In data 25 aprile si sono tenute le elezioni parlamentari nella Repubblica di Albania.
Ne è uscito vincitore il Primo Ministro uscente Edi Rama, con il suo Partito Socialista, che ha confermato la propria maggioranza assoluta in Parlamento.
Ai partiti in tabella si deve aggiungere il piccolo Partito Socialdemocratico di Albania, partitino di sinistra vicino alla maggioranza, che ottiene 3 seggi. L’affluenza è rimasta stabile rispetto al 2017, intorno al 46% degli aventi diritto.
I seggi conquistati dal Partito Socialista sono stati in tutto 74, e cioè gli stessi, in termini numerici, del Parlamento uscente. Nonché la maggioranza assoluta dei seggi totali in Parlamento (140).
La vittoria è clamorosa perché, per Edi Rama, è la terza consecutiva, ma è anche inaspettata: non tanto per i sondaggi, che sembravano tutti dare Rama vincitore, quanto per gli exit poll, che vedevano i socialisti vicinissimi al partito di centrodestra degli eredi di Sali Berisha, il Partito Democratico. Appariva infatti che il PD potesse scalzare i socialisti dal potere alleandosi con i socialdemocratici delMovimento Socialista per l’Integrazione (LSI, di centrosinistra ma disposti a collaborare con i conservatori pur di scalzare lo strapotere di Rama).
Risultati nel 2017, con partito vincitore per Prefettura.
Risultati odierni con partito vincitore per Prefettura. La polarizzazione rafforza l’opposizione e le permette di ottenere altre due province del Nord. Storicamente, la divisione tra nord e sud è anche politica, oltre che demografico-religiosa: a nord vivono i cattolici (con una consistente presenza di serbi), a sud e al centro la maggioranza dei musulmani sunniti, più vicini ai socialisti – che sono anche filo-turchi – ma anche gli ortodossi, con minoranze greche e macedoni. Anche le zone urbane, e specialmente Tirana, scelgono il PS.
Edi Rama è stato il protagonista di una stagione economica di successo, che ha visto l’Albania sottrarsi al proprio passato e godere di un’importante crescita economica e in termini di occupazione. Il Governo ha implementato politiche di estesa privatizzazione e una riforma del sistema amministrativo. Con le privatizzazioni, però, il PS ha forseceduto agli eccessi: non solo gli avversari i lo hanno accusato di politiche troppo “liberali”, ma persino l’FMI ha avvertito che una privatizzazione così rapida (e che ha anche coinvolto settori essenziali come l’università) mette a rischio la stabilità del Paese sul lungo periodo. Ma, ad oggi, molti Albanesi emigrati all’estero hanno deciso per il ritorno in patria, viste le nuove possibilità garantite dal rapidissimo sviluppo. In politica estera, Edi Rama ha invece tenuto un atteggiamento talvolta ambiguo, molto filo-europeista ma con un ottimo (molto ottimo) rapporto con la Turchia di Erdogan. Per ogni ulteriore informazione sull’attualità politica albanese, si veda il post della rubrica Il Giramondo.
Il LSI,vicino al Presidente della Repubblica Ilir Meta(e guidato da sua moglie), che intendeva fermare Rama, subisce un importantissimo crollo di seggi, probabilmente a causa della polarizzazione che vede l’opposizione del Partito Democratico salire invece di ben tredici seggi, non abbastanza da mettere in crisi la maggioranza unitaria di Rama. Ad aiutare Rama ci potrebbe poi essere il piccolo Partito Socialdemocratico, spostato a centro-sinistra dopo diverse controversie interne.
Edi Rama dovrà, a questo punto, cercare di limare i propri eccessi e unire il Paese per riuscire a portare avanti il terzo mandato senza pericolose tensioni interne. Come quelle del 2017, che avevano portato il popolo guidato dal barricadero Lulzim Basha, leader del PD oggi sconfitto, a circondare l’Ufficio del Primo Ministro.
ALTRE NOTIZIE:
CUBA – Un’era geologica, l’era Castro, durata sessanta lunghi anni. Un’era che sembrava dovesse terminare subito, con gli attacchi statunitensi, e a causa di molteplici ulteriori iniziative (l’embargo), ma che si è infine rivelata longeva, con Fidel al centro della politica del Paese fino alla sua morte nel 2016, e successivamente con il fratello Raul. Raul, che ha promosso riforme e una maggiore apertura, anche al dialogo con gli USA, ma sempre mantenendo l’ortodossia e di fatto garantendo la continuità dell’attuale regime, si è dimesso il 19 aprile da Segretario del Partito Comunista, ed è stato sostituito dal già individuato successore Miguel Diaz-Canel, anche lui un “ortodosso-aperto” che si propone di continuare il percorso già avviato da Raul Castro.
CIAD – Dopo la morte del dittatore Idriss Déby, assassinato dai ribelli durante una battaglia, lo stesso è stato sostituito dal figlio Mahamat. I media internazionali occidentali piangono, con una buona dose di incoerenza, un nemico dell’islamismo, e la Francia soffre per un suo fortissimo alleato. Ma il Ciad festeggia la fine prematura di un dittatore violento la cui sopravvivenza politica era garantita dalle potenze occidentali compiacenti. I ribelli che lo hanno ucciso non sono islamisti, ma laicisti che chiedono più democrazia nel Paese (sebbene siano considerati vicini alla Cirenaica di Haftar, paradossalmente altro alleato, pur rinnegato, della Francia). E non sono affatto contenti della successione dinastica imposta dai militari di Ndjamena. Le proteste continuano, e gli oppositori chiedono la deposizione di Mahamat e l’indizione di libere elezioni. Ma i ribelli sono internazionalmente isolati.
BULGARIA – Il longevo premier di centro-destra Bojko Borisov ha vinto la sua battaglia. Che non era quella di formare un Governo, impossibile dati i numeri delle ultime elezioni, ma di portare il Paese a una nuova tornata elettorale. I “Grillini” di ITN e del cantante Slavi Trifonov hanno rifiutato l’appoggio esterno del centrosinistra del BSP, unico modo che avrebbero avuto per ottenere una maggioranza. Meglio non sporcarsi le mani e rimanere puri. Nel frattempo, Borisov resta premier e prepara, con la massima potenza di fuoco, le sue truppe clientelari, insieme ai filo-turchi del DPS, per le nuove elezioni che si terranno a luglio.
Per questa settimana è tutto.
Alla prossima elezione!
Skorpios
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