La Repubblica di Moldavia corrisponde geograficamente in buona parte all’antica Bessarabia, regione appartenente all’Impero Russo, abitata da popolazione di lingua rumena. Dopo il crollo del regime zarista nel 1918, la Bessarabia fu occupata dall’esercito rumeno e successivamente annessa alla Romania. La neonata Unione Sovietica non riconobbe l’annessione e creò la Repubblica Autonoma Sovietica della Moldavia nei territori della sponda est del fiume Dnestr (l’attuale Transnistria).
Nel 1940 le truppe sovietiche invasero la Bessarabia la quale fu riconquistata dall’esercito rumeno con l’appoggio di quello tedesco nel 1941 e infine occupata di nuovo dall’Armata Rossa nel 1944. La parte sud della Bessarabia fu ceduta all’Ucraina e il resto del paese, inclusa la Transnistria, assunse il nome di Repubblica Socialista Sovietica Moldava.
Con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, la Moldavia divenne ufficialmente uno stato indipendente. Il movimento nazionalista riunito intorno al Fronte Popolare della Moldovia prese in mano il governo del paese. L’ex presidente del soviet supremo moldavo Mircea Snegur si accordò con i nazionalisti e si fece eleggere presidente della neonata repubblica.
Molti dei nazionalisti volevano la riunificazione con la Romania. La regione della Transnistria, dove la maggior parte del paese era di lingua russa, non riconobbe il governo nazionalista moldavo. La Moldavia cercò di occuparla militarmente, ma le truppe dell’ex esercito sovietico in Transnistria si opposero all’invasione e la Transnistra rimase di fatto un pezzo di Unione Sovietica “intrappolato” tra l’Ucraina e la Moldavia. Negli anni successivi la Transnistria ha ottenuto l’appoggio economico e militare del governo russo, mantenendo la propria indipendenza dalla Moldavia fino ad oggi.
Negli anni successivi la Moldavia prese sempre più le distanze dalla Romania, rendendo il moldavo, fino ad allora considerato un dialetto rumeno, come propria lingua ufficiale.
Le elezioni politiche del 1994 furono vinte dal Partito Agrario Democratico, formato dai gruppi nazionalisti moldavi, che sconfisse nettamente sia i partiti politici filorussi che quelli che volevano l’unificazione con la Romania.
Nelle elezioni presidenziali del 1996 Mircea Snegur fu sconfitto a sorpresa dal presidente del parlamento, l’indipendente Petru Lucinschi, ex segretario del partito comunista moldavo, in buoni rapporti con il governo russo. Dopo il 1996 fu abolita l’elezione diretta del Presidente, che é stata reintrodotta solo nel 2016.
Il Partito Agrario Democratico una volta al governo si divise tra le fazioni di centrodestra nazionalista e quelle di sinistra filorusse. Le prime si aggregarono intorno ad una coalizione di partiti di centrodestra, chiamata Convenzione Democratica, le seconde invece si unirono al Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldavia (PCRM). Nelle elezioni del 1998 il PCRM arrivò in testa con il 30% dei voti, ma la Convenzione Democratica riuscì a formare un governo assieme ad altri partiti di centrodestra.
La crisi economica in Russia del 1998 ebbe pesantissime ripercussioni anche sulla Moldavia, dove il 75% degli abitanti scese sotto la soglia di povertà e circa 600mila persone (il 15% della popolazione) emigrò all’estero. Da allora la Moldavia è rimasto il paese più povero d’Europa.
La coalizione di centrodestra al crollò alle elezioni del 2001, che videro il trionfo del PCRM che superò il 50% dei voti e ottenne la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento ed elesse il proprio leader Vladimir Voronin presidente del paese, il primo capo di stato comunista eletto democraticamente in Europa dopo la fine del blocco sovietico.
L’ascesa del PCRM al potere era stata sostenuta dalla Russia di Vladimir Putin. Tuttavia i rapporti tra il nuovo governo moldavo e quello russo deteriorarono rapidamente a causa del problema della Transnistria, dove i russi intendevano mantenere una presenza militare permanente. Il governo comunista della Moldavia si avvicinò quindi all’Unione Europea, firmando vari trattati di cooperazione politica ed economica.
Nelle elezioni politiche del 2005 i comunisti mantennero la maggioranza assoluta dei seggi alla camera, sconfiggendo il Blocco Elettorale formato dai principali partiti di opposizione. Nel 2008 Zinaida Greceanîi del PCRM divenne la prima donna capo di governo del paese.
Nelle elezioni dell’Aprile del 2009, il PCRM conquistò di nuovo la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento. L’opposizione, guidata dai due maggiori partiti di centrodestra, il Partito Liberale (PL) e il Partito Liberaldemocratico (PLDM), accusò il governo di frode elettorale su vasta scala (non confermate dagli osservatori dell’OSCE) e organizzò imponenti manifestazioni di piazza che sfociarono in atti di violenza sia da parte dei manifestanti che delle forze dell’ordine. Il parlamento fu dato alla fiamme e ci furono vari morti. Voronin accusò il governo rumeno di fomentare la rivolta popolare e di voler preparare un colpo di stato contro il governo comunista. Per cercare di fermare i disordini, Voronin sciolse il parlamento appena eletto e fece tenere nuove elezioni. Le elezioni del Luglio 2005 il PCRM perse la maggioranza assoluta in parlamento, conquistando 48 seggi su 101. Oltre al PL e al PLDM entrarono in parlamento il Partito Democratico (PDM, socialdemocratici) e l’Alleanza Moldavia Nostra (PAMN, liberali). I quattro partiti di opposizione formarono quindi una nuova maggioranza di governo filoeuropeista, l’ Alleanza per l’Integrazione Europea, e mandarono il PCRM all’opposizione. Le successive elezioni anticipate del 2010 videro un’ulteriore calo del PCRM, che rimase comunque il primo partito del paese, un’avanzata del PLDM e l’uscita dal parlamento del PAMN. I tre partiti europeisti rimasti, PLDM, PL e PDM, formarono una nuova coalizione di governo.
Nel 2011, la corrente filorussa del PCRM, guidata da Igor Dodon abbandonò il partito e si uni al Partito dei Socialisti (PSRM), di cui Dodon divenne il leader.
Le elezioni politiche del 2014 videro un vero e proprio terremoto elettorale. Il PSRM con il 20,5% dei voti divenne il primo partito del paese, soppiantando il PCRM che perse la metà dei suoi seggi.
La coalizione tripartita europeista perse vari seggi ma mantenne la maggioranza assoluta in parlamento, rimanendo al governo del paese.
Nella settimana precedente le elezioni parlamentari in Moldavia del 2014 circa un miliardo di dollari furono estratti da tre delle principali banche moldave in soli tre giorni, tra il 24 e il 26 novembre. I fondi furono trasferiti in Regno Unito e a Hong Kong presso società fittizie usate per nascondere i veri proprietari dei beni, quindi depositati in conti bancari lettoni di vari prestanome stranieri.
Nessuno capì al momento chi ci fosse dietro tali enormi movimenti di denaro. Le registrazioni di molte di queste transazioni furono cancellate dai computer delle banche. Il 26 novembre 2014 le banche andarono in bancarotta. e furono in seguito messe sotto speciale amministrazione della Banca Nazionale della Moldavia. Il 27 novembre, tre giorni prima delle elezioni, il governo moldavo guidato dal Primo Ministro Iurie Leancă, segretamente decise di salvare le tre banche con 870 milioni in prestiti di emergenza, coperti dalle riserve statali. Questo creò un deficit nelle finanze pubbliche moldave equivalente al 12% del PIL nazionale del paese.
Le indagini della magistratura nei mesi successivi scoprirono che le tre banche erano state per anni al centro di un giro di riciclaggio di denaro sporco che partendo dalla Russia e dall’Ucraina, passava prima dalla Moldavia e poi dalla Lettonia verso l’Europa.
Alcuni ex primi ministri e dirigenti del PLDM e del PL furono coinvolti nell’inchiesta. Lo scandalo politico finanziario distrusse la credibilità e il consenso elettorale dei due partiti e colpì in parte anche il PDM, loro alleato al governo. I cittadini infuriati scesero in piazza a manifestare contro il governo e la classe politica. Nacquero vari movimenti di protesta, alcuni dei quali appoggiati dalla Russia, altri invece filo-europeisti, il più importante dei quali, “Dignità e Verità” (DA) si è successivamente trasformato in partito politico. Una fazione del PLDM , guidata dall’ex ministra Maia Sandu abbandonò il partito, fondando il Partito di Azione e Solidarietà (PAS). Nel gennaio 2016 la guida del governo fu affidata a Pavel Filip, esponente del PDM, con l’appoggio di quel che restava di PLDM e PLM.
Le elezioni presidenziali del 2016 videro fronteggiarsi da una parte il leader del PSRM, Igor Dodon, appoggiato dai partiti filorussi e dall’altra parte Maia Sandu, appoggiata dai partiti filoeuropeisti. Alla fine fu Igor Dodon a vincere di misura il ballottaggio con il 52,1% dei voti. Il nuovo presidente si mise fin da subito in aperto conflitto con il governo europeista di Filip, negando la propria firma a varie proposte di legge ed opponendosi alla nomina di alcuni ministri.
Le tensioni tra governo e presidenza paralizzarono il paese fino alle elezioni politiche del 2019, che videro una netta avanzata del PSRM del PDM e dell’alleanza “Adesso” (ACUM) formata dai partiti di centrodestra europeisti DA e PAS. Quasi tre mesi dopo le elezioni, dopo che il paese era passato attraverso una grave crisi costituzionale, fu formato un governo di “grande coalizione” tra il PSRM e la coalizione ACUM, con il solo scopo di “ripulire” le istituzioni statali dal controllo oligarchico. A capo del governo fu nominata la leader del PAS Maia Sandu, mentre il PRM otteneva la presidenza del parlamento. La collaborazione tra i due partiti, ideologicamente opposti non fu in grado di resistere a lungo e dopo solo 5 mesi una mozione di sfiducia firmata dal PSRM e dal PDM pose fine al governo di coalizione. Fu nominato un altro nuovo governo PSRM-PDM , guidato dall’indipendente Ion Chicu.
Nelle elezioni presidenziali del novembre 2020 si affrontarono di nuovo Maia Sandu e Igor Donon, che cercava la riconferma per un secondo mandato. A sorpresa al ballottaggio risultò nettamente vincente Maia Sandu. Una volta che i risultati delle elezioni furono confermati, il primo ministro Ion Chicu si dimise. Maia Sandu, che cercava di far sciogliere anticipatamente il parlamento, decise di nominare l’economista Natalia Gavrilita alla carica di Primo Ministro due volte di fila, al fine di innescare elezioni anticipate, poiché secondo la costituzione della Moldova , due fallimenti del Parlamento nell’approvazione di un nuovo governo entro 45 giorni dalla prima richiesta portano allo scioglimento del parlamento. Il piano della Sandu fu bocciato dalla Corte Costituzionale che dichiarò incostituzionale la seconda nomina della Gavrilita. La presidente Sandu allora nominò il ministro degli esteri, l’indipendente Igor Grosu alla carica di primo ministro. Il parlamento, dominato dal PSRM, gli negò la fiducia e a questo punto fu innescato il meccanismo delle elezioni anticipate.
Nelle prossime pagine gli sviluppo politici recenti, i principali partiti politici e gli ultimi sondaggi.
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