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IL MAPPAMONDO – Il 2017 termina con una Liberia diversa (e una Catalogna divisa)

LIBERIA

Il 2017 finisce con una Liberia diversa dopo il governo, durato undici anni, del Premio Nobel Ellen Johnson Sirleaf.

Diversità non per forza positiva: vince George Weah, famoso in Italia per essere un ex calciatore del Milan, e che si è preso i complimenti di molti esponenti del mondo del calcio.

Weah non è un nuovo volto della politica liberiana: era già stato candidato nel 2005, venendo sconfitto dall’attuale Presidente Ellen Johnson Sirleaf, Premio Nobel per la Pace, economista, e acerrima nemica dell’ex sanguinario dittatore Charles Taylor, ora detenuto dopo una condanna a cinquant’anni di reclusione all’Aja, attiva in prima linea per una transizione pacifica. Sirleaf ha poi governato per ben undici anni la terra promessa che  un tempo fungeva da rifugio per i discendenti degli Africani schiavizzati negli Stati Uniti. In undici anni, la Presidente uscente ha plasmato profondamente il volto della Liberia, trasformandola in un Paese libero e democratico. Il suo Governo ha azzerato il debito e ha determinato con le sue politiche l’aumento della crescita, ha insediato una commissione d’inchiesta per far luce sui crimini commessi dal regime di Taylor, e ha migliorato le relazioni diplomatiche sia con i Paesi vicini dell’Africa guineana, sia grazie a una politica dei due forni con Cina e Stati Uniti. Le sue riforme sono state premiate con una rielezione nel 2011. Ma, in seguito all’epidemia di ebola che ha colpito la zona, l’economia ha subito un impatto non indifferente, la disoccupazione è tornata ad aumentare, e il suo partito ha perso consensi, calo determinante per la sconfitta del suo candidato Joseph Bokai, proprio a favore di quel George Weah battuto nel 2005 grazie all’accusa di essere un “calciatore ignorante“.
In questi anni, Weah ha studiato, si è laureato ed è diventato senatore nel 2014. Grazie a una campagna elettorale in parte populista è riuscito ad avere il favore degli elettori al primo turno, ma, nel secondo turno, lo ha premiato la sua scelta strategica di avere l’appoggio degli ex seguaci di Taylor, ma anche del candidato Prince Johnson. Un patto col diavolo: Johnson avrebbe promosso la tortura (il taglio delle orecchie, in particolare), e poi ordinato l’esecuzione dell’ex dittatore Samuel Doe, per prenderne il posto, poi invero ottenuto da Taylor.
Nazionalisti e conservatori insieme a una candidatura all’apparenza indipendente, in realtà molto mischiata con la vecchia politica. Chissà se la Liberia vedrà un cambiamento in positivo.

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