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Domenica 20 giugno gli elettori armeni sono chiamati alle urne per il rinnovo dei 105 membri dell’Assemblea Nazionale, il parlamento monocamerale del paese. Le elezioni erano inizialmente previste per il 9 dicembre 2023, ma sono state anticipate a causa della crisi politica in corso in Armenia a seguito della guerra del Nagorno-Karabakh del 2020 che hanno portato alle dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan.
Negli ultimi 3 anni l’Armenia ha subito una profonda trasformazione politica. Fino al 2018 il governo e il parlamento erano in mano al Partito Repubblicano, tendenzialmente filorusso, e dai cosiddetti “oligarchi”, imprenditori che grazie all’appoggio del governo avevano posizioni di monopolio o di oligopolio in fondamentali settori dell’economia del paese. Nella primavera di quell’anno, la cosiddetta “Rivoluzione di Velluto”, guidata da Pashinyan, aveva provocato il crollo del regime del Partito Repubblicano, consentendo a Pashinyan di diventare primo ministro. Nelle successive elezioni anticipate del dicembre 2018 i partiti che appoggiavano PAshinyan ottennero il 70,4% dei voti. Una volta al potere Pashinyan, che si era presentato come un liberale filo-occidentale ed europeista, ha dovuto fare i conti con il potere economico, politico e militare che la Russia ancora esercita sull’Armenia e ha dovuto abbandonare i suoi progetti di un’avvicinamento dell’Armenia all’Unione Europea e agli Stati Uniti. L’enorme popolarità di Pashinyan si è dissipata nel giro di due anni. Nel 2020, dopo che il paese era stato colpito dalla crisi economica internazionale dovuta alla pandemia di Covid-19, l’Armenia ha dovuto subire l’aggressione militare dell’Azerbaijan, che ha attaccato la regione indipendentista armena del Nagorno-Karabakh (la cosiddetta repubblica di Artsakh). Le truppo azere, con l’aiuto di armamenti tecnologicamente avanzati ricevuti dalla Turchia, ha facilmente sconfitto le truppe dell’Artsakh. L’aggressione militare azera è partita una volta che l’Azerbaijan si è assicurato che la Russia di Putin non sarebbe militarmente intervenuta in difesa dell’Armenia. Dopo che le truppe azere hanno riconquistato circa la metà dei territorio che era stato occupato dagli armeni, la Russia alla fine è intervenuta per mediare un cessate il fuoco, che di fatto ha convalidato la vittoria dell’Azerbaijan, lasciando un corridoio di collegamento tra l’Armenia e quel che restava della repubblica dell’Artsakh. La sconfitta contro i nemici storici dell’Azerbaijan ha scatenato una serie di proteste di piazza contro Pashinyan, che è stato costretto a dimettersi e ad indire elezioni anticipate, pur restando in carica ad interim come primo ministro per la gestion degli affari correnti.
L’Armenia è una repubblica democratica rappresentativa parlamentare, basata su di un sistema multipartitico. Il potere esecutivo è esercitato dal Primo Ministro e dal Consiglio dei Ministri. Il potere legislativo è esercitato dall’Assemblea Nazionale (Azfayin Zhoghov).
Il Presidente della Repubblica è eletto dal parlamento ogni 7 anni ed ha poteri simili a quelli del Presidente Italiano. Fino alle riforma costituzionale del 2015 l’Armenia era una repubblica semi-presidenziale con il presidente eletto con voto popolare.
I 105 membri dell’Assemblea nazionale sono eletti con sistema proporzionale, con una soglia di sbarramento del 5% per i singoli partiti e del 7% per le alleanze elettorali. Tuttavia almeno tre forze politiche devono essere rappresentate in parlamento, quindi nel caso che solo due liste superino la soglia di sbarramento, entra in parlamento anche il terzo partito o alleanza che ha ottenuto i migliori risultati. In tal caso viene aumentato il numero di seggi in maniera proporzionale. Nelle elezioni del 2018 ad esempio il totale dei seggi assegnati è salito a 132.
La scheda elettorale è divisa in due parti, una con le liste bloccata dei partiti a livello nazionale e una con i candidati per i collegi uninominali. Quattro seggi sono riservati alle minoranze nazionali (assiri, curdi, russi e yazidi), i candidati delle quali devono essere presenti all’interno delle liste dei vari partiti.
Se nessuna dei partiti ottiene più del 50% dei seggi ed entro 6 giorni dall’annuncio dei risultati elettorali non viene formata nessuna coalizione di governo, si svolge un secondo turno di ballottaggio al quale partecipano i due partiti che hanno ottenuto il maggior numero dei seggi. Il partito o la coalizione che vince il secondo turno delle elezioni riceverà un numero aggiuntivo di mandati per raggiungere il 54% dei seggi
Se un partito o una coalizione vince oltre i 2/3 dei seggi, vengono aggiunti altri seggi alle altre forze politiche rappresentate in parlamento per garantire che almeno 1/3 dei seggi sia occupato da forze di opposizione.
mandati aggiuntivi sufficienti tra tutte le altre forze politiche rappresentate in parlamento per garantire che almeno 1/3 di tutti i seggi siano occupati da forze diverse da quella vincente.
Secondo il “Democratic Index” del settimanale The Economist, l’Armenia era fino allo scorso anno un cosiddetto “regime ibrido”, al livello di Honduras, Liberia, Georgia e Nepal.
Nelle prossime pagine, la storia politica del paese, i risultati delle ultime elezioni, i principali partiti politici e gli ultimi sondaggi.
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