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Breve storia delle Elezioni Europee in Italia

Il 26 maggio si voterà per la nona volta per il rinnovo del Parlamento Europeo. Un appuntamento che, almeno in Italia, partì relativamente in sordina, per poi acquistare sempre più importanza man mano che l’Europa si ingrandiva, acquistava spazio e importanza per la nostra società e la nostra economia, e, soprattutto, man mano che il sistema politico italiano, un tempo totalmente bloccato veniva rivoluzionato più e più volte dall’emergere di forze politiche nuove.

Affluenza alle Europee in Italia ed Europa: nel nostro paese si vota più della media UE, ma la propensione al voto è in continuo calo.

In questo senso, le Elezioni europee, uniche competizioni “nazionali” oltre alle Politiche, sono sempre state un momento di sperimentazione, in cui l’elettore si è preso maggiori “libertà” rispetto al voto abituale. E quindi hanno spesso fatto registrare grandi svolte elettorali, che spesso però si sono rivelate effimere. Qui faremo una breve storia delle consultazioni europee dal 1979 ad oggi, limitandoci al voto italiano, e ai suoi riflessi sulla politica nazionale.

 

NOTA METODOLOGICA:

– I confronti vengono effettuati sempre con i risultati della Camera dei deputati

– Nell’epoca della legge elettorale maggioritaria detta Mattarellum, i confronti vengono effettuati con il voto della scheda proporzionale, che decideva il 25 per cento dei seggi totali della Camera

– I confronti sono sempre fatti tra percentuali. Quindi è possibile che a un lieve aumento percentuale nelle Elezioni europee corrisponda un lieve calo di voti rispetto alle Politiche.

1979

Le prime Elezioni europee della storia si svolgono il 10 giugno 1979. In Italia, l’appuntamento arriva appena una settimana dopo le elezioni politiche, e quindi i risultati ricalcano fedelmente l’esito di sette giorni prima. Le Politiche del 1979 verranno ricordate come la “tomba” del compromesso storico, il patto di governo tra Pci e Dc, con l’accordo di Psi, Pri e Psdi, che aveva portato a due governi monocolori democristiani, sostenuti dal Pci, ma poco apprezzati dall’elettorato di entrambe le forze maggiori. Dopo una campagna elettorale segnata dalla recrudescenza del terrorismo “rosso”, e dai arresti del “7 aprile” ai danni di Toni Negri e altri ideologi di Autonomia operaia, Il Pci alle Politiche paga il prezzo maggiore del fallimento del compromesso storico, calando di 4 punti rispetto al 1976, e  fermandosi al 30 per cento. La Dc invece resta stabile al 38. I voti persi dal Pci non vanno a sinistra, e nemmeno al Psi (inchiodato al 10 per cento) ma in buona parte ai Radicali, “pompati” dal sistema informativo in funzione anti Pci, che ottengono il 3,45. In generale, il risultato viene interpretato come un rifiuto da parte dell’elettorato dell’esperienza del Pci in maggioranza, e un lasciapassare per il ritorno al classico centrosinistra (come in effetti avverrà).
Le Europee, come si diceva, ricalcano le linee di tendenza della settimana prima, ma gli elettori si prendono qualche “libertà” in più. L’affluenza è altissima, 85,6 per cento. Rispetto alle politiche la Dc perde 2 punti, e il Pci 1. Risultano premiati invece il Psi, che guadagna un punto e arriva all’11, il Psdi (4,3) con mezzo punto in più, e il Pli (3,63) che addirittura raddoppia rispetto a una settimana prima. I Radicali si confermano forti al 3,6 e il Movimento sociale italiano passa dal 5,2 al 5,4. Gli elettori sembrano quindi voler fare, timidamente, scelte più europeiste e meno legate ai partiti maggiori. Ma si tratta, come d’abitudine nella Prima Repubblica, di spostamenti davvero marginali.

1984

La prima pagina de L’Unità per il funerale di Berlinguer: la scomparsa del Segretario del PCI fu l’evento segnante delle Europee ’84.

Sembrano destinate a un esito piatto e privo di particolari sconvolgimenti le Europee del 1984. La situazione politica è tranquilla: dopo il crollo della Dc alle Politiche di un anno prima, da un anno è in carica il governo Craxi, che guida il Paese grazie al pentapartito Dc-Psi-Pri- Pli-Psdi con decisione e una forte carica di innovazione, anche se pagata a caro prezzo con l’aumento del deficit e del debito pubblico. Il Pci è in una fase difficile: dopo l’exploit del 1976 non ha mai più confermato gli stessi risultati, e la “conventio ad excludendum” nei suoi confronti è più viva che mai. Berlinguer lancia la parola d’ordine dell’ “alternativa”, ma in realtà ha ripiegato su un’opposizione senza sconti, ma anche senza prospettive, stile anni ’60.

A sconvolgere le previsioni però arriva la morte di Enrico Berlinguer, avvenuta a Padova, dopo un malore avvertito sul palco di uno dei comizi per le Europee. Il segretario del Pci scompare l’11 giugno, appena sei giorni prima del voto, previsto il 17 giugno. La commozione, non solo del mondo legato al comunismo italiano, è enorme: i funerali del 13 giugno si trasformano in una grande manifestazione popolare, e anche gli avversari politici si inchinano davanti alla personalità del segretario Pci, universalmente riconosciuto come persona integra e carismatica.
In modo un po’ inatteso, questo sentimento popolare si manifesta anche nelle urne, che per la prima (e unica) volta nella storia repubblicana fanno registrare il “sorpasso” del Pci sulla Dc. I comunisti arrivano al 33,33 per cento (4 punti in più rispetto alle Politiche 1983), mentre la Dc perde tre punti e mezzo rispetto alle Europee 1979 e si ferma al 33, il medesimo risultato delle Politiche di un anno prima (che però per lo “scudo crociato” erano state catastrofiche: aveva perso oltre cinque punti). Il Psi non sfrutta bene la leadership rampante di Craxi, e si ferma all’11,2, in leggero regresso rispetto a un anno prima. I partiti Liberale e Repubblicano si presentano uniti e arrivano al 6,1 per cento, due punti in meno rispetto alla loro somma nel 1983 (quando i Repubblicani avevano preso un clamoroso, per le loro abitudini, 5,1 per cento). Male anche il Psdi, al 3,49, in calo di quasi un punto. Il Movimento Sociale, con il 6,47, conferma quasi l’exploit di un anno prima, 6,81. Affluenza molto alta, all’82 per cento.
L’esito del voto fa pensare a una “svolta a sinistra”, in realtà si rivelerà il canto del cigno del Pci, destinato a un declino sempre più evidente. Ma si comincia a cogliere nettamente anche la crisi della Dc, mentre il Psi non trova nel corpo elettorale lo spazio che si è conquistato al governo. Tra pochi anni l’insoddisfazione degli elettori troverà nuove strade.

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