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Si sono tenute le elezioni presidenziali in due ta i Paesi più promettenti del West Africa quanto a sviluppo politico-democratico, sociale ed economico.
Si tratta del Burkina Faso e del Ghana. Tra i due, tuttavia, vi sono notevoli differenze quanto a storia politica più o meno recente.
Il primo, ex Repubblica dell’Alto-Volta, ha alle spalle una storia travagliata, costellata inizialmente da dittature intervallate con brevi parentesi democratiche; dall’arrivo al potere dei militari socialisti e del Che Guevara africano, socialista e panafricanista, Thomas Sankara, all’assassinio di quest’ultimo da parte delle truppe di Blaise Compaoré, il dittatore che rimarrà a capo del regime dei Burkinabé per ben ventisette anni, fino alla rivoluzione del 2014 appoggiata dai militari. Dopo un periodo di transizione, sono state organizzate le prime vere elezioni democratiche e multipartitiche del Paese, dopo svariati decenni di autocrazia. Nel 2015 le elezioni sono state vinte dal leader del partito socialdemocratico Movimento Popolare per il Progresso (MPP) Roch Marc Christian Kaboré, un banchiere ed ex politico di lungo corso, che ha giocato su più fronti per rimanere sempre in ballo (anche quelli dell’ex-regime). Un’abilità che gli ha permesso di raggiungere la Presidenza con un ruolo di pacificatore.
Il secondo, il Ghana, è ormai una delle più consolidate democrazie africane, nonché uno dei Paesi con il maggiore tasso di crescita (circa 6% annuo) tra quelli della regione, insieme al Benin e alla Costa d’Avorio. Vi si tengono elezioni democratiche ormai dagli anni ’90, grazie all’iniziativa dell’ex Presidente, deceduto pochi giorni fa, Jerry Rawlings, inizialmente a capo di un regime militare e che ha poi concesso sempre più libertà e pluralismo. Da allora vige un bipartitismo di cui sono protagonisti il Nuovo Partito Patriottico (NPP – liberalconservatori) e il Congresso Nazionaldemocratico (NDC – socialdemocratici), che si sono alternati al potere. Per ogni approfondimento sulla situazione politica ghanese si veda l’articolo sul tema della rubrica il Giramondo.
L’ultimo vincitore, nel 2016, è stato Nana Akufo-Addo, avvocato internazionalista esponente del centro-destra che ha rispolverato, con grande capacità mediatica, nazionalismo e panafricanismo.
In Burkina Faso è risultato nuovamente vincitore il Presidente uscente Roch Kaboré, del Movimento Popolare per il Progresso (MPP). L’ex Primo Ministro durante uno dei molteplici mandati di Compaoré e Presidente dopo la rivoluzione, è stato rieletto al primo turno, così sconfiggendo Komboigo, leader del partito che sino al 2014 era guidato proprio da Blaise Compaoré. Terzi i liberali democratici di Zéphirin Diaobré, anche lui una volta membro del partito del regime Compaoré.
L’affluenza si è attestata a poco più del 50% – un crollo di 10 punti rispetto alle elezioni del 2015, le prime elezioni democratiche, molto partecipante, post-Compaoré.
Kaboré è stato visto, in questi ultimi anni, come l’unica alternativa democratica forte ai nostalgici del regime: ed è per questo che è stato votato, nonostante sia denominato dai suoi detrattori “Presidente Diesel” o “Re Pigro”, principalmente per due motivi. Il primo è la “sopravvivenza politica” e l’assenza di riforme importanti intraprese con la scusa di dover riappacificare il Paese; il secondo è l’approccio non decisivo contro gli attacchi jihadisti che, sempre più frequenti, incombono sul Paese, vicino al pericoloso Mali.
L’MPP, tuttavia, sostiene il Presidente ancora con convinzione. Kaboré deve stare attento però, visto che soprattutto a causa della nuova guerra jihadista a Bamako il suo omologo maliano Ibrahim Keita ha subito un colpo di Stato ad agosto di quest’anno.
In Ghana è stato riconfermato Nana Akufo-Addo, in una sfida tuttavia serratissima che ha visto il leader dell’opposizione, ed ex Presidente socialdemocratico, John Mahama, posizionarsi vicinissimo con meno di quattro punti percentuale di distanza.
Mentre in un Paese occidentale una vittoria risicata viene vista come un segnale di debolezza, in un Paese africano questo non può che essere percepitoe un segno di forza della democrazia, abbastanza vivace e sviluppata da permettere che il Presidente in carica non vinca necessariamente con un margine importante o irraggiungibile.
L’affluenza, altissima, si è attestata al 78,9%, in aumento di quasi 10 punti dalle ultime elezioni del 2016.
La distribuzione del voto per regione. Nel 2016 Akufo-Addo aveva vinto anche nella regione (estremo sud-ovest) denominata Nordoccidente (Western North), nonché nella capitale Accra, che nel 2016, storicamente, era passata a centro-destra. Accra è da sempre più volubile, come le Regioni costiere, rispetto all’entroterra, che è invece caratterizzato da una tendenziale fissità, da una parte o dall’altra, e ciò a causa del forte radicamento dei due partiti tra le rispettive fasce popolari.
Si è confermato anche in queste elezioni il bipartitismo tra il NPP e il NDC, con gli altri candidati tutti con percentuali da prefisso telefonico, sotto l’1%. Non mancano tuttavia le polemiche: in particolare, Mahama ha dichiarato la vittoria del suo partito alle contemporanee elezioni per il rinnovo del Parlamento, mentre la Commissione Elettorale, che non ha ancora pubblicato i risultati completi, ha anticipato un sostanziale pareggio (137 a 136 per l’NPP, e 1 indipendente da convincere, con maggioranza a 138).
Akufo-Addo è stato premiato dall’importante crescita economica del Ghana – che tuttavia era già iniziata precedentemente, ma che è incrementata grazie all’impegno del Governo ai fini della diversificazione dell’economia – e contemporaneamente punito dalle sue mancate promesse di lotta alla corruzione nel settore pubblico e di costruire almeno un ospedale per distretto.
Altre notizie:
Per questa settimana è tutto.
Alla prossima elezione!Skorpios
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