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di Skorpios
Alle presidenziali messicane del 1 luglio ha stravinto, alla sua terza candidatura, il leader della sinistra messicana Andrès Manuel Lopez Obrador, detto AMLO.
Le elezioni, che sono regolate dal discutibilissimo sistema del voto diretto plurality a turno unico (e quindi che permette di diventare Presidente anche a chi ha solo un voto in più degli altri), hanno svelato il nome del prossimo Capo dello Stato, che dovrà, secondo la Costituzione messicana, governare per sei lunghi anni ma senza possibilità di rielezione.
Obrador ha una carriera politica lunghissima: ha cambiato nel corso della sua storia numerosi partiti, dal centrista PRI, oggi partito di governo, alla sinistra del Partito Democratico della Rivoluzione, per giungere in seguito al Partito Democratico del Lavoro. Si è candidato Presidente nel 2006, venendo sconfitto dal conservatore Calderon, in un’elezione contestatissima vista la sconfitta per pochissimi voti e il rifiuto del riconteggio da parte degli organi competenti, richiesto a gran voce da Obrador. Nel 2012 viene sconfitto di nuovo, ma questa volta dal suo vecchio partito, il PRI, capeggiato dall’ora Presidente uscente Enrique Pena Nieto.
Contro Obrador, apparentemente in maniera decisa, era schierato il PAN, il partito di destra di Calderon, che candidava il docente universitario Anaya, e che però non ha beneficiato dell’opposizione, ottenendo addirittura un risultato più basso del 2012; il PRI, reduce di sei anni della impopolare (per via degli scandali giudiziari che hanno accusato il partito di accordi sottobanco con i cartelli della droga) presidenza Pena Nieto, non aveva speranza, nonostante le ottime performance del governo quanto alle politiche sull’occupazione e sullo sviluppo industriale.
Ma chi è Obrador? E quali sono le sue politiche? Per ogni approfondimento si rimanda all’articolo del collega Fabbio, nel quale troverete anche una rassegna della storia elettorale messicana.
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