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Le elezioni politiche svoltesi il 25 settembre hanno prodotto una chiara maggioranza di centrodestra nelle future camere che si accinge a governare il paese. Nell’articolo che segue proviamo a vedere come si è prodotto questo risultato, sicuramente il più rilevante di queste elezioni, e molti altri grazie ad alcune analisi prodotte da BiDiMedia sul voto.

 

Affluenza

Cominciamo dall’affluenza, le politiche hanno visto un calo netto della partecipazione del voto delle scorse politiche, -9%. Quello del 2018 poi era già il minimo storico finora toccato nelle elezioni legislative italiane, e questo da bene la misura di quanta poca partecipazione al voto ci sia stata in queste elezioni.

Il calo non è tuttavia stato uniforme, il sud italia ha mostrato la flessione maggiore con punte di oltre il -15%. Il meridione nel 2018 era stata la zona forte del moviemento 5 stelle, e proprio il forte calo delle intenzioni di voto per questa lista rende comprensibile il perché sia stata proprio questa zona ad arretrare di più nella partecipazione al voto

 

Dal lato opposto abbiamo regioni che hanno tenuto di più, e in cima Lombardia, Emilia Romagna e, in apparente contraddizione con quanto scritto sopra, la Sicilia. In realtà proprio il dato dell’isola e la contemporaneità delle elezioni politiche con le regionali qui, ci mostra una situazione più unica che rara, per la prima volta sono state con ogni evidenza le regionali a tirare verso l’alto l’affluenza delle politiche e non, come accade sempre, il contrario

Flussi

Proviamo quindi ad analizzare i flussi dei voti tra i vari partiti, in particolare rispetto alle europee 2019. Il confronto con queste elezioni rispetto alle politiche 2018 è preferibile per due motivi

  1. Le europee sono l’ultima votazione nazionale effettuata in italia precedente a questa
  2. Il numero di elettori delle politiche 2022, circa 30 milioni, è stato più vicino agli elettori delle scorse europee, 28 milioni, rispetto che alle scorse politiche, 34. In breve abbiamo avuto un’affluenza più da europee che da politiche

 

Dai flussi di voto, mostrati sopra, possiamo poi dedurre la composizione dell’elettorato dei vari partiti in queste elezioni, rispetto alee europee.

Per prima cosa il Partito Democratico è per la gran parte votato da elettori che già votavano PD, il 74%. I restanti sono un flusso di discrete proporzioni dal movimento 5 stelle (10%) e per il resto una somma di molti altri piccole entrate, di voti dagli astenuti e di nuovi elettori.

Più europa ha per quasi la metà elettorato mantenuto, ma acquisisce anche una quota importante dei suoi elettori, un terzo circa, dal partito Democratico.

Il PD è l’origine anche di una quota rilevante degli elettori di Alleanza Verdi e Sinistra, che mostrano una composizione piuttosto varia. Oltre al 23% dal PD un 33% dai Verdi, un 19% da “la sinistra” e un 25% dagli altri+astenuti+nuovi elettori (questi ultimi in particolare non trascurabili)

L’elettorato ex PD però , e forse questo è il dato più rilevante di questi flussi,  è la componente maggioritaria degli elettori del Terzo Polo, oltre il 56%. Non che la cosa stupisca particolarmente, visto che i leader di entrambi i partiti che compongono la lista vengono proprio da li. Il terzo polo ha anche preso un 20% dal centrodestra (8% FI + 12% Lega). Per tutte le analisi che seguiranno comunque sarà bene tenere a mente il fatto che l’elettorato del terzo polo, come abbiamo appena visto, è formato principalmente da elettori provenienti dal centrosinistra. Il movimento 5 stelle, pur giocando in difesa in queste elezioni, avendo in ben due terzi del suo elettorato composto da elettori storici del movimento, è riuscito comunque a strappare un 13% di ritorno dalla Lega, voto che per la maggior parte nel 2018 aveva votato il m5s ma era poi passato alla lega nel 34% delle europee

Più in generale la Lega, anche molto più che il PD, è il partito che ha più perso (e disperso) elettorato in altre liste. Sono per oltre metà elettori leghisti del 2019 gli attuali elettori di FDI, un terzo di quelli di FI, oltre alle quote dette prima in M5S e Terzo Polo.

Voto per categorie

Andando a vedere poi il voto per categorie si notano alcune interessanti caratteristiche. Innanzi tutto il voto per genere è simili a quello complessivo, con le donne un po’ più propense a votare centrodestra.

 

Per quanto riguarda il titolo di studio si nota una delle correlazioni più forti di queste analisi. Il voto al PD cresce decisamente nella categoria dei laureati, dove è per distacco primo partito. Una dinamica simile c’è anche per il terzo polo, per la già descritta origine comune dei due elettorati, e anche di Alleanza Verdi e Sinistra e più Europa, sempre per lo stesso motivo.  Segnano invece un minimo tra i laureati FDI, Movimento 5 stelle e Lega. Questi ultimi due sono decisamente più forti nella categoria licenza elementare o media. Omogeneo il voto di Forza Italia

 

 

Per quanto riguarda l dato per età Fratelli d’Italia ha dati abbastanza omogenei, pur avendo un picco negli over 55. Il Partito democratico soffre in particolare le età intermedie, 35-54 anni, e diventa invece quasi primo partito tra i pensionati. Più europa, Alleanza Verdi e Sinistra e Terzo Polo più forti tra i giovani, Lega e Movimento 5 Stelle nelle fasce d’età intermedie, abbastanza omogenea forza italia

L’altra correlazione molto forte che si evidenzia da queste analisi, oltre al voto per titolo di studio, è il voto per dimensione dei comuni di residenza. Il centrodestra raggiunge addirittura la maggioranza assoluta, 51%, nei comuni piccolissimi, <5mila abitanti, cala però al crescere delle dimensioni fino a un minimo del 34% nei comuni oltre i 200mila abitanti

Andamento opposto per il centrosinistra e per il terzo polo. Il centrosinistra in particolare arriva quasi a pareggiare il centrodestra nei comuni oltre 200mila abitanti, nonostante un gap di 17 punti a livello nazionale. Abbastanza omogeneo il movimento 5 stelle, le differenze nelle dimensioni dei comuni sono dettate dalla sua distribuzione territoriale (forte al sud dove i comuni sono mediamente più popolosi) e non a un vero e proprio trend campagne-città

Il peso dei candidati

Confrontando i voti nei medesimi luoghi tra camera e senato per le varie liste si può provare a stimare anche quanti voti spostano i candidati degli uninominali, differenti appunto tra una camera e l’altra. La risposta è molto chiara: praticamente nulla, con poche eccezioni.

Solo nel 17% dei casi, una su sei, c’è una differenza superiore all’1% tra le due camere, e solo nell’8% di questi si arriva oltre l’1,5, con differenze comunque minime. C’è anche una coalizione in cui i candidati, per quel poco, spostano di più che nelle altre, il centrosinistra, con una media dello 0,6% in tutto il paese. Da questo dato sembra che questi elettori siano un minimo più influenzati dal candidato di collegio

Differenze rispetto ai precedenti collegi

Un’ultima considerazione infine sull’aumento della dimensione dei collegi, dovuta alla riduzione del numero dei parlamentari. Questa ha, in particolare alla camera, favorito il centrodestra, perché il voto del centrosinistra, come visto sopra più urbano e quindi concentrato in aree specifiche, viene diluito in territori più grandi, e con una quota di campagna maggiore, rispetto al 2018

Detto in numeri, il cdx con i collegi del 2018 avrebbe vinto 2,6% di uninominali in meno alla camera rispetto a quanto accaduto ora. Non ci sono invece differenze sostanziali al senato

Particolarmente emblematico il caso di Roma, con il collegi del 2018 in queste elezioni il centrosinistra avrebbe vinto tra le due camere 6 collegi sul totale dei 16 cittadini, il 37,5%. Ha invece vinto solo 2 dei 10 collegi attuali, il 20%, quasi la metà in proporzione

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