da parte dei settori dell’esercito rimasti a lui ostili. Il fallito golpe ha permesso ad Erdogan di dichiarare lo stato di emergenza (ancora in corso) e di licenziare e spesso imprigionare migliaia di dipendenti pubblici, in particolare nell’esercito e nella scuola.

Il referendum istituzionale del 2017, che trasforma la Turchia in Repubblica presidenziale, eliminando la figura del Primo Ministro e riducendo i poteri del parlamento, ha contribuito ancora di più ad aumentare i suoi poteri.

Molti commentatori politici affermano che gli incessanti sforzi di Erdoğan per ampliare i suoi poteri, senza che debba rendere conto né alla magistratura né al parlamento delle proprie azioni, equivalgono alla “caduta della democrazia turca” e alla “nascita di una dittatura di fatto”.

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