Il ballottaggio in Guatemala, svoltosi la scorsa settimana, ha avuto un risultato per tutti i sondaggi più che scontato.
La sfida era tra Alejandro Giammattei, diverse volte candidato a capo di un partito della destra conservatrice, e Sandra Torres, del partito socialdemocratico Unione Nazionale della Speranza. Alejandro Giammattei ha vinto la sfida.
La Torres è una ”’moglie di”, e nella specie di Alvaro Colom, già Presidente del Paese centramericano dal 2008 al 2012. First lady piuttosto proattiva nella lotta contro la povertà, si era già candidata, a dire il vero, nel 2011, ma la Corte Costituzionale guatemalteca aveva rigettato la sua candidatura perché in violazione della legge che vieta la partecipazione alle elezioni ai parenti stretti di Capi di Stato – che anche dopo un mandato, non possono ricandidarsi. Non si era persa d’animo, e aveva quindi deciso di divorziare dal marito. Così, nel 2015 le venne permesso di candidarsi, ma fu battuta dalla destra populista di Jimmy Morales al ballottaggio.
Come si può notare, tra i candidati che non hanno ottenuto l’accesso al ballottaggio il centro-destra prevale; gli stessi elettori appaiono essersi riversati su Giammattei. Al contrario, diversi elettori della sinistra hanno scelto di non sostenere il volto fin troppo conosciuto della Torres. La partecipazione al voto al secondo turno è infatti stata molto bassa, al 40,4%, in calo di più di venti punti rispetto al primo.
E di nuovo viene battuta al ballottaggio. Il motivo è molto semplice. La maggioranza dei candidati con maggiori chance di arrivare al secondo turno sono rappresentanti del centro-destra anti-socialista. Chiaramente, al ballottaggio, i loro elettori si uniscono contro una possibile ipotesi di sinistra ”alla sudamericana” al potere. Gli altri partiti della sinistra, vicini alle minoranze indios, non hanno sostenuto la Torres che non ha ottenuto i voti di buona parte dei loro elettori.
Jimmy Morales, quattro anni fa, aveva promesso il cambiamento. Un comico, uno diverso dai politici politicanti. La sua Presidenza è stata una delle più impopolari della storia guatemalteca. Basti pensare che in queste elezioni il suo successore del Fronte di Convergenza Nazionale ha ottenuto un misero 4%, mentre quattro anni fa Morales, al primo turno, era quasi al 24. Il comico Morales è finito in una serie di scandali senza fine. Dapprima le accuse di relazioni piuttosto inquietanti con l’esercito, poi le inchieste su un presunto finanziamento illecito bloccate dall’immunità, poi la controversia nazionalista con il Belize per la porzione che vorrebbe annettere al territorio guatemalteco, infine addirittura accuse di violenza sessuale. Molto vicino agli USA repubblicani, sostenitore della pena di morte, fautore dello spostamento della capitale israeliana.
La ripartizione dei dipartimenti tra Torres e Giammattei. Sembra esserci una coincidenza tra i territori, a Nord e a Sud, con maggiore insicurezza che però hanno votato Torres (sono anche le regioni più povere), e i territori centrali e la capitale (dove il tasso di violenza e povertà è minore) che hanno preferito Giammattei.
Lo sostituisce Alejandro Giammattei, anche lui di destra, anche lui sostenitore della pena di morte, anche lui iper-nazionalista, anche lui omofobo e antiabortista. Un passato come Direttore del Sistema Penitenziario guatemalteco, poi finito in carcere per un periodo a causa dell’irruzione della polizia in un istituto finito in ”autogestione”, irruzione che provocò la morte di taluni detenuti e civili. Insomma, i valori vincenti in Guatemala rimangono gli stessi, con un’unica differenza. Giammattei non è un comico, un parvenu della politica, ma un politico di lungo corso già candidato altre tre volte. Un’esperienza che agli occhi degli elettori, impauriti dal tasso di violenza che tuttora ammorba il Paese, ha pagato. Ammalato di sclerosi multipla, padre di tre figli, promette ordine e sicurezza, secondo lui fattori chiave per evitare l’emigrazione verso gli USA. Si vedrà se la svolta a destra della nazione centroamericana sarà più incisiva di quella dell’era Morales.
Altre notizie dall’estero:
GIAPPONE – Dopo le elezioni della Camera Alta che hanno visto il partito di Shinzo Abe, unito alla destra religiosa – secondo alcune accuse, anche da molti smentite, vicina a certi elementi della Soka Gakkai -, ottenere di nuovo la maggioranza assoluta dei seggi ma non i 2/3 necessari a cambiare la Costituzione, il sempiterno Abe, a capo della premiership più lunga della storia giapponese recente, né sconfitto né vincente, promette di voler comunque tentare i propri progetti di riforma costituzionale, volti ad eliminare il principio pacifista della carta giapponese e così riuscire ad avere una politica estera più attiva e, se necessario, aggressiva.
TUNISIA – A seguito della morte dell’ultranovantenne Beiji Essebsi, uno dei padri della rivoluzione tunisina, Presidente democraticamente eletto che ha permesso al Paese di sfuggire ai tristi destini di conflitto della Libia e dello Yemen e a quello del ritorno della dittatura dell’Egitto, le elezioni presidenziali sono state riprogrammate a data anticipata. Sì perché le stesse, che dovevano tenersi a novembre – Essebsi aveva cercato di resistere dopo un primo infarto in coincidenza con un attacco terroristico nel Paese, ma non è durato a lungo -, sono state spostate a settembre, in virtù del termine massimo di 90 giorni entro cui il sostituto di Essebsi, il socialdemocratico secolarista Presidente della Camera Mohammed Ennaceur, può restare in carica secondo Costituzione. Per questa settimana è tutto.Con l’augurio di un buon proseguimento di vacanze estive, salvo sorprese – oltre alla caduta del Governo nella nostra ITALIA – il prossimo episodio della rubrica tornerà a settembre.Skorpios
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