Gli elettori della Groenlandia (ufficialmente nazione all’interno del Regno di Danimarca) sono chiamati il prossimo 11 marzo al rinnovo dei 31 seggi dell’Inatsisartut, il parlamento unicamerale nazionale.
Le elezioni si tengono con circa un mese in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura uscente. Dal 2022 al governo della Groenlandia c’è una coalizione di sinistra formata da sono Inuit Ataqatigiit (IA), partito di sinistra indipendentista guidato dal primo ministro Múte Bourup Egede e il partito Siumut, socialdemocratico, anch’esso indipendentista ma storicamente più moderato.
L’indipendenza sarà la questione più importante delle elezioni. In quanto paese semi-autonomo sotto la Danimarca, la Groenlandia è responsabile di una serie di questioni interne, tra cui istruzione e sanità, mentre la sicurezza e gli affari esteri restano di competenza di Copenaghen. L’attuale governo aveva programmato di indire, assieme a queste elezioni, un referendum consultivo sull’indipendenza dalla Danimarca. Tuttavia, dopo che il presidente eletto americano Donald Trump ha rinnovato la sua richiesta di annettere la Groenlandia agli Stati Uniti, il primo ministro Egede ha minimizzato qualsiasi nozione di indipendenza immediata e ha invece sottolineato la necessità di riforme della cooperazione tra i governi di Danimarca e Groenlandia, affermando che i groenlandesi non hanno alcun desiderio di diventare parte degli Stati Uniti. Il referendum è stato quindi rimandato a tempo indeterminato, lasciando la decisione su se e quando tenerlo al prossimo governo.
La nazione degli Inuit, etnia alla quale appartiene il 90% dei suoi abitanti, è finita sotto i riflettori della scena politica internazionale da quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rinnovato la sua rivendicazione sull’isola artica, rifiutandosi di escludere l’impiego della forza militare per impossessarsene.
Entrambi i partiti di governo sono a favore dell’indipendenza, ma Inuit Ataqatigiit, sostiene un approccio cauto: la piena indipendenza dovrebbe essere perseguita solo quando il paese sarà meno dipendente dal sostegno finanziario della Danimarca, che attualmente ammonta a circa 500 milioni di euro all’anno. Il Siumut invece, che in passato era stato prudente sulla questione dell’indipendenza, negli ultimi anni si è spostato su posizioni decisamente più anti-danesi. Non solo, alcuni dei suoi esponenti si sono mostrati ricettivi alle proposte di Trump di annetterla agli USA. Ha fatto molto scalpore la notizia che un parlamentare di Siumut, Kuno Fencker, sia sia recato a Washington DC per parlare con il parlamentare repubblicano statunitense Andy Ogles, l’ideatore del disegno di legge “Make Greenland Great Again Act”, che autorizza il presidente Trump a negoziare con la Danimarca per l’acquisizione della Groenlandia. La visiti di Fencker ha creato scompiglio nel partito tanto che questi ha poi abbandonato il Siumut per candidarsi in queste elezioni con il partito Naleraq, formazione populista indipendentista di opposizione che vuole accelerare il processo e avviare il divorzio dalla Danimarca il prima possibile. Anche la deputata Aki-Matilda Høegh-Dam, nonché fidanzata di Fencker ha abbandonato il Siumut per passare a Naleraq. Oltre ai tre principali partiti, tutti indipendentisti, l’attuale parlamento danese è formato da due partiti unionisti filo-danesi: il partito conservatore Atassut e il partito liberale Demokraatit, che sono favorevoli al mantenimento dell’attuale rapporto con la Danimarca.
Quali potrebbero essere i partiti disposti ad appoggiare le richieste di Trump? Il primo è sicuramente Naleraq, che ambisce a diventare il secondo partito del paese superando Siumut, e che è guidato da Pele Broberg, già ministro per il commercio durante il breve governo di coalizione del 2021-2022 con Inuit Ataqatigiit. Broberg ha annunciato che è nelle sue intenzioni ottenere l’indipendenza dalla Danimarca entro tre anni e raggiungere un accordo per la difesa con gli Stati Uniti, che già oggi (e dagli anni ’50 del secolo scorso) gestiscono la base aerea di Thule, l’avamposto americano più settentrionale del pianeta. La posizione di Naleraq mette in difficoltà il primo ministro Mute Egede, che ambisce all’indipendenza dal Regno di Danimarca, ma guarda con diffidenza gli Stati Uniti,, che non vuole essere costretto a scegliere tra una convivenza forzata con Copenhagen e un’indipendenza soggetta all’imperialismo statunitense. Il secondo partito è una nuova formazione politica che si presenta per la prima volta alle elezioni: si tratta di Qulleq, nuova formazione populista indipendentista che attraverso il suo leader Karl Ingemann promuove la politica dello sfruttamento intensivo delle risorse minerarie, interrotta da alcuni anni in Groenlandia a causa delle preoccupazioni legate all’impatto ambientale.
Le possibili interferenze di paesi stranieri, in particolare degli Stati Uniti, ma anche di Russia e Cina, sulle prossime elezioni, hanno portato il parlamento groenlandese ad approvare il divieto di donazioni da parte di cittadini e entità straniere ai partiti politici locali.
Oltre a quello dell’indipendenza, altri temi della campagna elettorale hanno riguardato le condizioni abitative, l’organizzazione del sistema sanitario, i rapporti con la comunità imprenditoriale locale e gli accordi internazionali sul clima.
IL SISTEMA POLITICO-ELETTORALE
La Groenlandia è una democrazia rappresentativa parlamentare multipartitica. Il paese, ex colonia danese, ha un proprio governo autonomo dal 1979, pur restando un’area amministrativa della Danimarca. Il potere esecutivo è esercitato dal governo, mentre quello legislativo è ricoperto sia dal governo (tramite decreti legge) che dal parlamento (Inatsisartut). Il Potere giudiziario è indipendente dagli altri due poteri.
Il sovrano della Danimarca è anche capo di Stato della Groenlandia ed è rappresentato da un Alto Commissario di sua nomina. Il Primo ministro è eletto dal Parlamento. I deputati vengono eletti per un periodo di 4 anni, con sistema proporzionale, senza soglia di sbarramento, in 5 circoscrizioni plurinominali. Gli abitanti dell’isola hanno diritto a due seggi al Folketing, il parlamento danese.
La Groenlandia ha abbandonato l’Unione Europea nel 1985, diventando un “territorio speciale” della UE (come i possedimenti d’oltremare francesi), sotto sovranità di un paese membro ma non rappresentato nel parlamento europeo.
Nelle prossime pagine, la storia politica del paese, i risultati delle ultime elezioni, i principali partiti politici e gli ultimi sondaggi.
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