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La Francia al Voto – 1° Puntata

Nel suo ultimo romanzo, Michel Houellebecq, probabilmente il più noto e controverso scrittore francese contemporaneo, narra le vicende dei protagonisti sullo sfondo della campagna elettorale presidenziale del 2027. Si affrontano un giovane e brillante candidato del Rassemblement National (RN, il partito di Marine Le Pen) ed un candidato dell’elite tecnocratica e favorevole alla globalizzazione (ma sempre con un occhio agli interessi francesi) sostenuto dal Presidente in carica che non può più essere rieletto.

I candidati principali

Il futuro politico prossimo venturo pensato dal romanziere, di solito piuttosto dotato di immaginazione, non è molto diverso dal presente: i sondaggi (qui prenderemo in esame l’Ifop del 9/2) per l’elezione del Presidente della Repubblica francese, che si terranno il prossimo 10 aprile, prevedono uno scenario con al primo posto l’attuale Presidente, Emmanuel Macron (dato al 25,5%), ed al secondo posto Marine Le Pen (intorno al 17,5%).

A seguire la candidata della destra repubblicana, Valerie Pecresse (15%), ed un giornalista noto per le sue posizioni radicali e sovraniste, Eric Zemmour (14,5%). Entrambi questi candidati hanno vissuto i loro momenti di gloria, successivi al lancio delle rispettive candidature, quando sembravano in grado di insidiare il secondo posto e quindi il diritto al ballottaggio della leader del RN. Ora il sorpasso sembra più difficile, anche se non impossibile per la Pecresse.

 

I candidati minori

Infine, i candidati della sinistra: il candidato della sinistra Melenchon, accreditato di un piuttosto deludente 10,5%, circa la metà di quanto raggiunto nel 2017, il verde Jadot, poco sotto il 5%, e sopra la rappresentante delle sinistre Taubira (3,5%), eletta tramite contestatissime primarie nelle quali sono stati inseriti contro la loro volontà altri candidati di sinistra.

Chiudono la lista, se si escludono i candidati delle forze minori, il comunista Roussel al 3,5% e la candidata del partito socialista, nonché attuale Sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, accreditata di un misero 2,5%.

Senz’altro quest’ultimo è il risultato più clamoroso: il partito socialista che ha governato questo Paese per oltre venti anni tra la presidenza Mitterrand e quella Hollande, non riuscirebbe nemmeno a raggiungere il già modestissimo risultato ottenuto cinque anni fa da Hamon.

Le premesse in realtà sembravano positive: le elezioni regionali dello scorso anno avevano visto il partito socialista ed i suoi alleati vincere in diverse regioni e le liste socialiste ottenere un discreto risultato, insieme ai gollisti sembravano resuscitati. “Il vecchio mondo è tornato. Alle presidenziali tutto è possibile” scriveva Le Figaro. Inoltre, la vittoria di Olaf Scholz in Germania, candidato del partito socialdemocratico che come i socialisti francesi molti davano per morto e sepolto già da tempo, pareva un ottimo viatico anche per la sinistra storica transalpina.

Le considerazioni

Insomma, com’è successo che Macron, che ha subito una delle più violente opposizioni popolari della storia della quinta repubblica e senza che il proprio partito (En Marche) sia radicato territorialmente, e la solita Marine Le Pen, di cui da anni si descrive il destino di eterna perdente, siano ancora sulla breccia e senza oppositori credibili? E come mai i due partiti che hanno fatto la storia della quinta repubblica, gollisti e socialisti, non riescono più a trovare una sintonia con il Paese reale, almeno a livello di politica nazionale?

Va detto, come prima cosa, che i sondaggi non sono tavole della legge, e se la situazione per Hidalgo sembra irrimediabilmente compromessa, non lo è per Valerie Pecresse, che potrebbe ancora arrivare al secondo turno e rappresentare un osso duro per il Presidente in carica.

Tuttavia si può abbozzare un primo tentativo di risposta. Per cominciare, in Francia il nazionalismo populista ha attecchito sia nell’elettorato di destra che in quello di sinistra in modo consistente. Da un lato con il Front National (poi RN), dall’altro con la figura carismatica di Jean Luc Melenchon, che ha saputo mettere insieme le istanze tradizionali della sinistra francese con il populismo ed il sovranismo anti establishment ed euroscettico. La Francia è stato il primo Paese ad affossare il referendum sulla costituzione europea, e quella data (29 maggio 2005) rappresenta una pietra miliare per le forze euroscettiche del continente.

In più, la rivolta dei gilet gialli, l’avvenimento politico nazionale senz’altro più importante di questi cinque anni, che ha portato la capitale a vivere una situazione di guerriglia urbana permanente, ha paradossalmente rafforzato la figura del Presidente. Macron ha pure avuto diversi momenti di grave difficoltà, ma che è riuscito a dividere il movimento concedendo ai manifestanti l’eliminazione di alcune misure impopolari (tasse sui carburanti) e l’introduzione di altri provvedimenti (aumento del salario minimo, detassazione straordinari). Non ha ceduto però ai più estremisti e facinorosi, che hanno continuato la protesta, inizialmente supportata da gran parte dell’opinione pubblica, tuttavia ogni giorno più scettica verso la deriva violenta assunta dal movimento.

Per certi versi, infine, la pandemia ha portato ad una richiesta di maggiore stabilità in diversi Paesi, ad uno stop dei partiti e leader populisti e sovranisti, tanto che la stessa Le Pen ha impresso una svolta moderata al proprio partito, sulla linea di quello che sta facendo in parte Salvini in Italia e Johnson nel Regno Unito.

 

Le prossime puntate

Sono tutti temi che approfondiremo settimanalmente nelle prossime tappe di avvicinamento al traguardo finale del 10 aprile.

Vedremo se nelle prossime settimane, ora che la campagna elettorale entra nel vivo, emergeranno dei cambiamenti nei sondaggi o ci sarà qualche evento in grado di modificare lo scenario attuale.

Valerio Ponti

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