Domenica 17 dicembre i cittadini serbi si recano ai seggi per per eleggere i 250 membri dell’Assemblea Nazionale, il parlamento unicamerale del paese, in elezioni anticipate dopo solo un anno di legislatura. Oltre alle elezioni parlamentari, si terranno elezioni locali in 12 comuni e 2 città metropolitane, compresa Belgrado.
La Serbia è governata dal 2012 dal Partito Progressista Serbo (SNS) formazione politica di centrodestra fondata da Aleksandar Vučić, attuale presidente della Serbia, che resta di fatto leader indiscusso del partito. Vučić è alla guida del paese dal 2014, prima come Primo Ministro e poi dal 2017 come Presidente. Da quando è salito al potere la democrazia serba è scivolata verso l’autoritarismo, parallelamente ad un declino della libertà di stampa e delle libertà civili. Capo del governo è dal 2017 Ana Brnabić, che guida una coalizione di maggioranza formata dal Partito Progressista Serbo e dal Partito Socialista Serbo (SPS), quello che negli anni ’90 era il partito di Slobodan Milosevic. Nelle elezioni parlamentari del 2022 , il SNS, che si presenta in una lista assieme a piccoli partiti alleati, ha perso la maggioranza parlamentare che deteneva dal 2014, mentre i principali partiti di opposizione, tra i quali il Partito Democratico (DS), di centrosinistra, che avevano boicottato le precedenti elezioni del 2020, sono tornati all’Assemblea nazionale. L’ alleanza europeista Uniti per la Vittoria della Serbia, della quale faceva parte il Partito Democratico e che si era classificata seconda come numero di voti e seggi, è stata tuttavia sciolta poco dopo le elezioni.
Il governo di Ana Brnabić, subito dopo le elezioni dello scorso anno, è stato coinvolto nella crisi del Kosovo settentrionale, scatenato da una diatriba tra il governo del Kosovo e la minoranza serba sulla validità delle patenti e delle targhe automobilistiche serbe. Ci sono stati scontri violenti nel nord del Kosovo, che hanno portato al boicottaggio da parte delle minoranza serbe delle elezioni amministrative dello scorso aprile. Il risultato è stato che nei comuni a maggioranza serba si sono insediati sindaci di etnia albanese elessi da una piccola minoranza degli elettori, il che ha portato a nuove violenze, sfociate nell’assalto del 29 maggio contro le truppe NATO della KFOR e il ferimento di vari soldati italiani che ne facevano parte.
Nel maggio di quest’anno l’opinione pubblica serba è stata scossa da due gravi episodi di violenza. Il primo è avvenuto in una scuola elementare di Belgrado, quando un alunno ha ucciso otto compagni e una guardia e ha ferito un insegnante e altri sei bambini. Il secondo è avvenuto il giorno dopo, nei villaggi di Mladenovac e Smeredovo, dove un giovane ha iniziato a sparare contro i passanti, uccidendo otto persone e ferendone 14. L’opposizione ha accusato il governo di aver alimentato un clima d’odio, di paura e di conflitto sociale responsabile dell’aumento degli atti di violenza nel paese. Vaste opposizione antigovernative sono state organizzate dai partiti liberali, europeisti, ecologisti e di sinistra che si sono uniti in una coalizione chiamata Serbia contro la violenza (SPN). Le manifestazioni sono continuate fino a poche settimane fa, quando Vučić ha sciolto il parlamento e indetto elezioni anticipate.
Il regime di Vučić ha tutti gli strumenti per evitare che in queste elezioni non ci siano “sorprese”. La campagna elettorale è stata breve, il governo controlla quasi completamente i media e l’opposizione è nettamente divisa tra i partiti di centro e sinistra filoeuropeisti e quelli di destra ed estrema destra filorussi. Tuttavia la popolarità del governo è in netto declino e l’opposizione di centrosinistra si è notevolmente rafforzata rispetto allo scorso anno. la coalizione Serbia contro la violenza include oltre al Partito Democratico, anche i socialdemocratici del Partito Libertà e Giustizia, SSP, la sinistra ecologista di Insieme, il Fronte Verde-Sinistra (ZLF) e altri 11 partiti di opposizione. L’opposizione di destra e di estrema destra invece si presenta frantumata in varie liste, alcune delle quali potrebbero non superare la soglia del 3% nazionale necessaria per entrare in parlamento.
Il più grande avversario di Vucic in queste elezioni non sarà tuttavia la coalizione di opposizione ma l’inflazione, associata al calo del tenore di vita della maggior parte dei cittadini. Nonostante la propaganda filogovernativa dei media, l’inflazione è infatti sotto gli occhi di tutti. L’anno scorso è stata del 15-16%, tra le più alte d’Europa, e i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati di oltre il 30%. L’inflazione è più alta anche di quella dell’Ucraina devastata dalla guerra. Molti prodotti serbi nei paesi vicini costano meno che in Serbia. Il governo lo sa molto bene ed è per questo che ha promesso un pagamento una tantum di 20.000 dinari (170 euro) per ogni pensionato e di 10.000 per ogni persona che usufruisce dell’assistenza sociale. I pagamenti arriveranno subito prima delle elezioni – un tipico esempio di compravendita di voti con denaro pubblico. Per allontanare gli elettori dall’opposizione, i media filogovernativi non si fanno problemi ad usare i trucchi più sporchi, tipo paragonare i leader dell’opposizione agli Ustascia, l’organizzazione fascista croata durante la seconda guerra mondiale o accusare l’opposizione di voler provocare una “guerra civile”. A tutto ciò bisogna aggiungere i voti “sicuri”, cioè i voti dei dipendenti dell’amministrazione statale e delle aziende pubbliche. Molti sono assunti solo per un certo periodo e per mantenere il posto di lavoro devono assicurarsi “un certo numero di voti” per i partiti di governo. Altri voti che possono “soccorrere” il governo sono i voti “fantasma” di cittadini della Republika Srpska di Bosnia che vengono “spostati” in Serbia per partecipare alle elezioni utilizzando false carte d’identità serbe.
Oltre alle elezioni parlamentari, lo stesso giorno verranno eletti anche i sindaci di 65 comuni, tra i quali la città di Belgrado, ed è da Belgrado che arriva la sfida più interessante al regime di Vučić, dal momento che l’opposizione ha buone possibilità di prendere il controllo della capitale. La coalizione di governo composta dall’SNS e dall’SPS potrebbe infatti scendere sotto il 40% dei voti nelle elezioni municipali, il che potrebbe permettere all’opposizione di ottenere abbastanza seggi per eleggere il sindaco.
Negli ultimi anni la qualità della vita a Belgrado è nettamente deteriorata. Traffico, inquinamento, trasporti pubblici scadenti, problemi al sistema fognario e a quello dello smaltimento dei rifiuti hanno ridotto di molto la popolarità dell’attuale sindaco, Aleksandar Šapić, eletto un anno e mezzo fa, che si è dimesso a fine ottobre su pressione di Vučić. Una sconfitta dei partiti di governo non significa automaticamente però una vittoria dell’opposizione di centrosinistra, dato che molto dipenderà dai risultati che avranno i partiti di opposizione di destra, alcuni dei quali potrebbero appoggiare un nuovo sindaco espressione del governo. Tuttavia una forte mobilitazione della società civile belgradese potrebbe portare la coalizioni di centrosinistra a raggiungere una maggioranza autonoma.
Una vittoria delle opposizione alle elezioni politiche, in elezioni solo relativamente libere e per niente eque, rimane al momento un miraggio, ma se l’opposizione conquistasse Belgrado la prospettiva di un futuro cambio di regime diverrebbe nettamente più concreta.
IL SISTEMA POLITICO-ELETTORALE
La Serbia è una repubblica democratica rappresentativa parlamentare, con un sistema multipartitico. Il potere legislativo è conferito al parlamento e in alcuni casi può essere esercitato anche dal governo. Il potere esecutivo è esercitato dal governo guidato dal Primo Ministro. La magistratura è indipendente dall’esecutivo e dal legislatore. Il presidente è il capo dello stato.
Il parlamento unicamerale della Serbia è l’ Assemblea Nazionale, composta da 250 seggi. I deputati sono eletti per un mandato di 4 anni con sistema proporzionale con sbarramento nazionale al 3% (ridotto rispetto al 5% delle elezioni passate) per i partiti nazionali. Lo sbarramento non vale per i partiti rappresentanti delle minoranze etniche (ungheresi, bosniache e albanesi). Il sistema prevede un’unica circoscrizione nazionale con lista chiusa (senza preferenze).
il presidente viene eletto con voto diretto e popolare con eventuale secondo turno di ballottaggio, per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta. Il presidente nomina il primo ministro su indicazione del parlamento. Le funzioni del presidente sono in gran parte cerimoniali, tuttavia negli ultimi anni la presidenza della repubblica ha assunto di fatto un ruolo predominante nell’azione di governo.
Secondo il “Democratic Index” del settimanale The Economist, la Serbia è una cosiddetta “Democrazia imperfetta”, al livello di paesi tipo Albania, Guyana, Mongolia e Repubblica Dominicana.
Nelle prossime pagine, la storia politica del paese, i gli sviluppi politici recenti, i principali partiti politici e gli ultimi sondaggi.
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