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IL GIRAMONDO – Elezioni in Argentina: elezioni di mid-term. La sfida al peronismo della destra anarco-capitalista di Javier Milei

LA STORIA POLITICA

L’Argentina moderna nasce nel 1810, con la cosiddetta “Rivoluzione di Maggio” contro il dominio spagnolo, ispirata alla rivoluzione francese, a cui seguì, a seguito delle campagne militari di José de San Martín e Simón Bolívar  la dichiarazione di indipendenza del 1816.  Tuttavia nei decenni successivi l’Argentina rimase un insieme di province autonome, spesso in lotta tra loro, con i caudillos che governavano i territori sotto loro amministrazione come feudi personali grazie ad eserciti privati. Nel 1853 fu approvata la Costituzione argentina, repubblicana e federale, che, a parte alcune modifiche, è ancora in vigore.  Gli anni successivi videro comunque ancora scontri, spesso armati tra il governo centrale e i governatori delle varie province, a cui si andò a sommare la guerra contro il Paraguay (1865-1870).  Una volta terminati gli scontri interni, nel 1874 il governo si impegnò in una campagna militare per conquistare i territori ancora controllati dagli indigeni. Durante il decennio successivo, il generale Julio Argentino Roca impose l’autorità del governo nazionale sulle pampas sconfiggendo le popolazioni indigene. Nel 1884, quando al termine delle operazioni militari, gli indigeni erano ridotti a 30.000 unità.

Nei decenni successivi il potere rimase in mano ai conservatori del Partito Autonomista Nazionalista (PAN). In quel periodo l’introduzione di tecniche moderne in agricoltura, l’integrazione dell’Argentina nell’economia mondiale, gli investimenti esteri e l’immigrazione europea diedero impulso ad una spettacolare crescita economica che fece dell’Argentina nei primi decenni dell XX secolo uno dei paesi più prosperi del mondo.

Nel 1916, con l’introduzione del suffragio universale maschile, ci fu una vera e propria rivoluzione politica. Gli elettori elessero presidente Hipólito Yrigoyen, leader dell’Unione Civica Radicale (UCR), partito progressista di orientamento liberale.

I radicali, appoggiati dal ceto medio e dalla popolazione urbana, portarono avanti una vera e propria rivoluzione politica contro il cosiddetto “Regime” cioè la casta dei proprietari terrieri che aveva dominato la vita politica del paese nei decenni di dominio del PAN.  Nel 1922  nuovo presidente fu eletto Marcelo Torcuato de Alvear. Nel 1928 i radicali di divisero tra i seguaci ed oppositori di Yrigoyen, il quale fu rieletto presidente, proprio mentre iniziava ad infuriare nel paese la Grande Depressione. La divisione politica all’interno dell’UCR sfociò presto in un conflitto armato tra sostenitori ed oppositori del presidente che si estese presto a tutto il paese, mentre nel frattempo cresceva la forza dei partiti politici di estrema sinistra. Nel 1930 un colpo di stato militare rovesciò il governo di Yrigoyen. Le elezioni successive del 1931 e 1937 videro la vittoria di presidenti conservatori appoggiati dai militari, mediante l’uso esplicito della frode elettorale e della repressione. Il protezionismo economico di quegli anni provocò gravi danni all’economia argentina.

In questo periodo il movimento operaio argentino si organizzò nella Confederación General del Trabajo (CGT), sindacato con idee nazionaliste di sinistra, che sarebbe poi diventato la potente base politica ed elettorale del peronismo.

Nel 1943 un colpo di stato militare portò al potere Pedro Pable Ramirez, un militare dichiaratamente fascista che, pur ammirando il nazismo, fu costretto dagli USA a lasciare il posto ad un presidente filo-occidentale, il generale Edelmiro Farrell che  dichiaro’  guerra alla Germania e al Giappone. Nonostante questo il governo argentino continuo’ ad essere dominato da esponenti di estrema destra, tanto che dopo la fine del conflitto, molti  esponenti del regime nazista tedesco, tra i quali Adolf Eichmann, Josef Mengele, e Erich Priebke furono accolti in Argentina, dove vissero sotto falsa identità per sfuggire alla giustizia internazionale.

Nel frattempo il regime militare aveva nominato Direttore del Dipartimento del Lavoro il colonnello Juan Domingo Peron, il quale, in collaborazione con la CGT prese provvedimenti per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, tra i quali la creazione di un sistema pensionistico nazionale, cosa che lo rese estremamente popolare. Il generale Farrell allora, per sfruttare la sua popolarità, lo promosse vicepresidente.  Gli USA tuttavia cominciarono presto ad essere preoccupati della popolarità di Peron, visto come un pericoloso “socialista” e imposero a Farrell di farlo dimettere e arrestare.  La CGT e i partiti di sinistra organizzarono allora una sommossa popolare per ottenere la sua liberazione, che avvenne il 17 Ottobre 1945, data della nascita del movimento politico peronista.

Per’on fond’o una propria formazione politica, il Partido Laborista,  con il quale si presentò alle elezioni presidenziali del 1946, venendo eletto con il 52,8% dei voti, sconfiggendo l ‘Unione Democratica, una coalizione filo-USA,  che andava dai conservatori ai comunisti,

Dopo avere assunto la presidenza, Perón dissolse il Partido Laborista, creando il nuovo Partido Peronista, strettamente legato alla CGT, che divenne l’unica organizzazione sindacale legale in Argentina. Furono rimpiazzati i giudici della corte suprema, e nel 1949 venne convocata un’Assemblea Costituente che elaborò una nuova costituzione secondo i principi del peronismo. Ben presto molti dirigenti politici, sindacali e studenteschi di opposizione vennero arrestati e i giudici e i docenti universitari non allineati al nuovo regime vennero rimossi dagli incarichi. La nuova Costituzione, scritta per consentire a Perno di essere ricandidato alla presidenza nel 1951, allargò  il suffragio universale alle donne.  Peron quindi decise di affidare alla propria moglie, la popolarissima first lady Eva Per’on detta Evita, il compito di creare il “Partito Femminile  Peronista”, per mobilitare le donne verso la propria rielezione.  La popolarità di Evita era tale che iniziò ad offuscare quella del marito. Nell’agosto del 1951 due milioni di argentini si radunarono in nel cosiddetto “Cabildo Abierto”  (assemblea pubblica) per  far nominare Evita candidata vicepresidente. Evita, che era malata di cancro e sarebbe morta di li’ a pochi mesi, decise di rifiutare l’incarico.  Pero’n fu rieletto presidente con il 62,5% dei voti.

Negli anni della guerra l’Argentina si era arricchita esportando carne e grano verso le potenze belligeranti. La crescita economica, associata alla nazionalizzazione di alcune grandi imprese, permise al governo peronista di avere adeguato supporto finanziario per implementare una vasta politica di welfare state, investendo in edilizia popolare, salute ed educazione. Tuttavia il governo tralasciò gli investimenti a favore dello sviluppo e della crescita produttiva.  Dopo pochi anni la situazione economica iniziò a deteriorarsi e Peron dovette affidarsi ai prestiti della Banca Mondiale per non essere costretto a tagliare la spesa sociale.

Il culto della personalità e il governo sempre più autoritario di Peron cominciava a preoccupare sia l’opposizione conservatrice legata alla chiesa cattolica che quella liberale e socialista. Nel 1955 un colpo di stato militare costrinse Peron a fuggire prima in Paraguay del dittatore Stroessner e poi andare in esilio nella Spagna del generale Franco.

La giunta militare mise fuorilegge il partito peronista e quello comunista. Nel 1958 Arturo Frondizi dell’UCR fu eletto presidente. Nel 1962, a causa di un possibile accordo di Frondizi con i peronisti per la sua rielezione, questi fu deposto in un colpo di stato incruento. Nel 1963 fu eletto un altro esponente dell’URC, Arturo Illia. Il suo governo attuò politiche decisamente di sinistra, inclusa la nazionalizzazione dell’industria del petrolio e legalizzò il partito peronista e quello comunista. Preoccupati di un ritorno di Peron, nel 1966 i militari organizzarono un altro colpo di stato, abolendo le istituzioni democratiche.

Intanto l’economia era cresciuta, arricchendo tuttavia solo le classi sociali medio alte mentre il conflitto sociale e la violenza politica crescevano di intensità. A partire dalla seconda metà degli anni sessanta, si aggravarono i problemi sociali, e cominciò la guerriglia dell’Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP), dei Montoneros e altre organizzazioni armate. Il governo dei militari attuò una politica economica protezionista che port’ò il paese alla recessione economica. Il rischio di una rivoluzione popolare contro il regime costrinse i militari ad organizzare nel 1973 libere elezioni, che furono vinte da Hector Campora,  a capo del Partito Giustizialista, la fazione di sinistra del Partito Peronista,  appoggiata dalla Cuba di Fidel Castro e dal Cile di Salvador Allende.   Campora fece tornare Peron dall’esilio e si dimise, in modo da far eleggere Peron presidente, cosa che avvenne pochi mesi dopo.

Peron, già vecchio e malato morì l’anno successivo. Gli successe la sua seconda moglie, Isabel Martinez, (detta Isabelita) che Peron aveva nominato vicepresidente. La totale inesperienza politica di Isabel la rese succube degli elementi di estrema destra all’interno del governo, che iniziarono una feroce repressione contro i partiti della sinistra argentina, che si tradusse in attentati, sequestri, torture e assassini  La crisi petrolifera internazionale diede un duro colpo alla già fragile economia argentina, provocando un vero e proprio collasso economico. Nel 1976 il governo di Isabelita Peron fu rovesciato da un nuovo golpe militare guidato dal generale Jorge Rafael Videla.

La dittatura militare governò l’Argentina tra il 1976 e il 1983 e fu caratterizzata da una forte repressione dell’opposizione e numerose violazioni di diritti umani. I prigionieri scomparsi (depasarecidos) in quegli anni furono decine di migliaia.  La crisi economica del paese nel frattempo continua ad imperversare. Nel 1982 l’Argentina iniziò una guerra per la sovranità sulle isole Falkland-Malvinas contro il Regno Unito. La sconfitta delle truppe argentine e la morte in combattimento di circa 600 soldati, fu il colpo definitivo al regime militare, che fu costretto a convocare elezioni democratiche nel 1983, che furono vinte dall’Unione Civica Radicale di Raúl Alfonsín.

Il governo di Alfonsín fu caratterizzato da continui contrasti con le forze armate, che portarono a varie insurrezioni militari.  Il governo attuò un programma per ridurre la povertà nel paese e si aprì alla liberalizzazione del commercio con i paesi vicini, che avrebbe portato alla creazione del MERCOSUR. Tuttavia non riuscì a contenere l’inflazione e a ridurre la disoccupazione, questo portò alla vittoria nel 1989 di Carlos Menem, rappresentante dell’ala destra del partito giustizialista.

Menem nominò Domingo Cavallo come ministro dell’economia, il quale per bloccare l’inflazione, decise di fissare la parità tra il peso argentino e il dollaro USA. Negli anni successivi, grazie alle politiche liberiste e alle privatizzazioni attuate da Menem,  la situazione finanziaria del paese migliorò nettamente e nel 1994 Menen fu riconfermato alla presidenza.  Il Dollaro USA nel frattempo iniziò ad aumentare di valore.  Mentre le importazioni aumentavano, le esportazioni diminuivano, a causa del costo troppo alto del peso argentino. Per mantenere la parità con il dollaro il governo fu costretto a vendere valuta pregiata mentre il debito pubblico del paese aumentava a ritmi sempre più veloci.  L’amministrazione Menem fu coinvolta anche in gravi casi di corruzione. Nelle elezioni del 1999 i peronisti furono sconfitti da Fernando de La Rua, dell’Unione Civica Radicale, appoggiato anche dai partiti della sinistra.

Una volta al governo De La Rua dovette impegnarsi a tagliare l’enorme debito pubblico del paese, per ottenere i necessari prestiti dal Fondo Monetario Internazionale per evitare il default economico. Le gravose misure di austerità imposte dal FMI, provocarono vaste manifestazioni di protesta contro il governo, che sfociarono anche in disordini violenti. Mentre i ricchi imprenditori trasferivano il denaro all’estero, De La Rua richiamò Domingo Cavallo a guidare l’economia del paese il quale impose una serie di misure economiche restrittive che fecero ancor più infuriare la popolazione. Nel Dicembre 2011  Buenos Aires fu teatro di scontri violenti che provocarono decine di morti; la folla inferocita prese d’assalto la Casa Rosada,  De La Rua  e Cavallo furono costretti a dimettersi e a fuggire in elicottero.

Nel 2003 furono convocate nuove elezioni, a cui  parteciparono ben tre candidati peronisti, tra cui lo stesso Menem.  La vittoria andò a Nestor Kirchner, esponente dell’ala sinistra moderata del Partito Giustizialista. Kirchner, con il supporto del ministro dell’economia Roberto Lavagna, riuscì a stabilizzare l’economia, grazie anche alla negoziazione del debito pubblico verso l’estero, facendo poi crescere il benessere del paese e riducendo significativamente il tasso di povertà.  Nelle elezioni del 2007 Kirchner decise di lasciare la presidenza la moglie Cristina Fernandez, che sconfisse lo stesso Lavagna che si presentava come indipendente. Il governo di Cristina Kirchner fu caratterizzato da una netta apertura dal punto di vista sociale.  Dopo la morte di Nesto Kichner nel 2010, il governo iniziò ad adottare misure economiche sempre più protezioniste,  mentre l’economia iniziava a declinare, il debito pubblico ad aumentare  così come l’inflazione e la disoccupazione.  Nel 2015 i peronisti furono sconfitti da una coalizione liberale, che andava dai conservatori ai radicali dell’UCR e ai populisti socialdemocratici della Coalizione Civica ArI, guidata dal governatore di Buenos Aires Mauricio Macrì.

Il governo di Macrì cambiò nettamente direzione rispetto all’era precedente, tornando alle politiche neoliberiste. La situazione economica ereditata dal governo della Kirchner era pesante, con riserve della Banca centrale argentina esaurite, deficit pubblico galoppante, controllo dei prezzi e barriere protezionistiche. Macrì si pose l’obiettivo di restaurare le regole del mercato economico e finanziario e di non aumentare le tasse. Nei primi due anni riuscì a porre fine al default sovrano tagliando drasticamente i sussidi statali per i trasporti, l’elettricità, il gas e rimuovendo i controlli valutari, favorendo le importazioni svalutando pesantemente il peso e riducendo quote export e tariffe.  Ma l’elevata inflazione e l’aumento dei tassi di interesse Usa, con conseguente apprezzamento del dollaro provocarono  una fuga di capitali obbligando la Banca centrale a utilizzare le riserve valutarie nel frattempo ricreate e ad aumentare i tassi di interesse sino al  73%. Nel 2018 il FMI garanti ‘all’Argentina un prestito di 57 miliardi di dollari,  il più grande salvataggio nella storia del FMI che tuttavia non impedì al paese di andare in recessione. Come risultato la classe media si è impoverita, la popolazione sotto la soglia della povertà ha raggiunto il 32%.

Intanto in vista delle elezioni presidenziali del 2019, le fazioni di destra e di sinistra del Partito Giustizialista tornarono a riunirsi per appoggiare il moderato Alberto Fernandez alla candidatura alla presidenza, il quale nominò Cristina Kirchner candidata alla vicepresidenza. Le elezioni videro la netta vittoria di Fernandez e il “Frente de Todos”, l’alleanza di sinistra populista che lo appoggiava.

 

 

 

Nelle prossime pagine,  i risultati delle ultime elezioni, gli sviluppi politiici recenti e i principali partiti politici.

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