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IL GIRAMONDO – Elezioni in Ecuador. Crisi economica e violenza criminale porteranno alla vittoria della destra autoritaria o al ritorno della sinistra populista “correista”?

LA STORIA POLITICA

La scena politica dell’Ecuador, indipendente dal 1830, è stata in gran parte dominata nel corso della sua storia dalla rivalità tra liberali e conservatori, i primi legati agli interessi degli imprenditori e dei commercianti delle zone costiere dei paese,   i secondi legati agli interessi dei proprietari terrieri dell’interno del paese. In questa divisione politico-geografica del paese, la città di Quito era la roccaforte dei conservato e Gauyaquil quella dei liberali.  Il Partito Conservatore fu fondato da Gabriel Garcia Moreno, tre volte presidente del paese, uno dei politici più  importanti nella storia del paese e fu il partito al potere per buona parte della seconda metà dell’800. Il Partito Liberale Radicale Ecuadoriano fu creato dal presidente Eloy Alfaro all’inizio del secolo scorso  e fu al potere per buona parte della prima metà del ‘900.  Le elezioni democratiche in Ecuador erano una rarità. Spesso i presidenti venivano eletti senza avversari e spesso venivano rovesciati da proteste popolare o da colpi di stato militari. Negli anni’30 il bipartitismo del paese fu rotto dall’emergere del Partito Socialista Ecuadoriano, di ispirazione marxista.  Nel 1933 fu eletto alla presidenza il conservatore José María Velasco Ibarra, che avrebbe dominato la scena politica del successivi 40 anni,  venendo eletto alla presidenza per ben cinque volte.  Nel 1941 scoppiò un conflitto armato tra Ecuador e Peru a causa di una disputa sui confine tra i due paesi, che si risolse dopo meno di un mese con la vittoria del Peru. Altri due brevi conflitti armati tra i due paesi sarebbero poi scoppiati nel 1981 e nel 1995.  Nella seconda metà del ‘900 il bipolarismo della politica ecuadoriana fu definitamente infranto con la nascita di partiti, in gran parte populisti, che venivano spesso creati solo come liste elettorali di appoggio ai candidati presidenziali.

Nel 1963, l’esercito, con il supporto della CIA, rovesciò il presidente liberale Carlos Julio Arosemena Monroy, accusandolo falsamente di “simpatizzare con il comunismo”, in realtà per il suo rifiuto di rompere le relazioni diplomatiche con il regime cubano dopo la crisi dei missili tra USA e Cuba. Nel 1966 fu eletta un’assemblea costituente e nel 1968 si tennero nuove elezioni, che videro la quinta elezione alla presidenza del leader conservatore Velasco Ibarra.  Nel 1972, timorosi che le successive elezioni presidenziali fossero vinte dal populista di sinistra Assad Bucaram, sindaco di Gauyaquil, i militari organizzarono un altro colpo di stato, che rovesciò Velasco Ibarra, affidando la guida del paese ad una giunta militare.

Alla fine del 1978 i militari acconsentirono che si tenessero nuove elezioni, che furono vinte a sorpresa al secondo turno dal leader progressista Jaime Roldós Aguilera, avvocato difensore dei diritti umani, alleato di Bucaram, che si impegnò per migliorare le condizioni dei lavoratori, riducendo l’orario di lavoro e aumentando il minimo salariale. Nel maggio 1981  Roldós fu ucciso, insieme a sua moglie e al ministro della Difesa, in un incidente aereo, per il quale molti esponenti della sinistra nazionalista incolparono (senza prove) il governo degli Stati Uniti di Ronald Reagan.  Gli anni successivi videro il paese sprofondare in una grave crisi economica causata dalla crollo del prezzo del petrolio e da una grave siccità.

Nel 1983 i conservatori tornarono al potere nel paese con l’elezione alla presidenza di León Febres Cordero, del Partito Sociale Cristiano, il quale introdusse politiche economiche liberiste, inasprì la lotta ai trafficanti di droga e migliorò nettamente i rapporti dell’Ecuador con gli Stati Uniti, tuttavia non riuscì a risollevare il paese dalla crisi economica, che fu anzi inasprita da un devastante terremoto che nel 1987 interruppe le esportazioni di petrolio. Nel 1988 fu eletto alla presidenza il progressista Rodrigo Borja Cevallos del partito della Sinistra Democratica, che si impegnò  a migliorare la protezione dei diritti umani, tuttavia, i continui problemi economici ne minarono presto la popolarità e nel 1990 i partiti di opposizione acquisirono il controllo del Congresso e nel 1992 fu eletto alla presidenza il conservatore Sixto Durán Ballén.

Il governo di Ballén portò avanti  dure ed impopolari misure di aggiustamento macroeconomico che tuttavia rimisero in sesto e modernizzarono l’economia del paese. Il malcontento per le misure di austerità economica, associato ai vari casi di corruzione ai vertici del governo, provocarono un forte rigetto della classe politica da parte degli elettori, i quali alle elezioni del 1996 elessero alla presidenza il leader populista  Abdalá Bucaram, sindaco di Gauyaquil e nipote di Assad. Il suo comportamento erratico, l’inefficienza del suo governo e le accuse di corruzione, portarono il parlamento a spodestarlo pochi mesi dopo la sua  elezione per “incapacità mentale”, sostituendolo con il deputato centrista Fabián Alarcón.  Quest’ultimo indisse le elezioni di un’assemblea costituente per riscrivere la costituzione e nel 1998 si tennero elezioni general anticipate, dove fu eletto alla presidenza il democristiano Jamil Mahuad, ex sindaco di Quito.

La nuova amministrazione dovette affrontare una difficile situazione economica, legata alla crisi asiatica., che provocò una svalutazione della moneta e un netto aumento dei prezzi. Il governo rispose con un aumento delle tasse, la privatizzazione di diversi settori chiave dell’economia e la sostituzione della moneta locale, il sucre con il dollaro USA.  Ci fu un drammatico aumento della disoccupazione e un peggioramento delle condizioni di vita delle classi sociali più deboli della popolazione, mentre i vertici del governo venivano colpiti da varie inchieste per corruzione.  Nel gennaio 2000, gruppi indigeni marciarono su Quito e invasero il parlamento, con il sostegno dell’esercito. Mauhad fu costretto a dimettersi e a fuggire dal paese. Il parlamento nominò il vice presidente Gustavo Noboa come suo successore, il quale rimase in carica per il resto del  mandato presidenziale.

Alle elezioni del 2002, il colonnello in pensione Lucio Gutiérrez, che aveva partecipato al colpo di stato contro Mahuad, fu eletto presidente.  Gutiérrez, un populista di centrosinistra,  alleato Abdalá Bucaram, aveva la maggioranza dei seggi in parlamento  e dovette trovare accordi con vari partiti di destra e di sinistra per approvare i provvedimenti del governo. Alla fine del 2004 Gutiérrez sostituì in maniera incostituzionale tutti i giudici della Corte Suprema. I nuovi giudici della Corte ritirarono le accuse di corruzione contro Bucaram, provocando una sollevazione popolare tra gli abitanti di Quito. Dopo varie settimane di proteste, le forze armate costrinsero Gutiérrez alle dimissioni. Fu sostituito dal vicepresidente, Alfredo Palacio che rimase in carica per la rimanente durata del  mandato presidenziale.

Nel 2006 gli elettori dell’Ecuador scelsero come presidente l’economista  Rafael Correa,  populista di sinistra,  che prometteva di eradicare completamente la povertà dal paese. Una volta eletto Correa fece indire le elezioni per un’assemblea costituente, dove il suo partito, Alleanza PAIS ottenne la maggioranza assoluta dei seggi.  Grazie all’aumento del prezzi del petrolio il governo Correa poté investire in vasti programmi di assistenza sociale, che ridussero effettivamente la povertà, aumentando il tenore di vita della  classi meno abbienti, mentre l’economia cresceva in maniera significativa. Tali politiche consentirono a Correa di mantenere un vasto consenso popolare, che gli permise di essere rieletto agevolmente alle elezioni del 2009 e in quelle del 2013.

In politica estera il governo di Correa fu allineato ai regimi populisti di sinistra dell’America Latina, in particolare al Venezuela di Hugo Chavez,  e al suo progetto politico-economico del socialismo del 21° secolo. I rapporti con gli USA si raffreddarono, mentre aumentarono considerevolmente gli scambi economici con la Cina, che finanziava i programmi di assistenza sociale del governo, in cambio dell’utilizzo della materie prime del paese.

Dal 2014, a seguito della riduzione del prezzo del petrolio, l’economia ecuadoriana iniziò a declinare. Il governo dovete introdurre misure di austerità che fecero crollare la popolarità di Correa, il quale decise di non ricandidarsi per un quarto mandato. Alle elezioni del 2017 fu quindi candidato alle presidenziali e successivamente eletto Lenín Moreno, che all’epoca era un fedele fedele a Correa e aveva servito come suo vicepresidente per oltre sei anni.  Una volta asceso alla presidenza tuttavia Moreno prese le distanze dalle politiche di Correa e spostò l’Alleanza PAIS verso posizioni socialdemocratiche centriste, ripristinando il limite di due mandati presidenziali che era stato rimosso da Correa, contro il quale fu emesso un mandato di arresto per corruzione, che lo costrinse a rifugiarsi all’estero.

Durante gli anni della presidenza Moreno la situazione economica ebbe un significativo  peggioramento tanto che Lenin Moreno dovette chiedere soccorso al Fondo Monetario Internazionale e varare nuove misure di austerità, tra le quali l’eliminazione dei sussidi per la benzina, cosa che provocò  vaste manifestazioni popolare di protesta, sfociate in atti di violenza tanto che il governo per motivi di sicurezza dovette abbandonare Quito e si dovette trasferire nella città di Guayaquil. Alla fine un accordo con le organizzazioni sindacali e le rappresentanze dei gruppi indigeni pose fine alle violenze in cambio di un’allentamento delle misure di austerità.

Le successive elezioni presidenziali del 2021 videro una sfida tra il candidato “correista” Andrés Arauz e  l’economista di centrodestra Guillelmo Lasso, vinte da quest’ultimo al ballottaggio dopo essere riuscito a raccogliere la gran parte dei voti andati al primo turno ai candidati “anti-correisti”.

 

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