IL MAPPAMONDO: L’Africa che torna indietro: autoritarismo di ritorno in Costa d’Avorio; in Georgia un’altra contestata vittoria europeista; elezioni a S. Vincent&Grenadines
Non solo USA. Mentre negli Stati Uniti si tenevano le elezioni presidenziali, con i voti spogliati a una lentezza record tanto che lo spoglio è effettivamente ancora in corso, nonostante il nome del vincitore sia già ampiamente scontato – in altri parti del mondo, magari in Paesi con meno mezzi di Washington, si sono svolte tornate elettorali di cui è stato reso noto il risultato con tempi molto più brevi.
COSTA D’AVORIO
E’ il caso ad esempio della Costa d’Avorio, che ha visto svolgersi le elezioni presidenziali in data 31 ottobre 2020.
Il vincitore è l’uscente Alassana Ouattara, che non ha rispettato il vincolo democratico dei due mandati e ha partecipato comunque alle elezioni vincendole con una percentuale bulgara.
Niente di più comune nella politica africana, si dirà. Ma l’esperienza di Ouattara colpisce particolarmente perché proprio lui era stato appoggiato dall’Occidente, dalla Francia e dall’Unione Europea come nuova speranza per il Paese del Golfo. Segnatamente, il mondo occidentale e l’Unione Africana scelsero di stare alle spalle di Ouattara quando quest’ultimo, nel 2010, sfidò Laurent Gbagbo, il Presidente allora in carica che non accettava la sconfitta e diramava risultati di sua preferenza, annullando quelli delle sezioni che gli apparivano sfavorevoli. Più o meno come vorrebbe fare Trump in Pennsylvania.
Alla fine Gbagbo, che ha portato il Paese a un breve ma sanguinoso conflitto civile per il quale è stato infine spedito dinanzi alla corte del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, ha dovuto soccombere grazie soprattutto all’aiuto militare dei Francesi, che hanno assicurato a Ouattara l’ascesa alla presidenza.
Per questo, quando era salito al potere, Alassane Ouattara era stato visto come un simbolo di rinascita e di democrazia per la Costa d’Avorio. E invece, una volta salito al potere non ha esitato a chiudere gli occhi di fronte alle rappresaglie violente contro i seguaci di Gbagbo, Inoltre, nonostante abbia promosso ambiziose riforme economiche volte a puntare sulla qualità e sui controlli in relazione ai maggiori prodotti di esportazione (cacao-caffè) e l’implementazione delle infrastrutture, la carenza di ulteriori misure ha contribuito all’aumento delle persone che nel Paese vivono sotto la soglia di povertà rispetto al 2011 (in controtendenza con altri Paesi dell’area).
Ouattara, nel marzo 2020, si è detto coerente nel non volersi ricandidare per un terzo mandato. Ad agosto 2020 ha cambiato idea, in palese violazione dei limiti costituzionali. La Corte Costituzionale, vicina al Governo, non ha avuto nulla da obiettare sulla sua scelta. Il suo principale avversario, Guillaume Soro,è dovuto fuggire all’estero per delle accuse di riciclaggio, e la magistratura ivoriana ha rigettato la sua candidatura. Le proteste sono state represse con la forza. Ouattara ha di nuovo vinto con una percentuale imbarazzante. In termini democratici, un grande passo indietro per un Paese africano, vicino alle recenti esperienze di Guinea e Tanzania.
Il 9 novembre 2020, la Corte Costituzionale ha confermato ufficialmente il risultato già diramato, che vede Ouattara vincitore con una percentuale plebiscitaria del 94,3%dei suffragi, con un’affluenza del 53,9%.
Tutti gli altri sfidanti sono sotto il 2%. Alla luce di questi risultati, si può dire che il Costa d’Avorio pare aver abbandonato per un po’ la strada della democrazia.
GEORGIA
Non solo Atlanta: la Georgia che ha votato in quest’ultimo periodo è anche la nazione caucasica che ha come capitale Tbilisi.
Una piccola nazione che ormai da anni cerca di affrancarsi dalle mire russe, e che dopo la Guerra del 2008 in Ossezia del Sud in cui ha subito una parziale invasione di Mosca ha giocato sempre in difesa, cercando di sfuggirle grazie all’afflato europeista. Una Georgia europea è quello che i Georgiani hanno cercato fin da quel tragico momento, e non solo antirussa.
L’affluenza si è attestata al 56,1% degli aventi diritto,. I seggi del Parlamento georgiano, unicamerale, sono 150 e la maggioranza assoluta è a 76. I partiti che hanno raggiunto una percentuale inferiore al 3% e che sono comunque entrati in Parlamento sono tutti piccoli movimenti di ispirazione europeista, rispettivamente con 3, 2 e 1 seggio. La soglia fissata all’1% rafforza la rappresentatività ma anche la frammentazione politica. Gli ulteriori seggi, parte di quelli riservati alla quota uninominale, saranno decisi il 21 novembre.
Trattasi delle elezioni parlamentari, o meglio del primo turno delle stesse, poiché in Georgia vige un sistema misto (alcuni seggi di quelli riservati alla quota uninominale s.aranno decisi al ballottaggio)
E“Sogno Europeo” è stato anche stavolta: questo è il nome del partito vincitore, il partito dell’ex Presidente Margvelaashvilie vicino all’attuale Zourabishvili. A seguito di una riforma costituzionale del 2018, la Georgia ha rafforzato il proprio sistema politico in senso parlamentare, lasciando pochi poteri al Presidente, carica che ora è più simile alla figura del Presidente della Repubblica in Italia. Sogno Georgiano è al potere ininterrottamente dal 2012, e l’ultimo Primo Ministro, l’uscente, è Giorgi Gakharia,più volte Ministro anche nei precedenti governi ed ex manager che ha lavorato in tutto il mondo. Gakharia è stato anche Ministro dell’Interno durante le violente proteste antigovernative del 2019, promosse dall’opposizione nazionalista e atlantista del Movimento Nazionale Unito.
Opposizione che protesta anche adesso, minacciando il boicottaggio, la rinuncia dei seggi in Parlamento, e manifestazioni anche violente fino a nuove elezioni. Georgian Dream è poco al di sotto della maggioranza, ma, grazie alla soglia molto bassa per entrare in Parlamento (1%) potrà forse godere dell’appoggio di qualche partito minore (magari qualche partito liberale), e magari di qualche altro seggio tra quelli in palio il 21 novembre.
Movimento Nazionale Unito, il partito dell’ex Presidente Mikheil Saakhashvili,un uomo ritenuto abbastanza ingombrante che è stato cacciato da varie nazioni (ha unito su questo sia la Russia che l’Ucraina), protesta con vigore e ha portato 15mila persone in piazza. Specialmente nella giornata del 9 novembre sono poi scoppiate aspre violenze. Una situazione caotica, nonostante l’OSCE avesse definito lo svolgimento del voto abbastanza trasparente nonostante “il partito di Governo confonda a volte il proprio ruolo con quello dello Stato”. Puntando i riflettori su Bidzina Ivanshvili, ex Primo MInistero e vero leader di Sogno Giorgiano, un miliardario con un potere economico e mediatico senza pari nel Paese caucasico.
S. VINCENT & GRENADINES
Nella piccola repubblica caraibica di Saint Vincent & Grenadines si sono tenute le elezioni parlamentari, dove ha prevalso ancora una volta Ralph Gonsalves del Partito Laburista Unito.
Gonsalves, denominato “Compagno Ralph”, è al potere ininterrottalmente da 19 lunghi anni, leader di una sinistra caraibica in parte vicina a quella sudamericana e solo in parte invece più ravvicinata ai partiti laburisti delle potenze europee colonizzatrici. Gonsalves è sempre uscito vincitore, grazie al consenso popolare immenso di cui beneficia, tranne in un referendum del 2009, quando propose di uscire dalla monarchia inglese.
L’affluenza, in calo di ben sei punti e mezzo, si è attestata al 66,5% degli aventi diritto. Oltre ai due partiti principali, erano presente i Verdi e altri candidati indipendenti ma non hanno ottenuto alcun seggio.S. Vincent & Grenadines è così, in parte, un’eccezione tra le Piccole Antille, dove normalmente primeggiano partiti liberali, o comunque laburisti moderati.
Il piccolo Paese insulare, composto da un’isola principale (S. Vincent) e dagli atolli delle Grenadines, con capitale Kingstown, è un’ex colonia britannica che ha ottenuto l’indipendenza nel 1979. E’ un Paesemultietnico, essendo composto da creoli, persone di etnia africana, europea e anche indiana (così come la Guyana o il Suriname). Il Paese, inizialmente forte nella produzione e nel commercio della banana ma con un tasso di disoccupazione elevato, ha saputo risollevarsi economicamente grazie al turismo e naturalmente, come tutte le altre isole nei dintorni, alla finanza.
Gonsalves si è sempre contraddistinto per il suo “populismo di sinistra” – ha anche fatto campagna per chiedere riparazione ai Paesi europei dei danni patiti dalle Antille per le colonizzazioni, ma ha anche saputo tenersi distante il giusto dagli eccessi cubani e venezuelani.
Vince così la sua quinta elezione, ma attenzione: per la prima volta nel voto popolare è l’opposizione a vincere. E’ a causa delle distorsioni (spaventose) del sistema uninominale che riesce a ottenere al Governo, ottenendo 3 seggi più dell’opposizione, e così aumentando i seggi pur perdendo quasi il 3% dei voti. Si sono però sentiti i contraccolpi delle critiche dell’opposizione di non fare abbastanza per l’imprenditoria del turismo; un settore ancora più in crisi a causa della pandemia, e che non vede un futuro luminoso.
Altre notizie:
ALGERIA – si è tenuto in Algeria il referendum che ha rafforzato il semipresidenzialismo in Algeria, assegnando maggiori poteri al Primo MInistro e al parlamento. Il 66,7% degli elettori ha votato sì. Tuttavia i movimenti della rivoluzione algeria non sono pienamente soddisfatti, perché al Presidente rimangono notevoli prerogative: ad esempio il diritto di veto sulle leggi approvate, a sua volta superabile dal Parlamento solo con una supermaggioranza. MOLDAVIA – Come previsto dai sondaggi, al ballottaggio delle presidenziali in Moldavia si sfideranno Maia Sandu (europeista liberale) e Igor Dodon (socialisti filo-russi). Si promette una sfida all’ultimo colpo, ma Dodon pare avvantaggiato secondo gli opinion polls.
Per questa settimana è tutto. Alla prossima elezione! Skorpios
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