Anche se, a leggere e a guardare i media generalisti italiani, sembra che in Spagna abbia vinto l’estrema destra, in realtà la forza vincitrice è nuovamente il centro-sinistra del Partito Socialista Operaio Spagnolo di Pedro Sanchez.
Oltre ai partiti indicati in tabella, gli altri partiti, per lo più regionalisti, che hanno ottenuto seggi con meno del 5% nazionale sono: ERC (sinistra catalana – 13 (-2) – Più Paese (sinistra ambientalista) – 3 (+1); Insieme per la Catalogna (centrodestra catalanista) – 8 (+1); PNV – 6; Eh Bildu (baschi di sinistra) – 5; Candidatura di Unità Popolare (estrema sinistra catalanista) – 2; Coalizione per le Canarie – 2; Blocco Nazionalista Galiziano -1; Navarra Suma – 2; Partito Regionalista della Cantabria – 1; Teruel Esiste! -1 (partito aragonese a tutela della Provincia di Teruel). L’affluenza è crollata di quasi 6 punti dalle ultime elezioni, e si è attestata al 69,9%
Quattro elezioni in quattro anni (v. articolo di Fabbio), le prime due conquistate dal popolare Mariano Rajoy, poi sostituito da Sanchez in Parlamento a seguito della perdita della maggioranza; le ultime due entrambe vinte da Pedro Sanchez.
Sanchez ha a sua volta perso la maggioranza due volte: dopo essere diventato premier nel 2018 è stato privato dell’appoggio dei gruppi indipendentisti catalani a causa del mancato avvio del processo di dialogo promesso; nuovamente, nel 2019 non è riuscito a formare una maggioranza, e questa volta per i dissidi con Podemos, il partito di sinistra che chiedeva una rappresentanza governativa che Sanchez non ha voluto concedere anche a costo di perdere il governo. Un litigio di basso livello, fondato sulla spartizione delle poltrone, che ha portato la possibile alleanza di sinistra ha ottenere, con i due partiti sommati, 155 seggi su 176 necessari, ben 10 in meno rispetto alle scorse elezioni.
Primo partito per provincia, il confronto.
Questa elezione, per quanto lo abbia confermato al primo posto, non si è rivelata un buon affare per Sanchez. I socialisti perdono terreno in Castiglia e in Galizia, aree tradizionalmente popolari ma che il PSOE aveva preso alle ultime elezioni di aprile. Bene i partiti regionalisti (ERC perde qualche punto); i Popolari tornano a vincere anche in Cantabria, mentre l’estrema destra di Vox è primo partito a Ceuta (i cui cittadini sono spaventati dall’aumento delle migrazioni dal Nord Africa) e a Murcia, che un tempo votava popolare e poi era passata ai socialisti.
Una mossa apparentemente suicida quella di Sanchez, che veniva accusato dai rappresentanti di Podemos, in campagna elettorale, di avere intenzione di sviluppare una grande coalizione con i Popolari per affrontare insieme (probabilmente, in chiave nazionalista e non più dialogante) la crisi catalana. Strano a dirsi e a vedersi, quando proprio Sanchez aveva affrontato dure critiche dal suo partito e si era dimesso da Segretario ai tempi del Governo Rajoy, l’epoca in cui molti socialisti erano pronti a sostenere dall’esterno il governo popolare. Sanchez si era ribellato, e aveva vinto. Gli elettori, per due volte, gli hanno dato ragione. Ora un’alleanza con il centro-destra apparirebbe inspiegabile rispetto alle sue precedenti istanze. Negli ultimi giorni, tuttavia, sembra esserci stato un riavvicinamento tra Sanchez e Iglesias, leader di Podemos; i due hanno affermato di voler provare a costruire una maggioranza insieme. Qualcosa che si poteva fare prima, con dieci seggi in più. Oggi i seggi totali sono 255, ne mancano ben 21 per formare una maggioranza. Sarà quindi necessario un accordo con le forze autonomiste, e non solo: anche con gli indipendentisti catalani, o una parte del loro.
La schizofrenia della sinistra si è infatti unita al riemergere della questione catalana. Le pulsioni iper-nazionaliste e di estrema destra spagnole si sono scatenate con l’aumento dei voti ai Popolarie a Vox(i Popolari non hanno nessun tipo di problema ad allearsi con Vox, come hanno già fatto presso le autonomie regionali). Ciudadanos è esploso in virtù della sua intrinseca contraddizione tra liberalismo e iper-nazionalismo anti-catalano. I nazionalisti gli hanno preferito l’estrema destra, che è arrivata terza con il 15% dei suffragi; un risultato in linea con la media dell’estrema destra negli altri Paesi europei, ma festeggiato dai media del nostro Paese con inspiegabili titoli sensazionalistici che rendono ancora più difficile comprendere chi sia, in realtà, il vincitore delle elezioni.
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