C’erano una volta, cento anni fa, nel cosiddetto “Nuovo Mondo”, due paesi scarsamente abitati, pieni di immense pianure coltivabili con abbondanza di acqua e vegetazione. Questi paesi stavano sviluppando economie capitaliste che erano fortemente integrate con il mercato mondiale grazie all’esportazione di materie prime, soprattutto carne e legname. Una forte immigrazione dall’Europa, sostanziosi investimenti di capitale estero e la riduzione dei costi e dei tempi necessari per trasportare merci attraverso l’atlantico stavano trasformando i due paesi, facendoli diventare tra i paesi più prosperi del mondo. Questi paesi erano il Canada e l’Argentina. Cento anni dopo il Canada è effettivamente diventato uno dei paesi più ricchi e sviluppati del pianeta. In Argentina qualcosa è andato storto. Decenni di governi corrotti e inefficienti, dittature militari, protezionismo economico e il mito peronista di società corporativa l’hanno fatta passare da una crisi economica all’altra, facendola diventare un esempio classico di come non devono essere gestite le finanze di una nazione moderna.
Il governo liberalconservatore di Mauricio Macri non è scampato al destino dei suoi predecessori. Il paese è di nuovo a rischio default e domenica 27 Ottobre gli elettori argentini, chiamati ad eleggere un nuovo presidente, sceglieranno probabilmente di tornare ad affidarsi ancora una volta ai peronisti, con la ex first lady ed ex presidente Cristina Fernandez Kirchner candidata come vicepresidente del suo quasi omonimo Alberto Fernandez.
IL SISTEMA POLITICO-ELETTORALE
L’Argentina è una repubblica democratica rappresentativa presidenziale, dove il Presidente dell’Argentina è sia capo di stato che capo del governo, basata su un sistema multipartitico. Il potere esecutivo è esercitato dal governo. Il potere legislativo è esercitato dal Congresso Nazionale Argentino, formato dal Senato e dalla Camera dei deputati. La magistratura è indipendente dal potere esecutivo e legislativo.
Il presidente e il vicepresidente sono eletti direttamente a suffragio universale per una durata di 4 anni. Se nessun candidato ottiene più del 50% dei voti viene effettuato un secondo turno di ballottaggio tra i due candidati più votati. Un presidente non può essere eletto per più di due volte consecutive ma si può ripresentare dopo aver lasciato la presidenza per almeno 4 anni.
La Camera dei deputati ha 257 membri, che restano in carica 4 anni. Ogni due anni si vota per eleggere una metà dei deputati. Ogni provincia elegge un numero di deputati legati alla sua popolazione, con un minimo di 3 deputati per provincia. L’elezione avviene con metodo proporzionale a livello provinciale, senza recupero dei resti a livello nazionale.
Il senato ha 72 membri, eletti per un mandato di 6 anni. Ogni due anni si rinnova un terzo dei seggi del senato. Ogni provincia argentina e la città di Buenos Aires sono rappresentate da 3 senatori. Due senatori vengono assegnate alla lista con più’ voti, della provincia, il terzo seggio alla seconda lista.
Il metodo di elezione dei deputati e dei senatori comporta che spesso in differenti province ci sono differenti liste formate da differenti partiti, a volte come nel caso del Partito Giustizialista, fazioni dello stesso partito possono presentare liste concorrenti, il che rende praticamente impossibile calcolare la forza di un partito a livello nazionale.
Il Democracy Index dell’Economist Intelligence Unit classifica l’Argentina come una “democrazia imperfetta” al livello di paesi tipo Brasile, Colombia, Panama e Bulgaria.
Nelle prossime pagine, la storia politica del paese, i risultati elettorali recenti, i principali partiti politici ed i candidati alla presidenza.
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