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Per diverse settimane abbiamo seguito l’andamento dei sondaggi per un’elezione che sembrava scontata nell’esito: avrebbe vinto il Presidente in carica, Emmanuel Macron, sconfiggendo nettamente la sua avversaria di sempre, Marine Le Pen.
In realtà l’unico dubbio consisteva nella possibilità che la leader dell’RN fosse superata all’ultimo miglio da uno dei suoi competitor: all’inizio Valerie Pecresse, quindi Eric Zemmour ed infine Jean Luc Melenchon sembravano in grado di mettere in difficoltà la rappresentante della destra radicale francese.
Nelle ultime settimane il vantaggio di Macron è sembrato addirittura aumentare, a seguito dell’invasione russa in Ucraina, fatto che ha accresciuto la sua visibilità, accentuando, secondo diversi osservatori, le difficoltà della sua avversaria, in passato vicina alle posizioni del capo del Cremlino.
Tuttavia, già allora i sondaggi sul secondo turno iniziavano a dare risultati poco brillanti per Macron. Se si considera che cinque anni fa l’attuale inquilino dell’Eliseo vinse con oltre il 66% dei voti, risulta ancora più clamoroso il dato di un sondaggio pubblicato settimana scorsa che vedeva il Presidente vincere con solo il 52,5%. Del resto anche i sondaggi Ifop non danno risultati molto diversi, mentre altri ampliano il vantaggio verso la soglia rassicurante del 55%. Il trend tuttavia mostra quasi sempre un assottigliamento del margine di vantaggio.
Che cosa può essere successo? A prima vista, sembra essere definitivamente caduto il muro antifascista che fu messo alla prova per la prima volta nelle presidenziali del 2002, quando oltre un milione di persone scese in piazza per fermare l’avanzata del padre di Marine che, giunto inopinatamente al ballottaggio, venne travolto al secondo turno da Jacques Chirac (il quale prese oltre l’80% dei voti).
Si parlò allora di “fronte repubblicano”, così come la stessa espressione fu usata quindici anni dopo, quando Macron sconfisse proprio Marine Le Pen in maniera netta ed inequivocabile (anche se un terzo degli elettori francesi votarono per lei).
Ora sembra che il fronte repubblicano si sia incrinato, forse per sempre, come accadde in Italia nel passaggio tra prima e seconda Repubblica per il cosiddetto “arco costituzionale” che escludeva ogni accordo con il MSI (in seguito AN). Premesso che potrebbe anche accadere che alla fine Macron vinca con un vantaggio più ampio di quanto dicono i sondaggi, sembra molto probabile che la candidata della destra superi, forse anche ampiamente, il 40% dei voti. Ciò significa che una parte consistente e maggioritaria dell’elettorato della destra repubblicana e della sinistra radicale sceglierà perlomeno di non recarsi alle urne al secondo turno, se non addirittura, anche se in maniera minoritaria, di votare direttamente per lei. A rompere il fronte, prima dei partiti, sarebbero quindi gli elettori.
Pecresse, Melenchon e Roussel dovrebbero raggiungere, sommati, il 25-30% dei voti al primo turno. Saranno i loro elettori a decidere chi vincerà ed in quale proporzione, mentre è facile prevedere una confluenza naturale verso Macron dei voti di socialisti e verdi, così come per Le Pen da parte degli elettori di Zemmour.
“Epater le bourgeois” (Sbalordire il borghese) è una formula che ha sempre stuzzicato il mondo intellettuale francese, e benché originaria del diciannovesimo secolo, fu ampiamente utilizzata dal movimento esistenzialista e durante il maggio francese, punti di riferimento ideali del movimento di Jean Luc Melenchon, i cui elettori decideranno probabilmente il vincitore delle presidenziali (è sufficiente che in grande maggioranza non si rechino alle urne per alzare di molto le probabilità di vittoria di Marine Le Pen).
Oggi i “bourgeois” si chiamano “establishment” e nel corso degli ultimi anni le loro certezze sono già state travolte due volte: con la Brexit e con l’elezione di Donald Trump. Marine Le Pen sarà la terza?
Valerio Ponti
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