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IL GIRAMONDO – Elezioni presidenziali in Madagascar: la battaglia dei quattro presidenti.

Un dittatore militare, un DJ di successo, un ragioniere e un produttore di yogurt. Che cosa hanno in comune questi quattro personaggi? Sono stati tutti in passato presidenti del Madagascar e sono tutti nuovamente candidati in queste elezioni presidenziali.

Gli elettori malgasci sono infatti chiamati il 7 Novembre all’elezione del Presidente della Repubblica, Se nessun candidato riceve la maggioranza dei voti, il 19 Dicembre si terrà un secondo turno di ballottaggio. Il presidente eletto resterà in carica per i prossimi quattro anni.

Il Madagascar nonostante le sue vaste risorse naturali è uno degli stati più poveri al mondo, in cui i governi in passato sono stati spesso corrotti e inefficienti, incapaci di far sviluppare la società e l’economia del paese. La complessità etnica del paese è stata in passato anche fonte di tensione scontri tra le varie comunità tanto che sia nel 2001 che nel 2009 si arrivò sull’orlo della guerra civile.

Queste elezioni indicheranno se il paese riuscirà o meno a mantenere una stabilità politica conservando allo stesso tempo un sistema liberale e democratico.

SISTEMA POLITICO

Il Madagascar è una repubblica democratica rappresentativa semi-presidenziale (simile al modello francese) basata su un sistema multipartitico, in cui il Presidente del Madagascar è il capo di stato, mentre il Primo Ministro è capo del governo.

Il potere esecutivo è esercitato dal governo. Il potere legislativo spetta sia al governo che al Parlamento bicamerale formato del Senato e all’Assemblea Nazionale. Il potere giudiziario è indipendente dal potere esecutivo e legislativo.

Il Democracy Index dell’Economist Intelligence Unit classifica  il Madagascar come “regime ibrido” al livello di paesi tipo Kenia, Nepal, Uganda e Turchia.

LA STORIA POLITICA RECENTE

Il primo presidente del Madagascar, fu il socialdemocratico Philibert Tsiranana, eletto nel 1960 quando il Madagascar ottenne l’indipendenza e rieletto praticamente senza opposizione nel 1972. Tisranana tuttavia si dimise solo 2 mesi dopo in risposta a massicce dimostrazioni anti-governative. I disordini continuarono, e il successore di Tsiranana, il generale Gabriel Ramanantsoa, si dimise il 5 febbraio 1975, consegnando il potere esecutivo al tenente colonnello Richard Ratsimandrava, che fu assassinato 6 giorni dopo. Un direttorio militare provvisorio governò fino a quando un nuovo governo fu formato nel giugno 1975, con a capo l’ex ministro degli esteri Didier Ratsiraka.

Durante i 16 anni successivi del dominio del presidente Ratsiraka, il governo del Madagascar  promosse il cosiddetto “socialismo rivoluzionario”che istituiva uno stato altamente centralizzato. Durante questo periodo una strategia di nazionalizzazione delle imprese private, centralizzazione dell’economia e “Malgasizzazione” del sistema educativo paralizzò l’economia, lasciando ancora oggi tracce di un sistema economico altamente centralizzato e un alto livello di analfabetismo.

Nel 1975 fu promulgata una nuova costituzione e instaurata la cosiddetta “seconda repubblica”. Ratsiraka fu eletto con un plebiscito popolare presidente per 7 anni. Nel 1976 Ratsikara fondò il partito AREMA, di ispirazione socialista nazionalista, che ottenne la quasi totalità dei seggi in parlamento nelle elezioni del 1983 e 1989. Ratsikara fu rieletto presidente nel 1982 e 1989.

In questo periodo fu tollerata solo un’opposizione politica limitata e moderata, senza alcuna critica diretta del presidente e del governo.

Dopo il crollo del blocco sovietico alla fine degli anni ’80 e sotto pressione dei governi occidentali (soprattutto USA e Francia) ci fu un allentamento delle restrizioni politiche. In risposta a un’economia in via di deterioramento, Ratsiraka dovette allentare le politiche economiche socialiste e istituire alcune riforme liberali del settore privato. Questi, insieme a riforme politiche come l’eliminazione della censura della stampa nel 1989 e la formazione di più partiti politici nel 1990, non erano sufficienti a placare un crescente movimento di opposizione noto come Hery Velona (“Forze attive”), particolarmente forte ad Antananarivo e nell’altopiano circostante.

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