Angela Merkel ha detto addio. E lascia dietro di sé un vuoto che appare incolmabile. In poche settimane le cose in casa PPE sono a dir poco precipitate. L’ex Cancelliera abbandona la sua CDU dilaniata da una lotta fratricida e il suo PPE ormai apparentemente senza una bussola.
La nuova “Lady di Ferro” appare tutto d’un tratto esser stata l’ultimo esponente dello storico pensiero cristiano-democratico, l’ultimo leader del centro-destra moderato europeo, nonché l’ultimo degli statisti facente riferimento ad un conservatorismo attento al sociale. Questa stessa grandezza però sembra non aver permesso eredi sia in patria che in Europa.
Papa straniero di un partito adagiato per troppo tempo sugli allori di una leadership che ogni falla copre, consegna ai posteri una Unione Europea tanto incompiuta quanto a rischio disgregazione.
Il PPE ha coperto le proprie ventennali mancanze attraverso la sua autorevole figura. Ed è cosa piuttosto lampante se consideriamo la deriva alla quale stiamo assistendo in mezza Europa. Parafulmini per i suoi detrattori, panacea di tutti mali per i suoi adepti. Dopo ben 16 anni di regno merkeliano è emersa in tutta la sua evidenza la mancanza da parte dei popolari europei di una idea della società e dell’individuo identitaria rispetto a quanto avvenuto in passato.
A partire dalla Norvegia, infatti, l’Høyre (partito partner del PPE) ha perso in favore del Partito Laburista. La CDU in Germania è uscita con le ossa rotte dall’ultima tornata elettorale. In Romania il PNL di Florin Cîțu ha subito la sfiducia da parte Parlamento. Mentre in Austria Sebastian Kurz è stato travolto da un’inchiesta giudiziaria ed è stato costretto alle dimissioni.
È proprio per questo motivo che, a meno di pesanti scossoni, il Partito Popolare Europeo potrebbe ritrovarsi ben presto a governare soltanto Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Slovacchia e Slovenia. Insomma, un terremoto politico senza precedenti per il nostro continente.
Nella nostra ultima analisi abbiamo cercato di spiegare come, dati alla mano, il PPE fosse diventato l’anello debole della destra europea, facendo la fortuna, grazie al suo calo repentino, delle forze politiche di Centro-Sinistra. Abbiamo raccontato anche di come sia ERC che ID godano tuttora di ottima salute quasi in tutta l’Unione Europea. Ebbene, è proprio questo fenomeno che andremo di seguito ad indagare ulteriormente.
Occorre anzitutto premettere che appare sempre più lampante come a crollare non sia propriamente il PPE tout court quanto la sua componente urbana e quindi maggiormente moderata. E sta accadendo così velocemente che potrebbe essere possibile azzardare una escalation quantificabile nell’ordine dei mesi, con relativo spostamento su posizioni sempre più conservatrici se non, addirittura più populiste che popolari.
Dopodiché, come già da noi dimostrato con la vittoria di Joe Biden, infatti, è stato possibile constatare come in Occidente sia difatti cambiato completamente Paradigma. Agli occhi di un mondo in piena pandemia, nonché in piena crisi Climatica ed economica, è parsa più convincente la ricetta dei Democrats rispetto a quella del nuovo Grand Old Party dello sconfitto Donald Trump.
È così che l’elettorato urbano, quello mediamente più giovane, maggiormente istruito e più benestante, sembra abbia smesso di rivedersi in derive, anche impercettibili, da destra estrema. Esso considera le istanze proprie dei sovranisti non più prioritarie. E se, come appena affermato, i partiti nazionali che fanno riferimento da tempo alle due famiglie politiche alla destra del PPE sono pressoché stazionarie, è anche vero che le nuove formazioni proliferano meno e sfondano meno dal punto di vista elettorale. In questo dato periodo storico la narrazione emotiva che punta alle paure dei cittadini è stata soppiantata da una ben più reale: la paura di morire per COVID-19. Ma non solo.
In Germania, per esempio e non a caso, la narrazione libertaria avviata da Joe Biden e dai Democrats contro quei Paesi che a loro modo di vedere calpestano i Diritti Civili è stata ben che utilizzata in campagna elettorale proprio contro la CDU, rea di aver guardato troppo spesso e troppo a lungo a Russia e Cina, seppur per colpa di dinamiche che concernono la sola economia o i meri scambi commerciali. E la stessa cosa accade un po’ dappertutto.
Ovviamente tutto questo cambio di Paradigma non sarebbe possibile senza una riscrittura di quello che è il progressismo europeo in chiave moderna. Ed ecco perché, una volta palesatisi contenitori politici dai punti programmatici maggiormente identitari, prioritari ed accattivanti, l’elettore urbano ha abbracciato la possibilità di sostenere quantomeno le istanze a suo modo di vedere propriamente più allettanti dei partiti progressisti. Quelle che guardano al futuro, che infondo speranza, che aiutano a sognare. Quelle positive e propositive. Anche quando questi partiti si fan megafoni di un ritorno a battaglie che si credevano superate perché stigmatizzate come novecentesche.
È ormai possibile affermare come la assai diversificata e complementare base programmatica delle tre grandi famiglie politiche progressiste della Unione Europea sia attualmente potenzialmente molto più competitiva di quella popolare-conservatrice-sovranista, perché in grado di leggere i cambiamenti epocali in atto nel mondo.
Soprattutto in Paesi che prevedono un sistema elettorale proporzionale paga generalmente di più la diversificazione e la capacità di lettura di una cittadinanza sempre più stratificata e con esigenze sempre più differenti.
Non a caso la SPD, pur non essendo per l’appunto un partito di centro, ha continuato anche con Olaf Scholz la sua lotta alla conquista di quello che un tempo fu il “Nuovo Centro” tanto caro a Gerhard Schröder. Una lotta di mero posizionamento al centro della politica tedesca.
Ma, proprio perché molto spesso appartenente ad una classe media pesantemente colpita, e pesantemente impaurita dalla perdita del potere d’acquisto, l’elettore moderato ha deciso di cambiare, mettendo da parte altre paure come quella dello straniero, del migrante.
E, cionondimeno, anche i Grüne e FDP hanno saputo lavorare nella stessa direzione sulla base di quelle che sono le proprie peculiarità: primato della lotta ai cambiamenti climatici e primato dei diritti civili. Questi due partiti sommati hanno sbaragliato la concorrenza, SPD inclusa, tra i neo-elettori e tra gli under-30. Dinamiche che paiono comuni a molte realtà comunitarie. Basti pensare alle % delle quali gode proprio in Italia la creatura politica di Carlo Calenda tra gli under 35.
Quindi, considerata la legittimazione fornita dagli States, l’elettorato europeo non sembra più disposto ad accettare politiche austere, offerte al ribasso su redistribuzione della ricchezza, welfare, diritti sociali e ambiente. Non perdona più scricchiolii sul versante pandemia. Il diritto alla salute, per esempio, è sentito come non più negoziabile. Tutto ciò risulta evidente nei punti programmatici della nascente Coalizione Semaforo in Germania.
Quanto ai conservatori ed ai sovranisti, come già accennato, il ragionamento è tuttavia diverso, perché intercettano ed interpretano le istanze di una cittadinanza meno istruita, più emotiva, più fragile economicamente e socialmente.
C’è un però: come è facile intuire tali dinamiche colpiscono più i Paesi con un PIL pro-capite più basso ed a più basso tasso di alfabetizzazione. Quasi sempre a Sud e ad Est della nostra Europa. Eccezion fatta, forse, per le realtà Baltiche.
Cosa accadrà in futuro? Il PPE potrebbe spostarsi definitivamente a destra? Non è dato saperlo con certezza. Tuttavia una cosa è certa: le forze di ERC (ed in parte di ID, a seconda del Paese in questione) rappresentano oggi la ‘vera’ destra mondiale, quella angloamericana, quella che ha egemonizzato il Pianeta negli ultimi 40 anni con narrazioni sempre più estreme col passare del tempo, mentre il PPE sembra essere una anomalia tutta europea. E questo significa che ERC e ID potrebbero ancor più offuscare il PPE, già stretto alla propria sinistra da S&D, Renew e G/EFA. Una morsa che potrebbe rivelarsi letale negli anni che verranno.
Potrebbe accadere, alla lunga, che il PPE venga del tutto fagocitato elettoralmente sia per una questione di offerta politica meno chiara e meno incisiva rispetto al passato e rispetto ad ECR e ID, sia per una questione di lettura della società attuale.
Se il PPE non cambia, rivolgendosi ad un target più realistico, se non riscopre una storia che affonda le proprie radici in Adenauer, De Gasperi e Schumann, tornando a proporre un’idea di destra europea alternativa a quella angloamericana, rischia di vedersi scavalcato.
Perché è meno puntuale di ECR e ID rispetto alle richieste di quella parte di elettorato più impaurito, e meno puntuale di S&D, Renew e G/EFA rispetto alle richieste di un elettorato che vuole tornare a sognare. E, soprattutto, perché rischia di perdere rappresentanza nelle Confindustria di mezza Europa. Rischia di non riuscire più a rappresentare la classe imprenditoriale europea. Il PPE, per succitato motivo, rischia altresì di finire schiacciato a causa di una mancanza di proposta politica in grado di tenere assieme un elettorato sempre più povero e una classe imprenditoriale sempre meno competitiva e scottata da anni di mancata crescita.
Tale fenomeno è sotto gli occhi di tutti, non solo oggi in Germania ma, anzi, ha visto il suo inizio soprattutto in Italia con Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi. Partito non più in grado di intercettare i due elettorati principali, e ridimensionatosi notevolmente rispetto a soli 10 anni fa con la crescita monstre di Fratelli d’Italia (ERC) e della Lega (ID). Programmi politici che non riescono più a tenere assieme parti di una società ormai troppo lontane tra di loro a causa di una disparità sempre più esacerbata.
Eppur qualcosa potrebbe muoversi, qualcosa appare cambiare finanche in Francia, nonostante l’indubbio strapotere del Liberale Emmanuel Macron, e nonostante l’importante crescita del nuovo uomo della Destra Estrema Éric Zemmour. Perché a pochi mesi dalle Presidenziali i Repubblicani sono chiamati a scegliere tra tre importanti esponenti politici che potrebbero arrivare quantomeno al ballottaggio. Uno su tutti, Xavier Bertrand, è dato da uno degli ultimi sondaggi transalpini testa a testa al ballottaggio con lo stesso Macron. Il problema, tuttavia, è arrivarci.
Bertrand è giustappunto un esponente della destra moderata, più volte Ministro, attento alle politiche aociali, ed una sua eventuale vittoria potrebbe riportare il PPE su posizioni da destra europea storica. Quella che in Francia ha sempre fatto riferimento a Charles De Gaulle. Bertrand, per farla breve, è talmente popolare in Patria che potrebbe godere del voto utile, quello da Patto Repubblicano, di molti elettori progressisti. Anche e soprattutto in chiave anti-macroniana e, quindi, in funzione del ritorno ad un dualismo destra vs. sinistra. Repubblicani vs. Socialisti.
Tale scenario comporterebbe il ritorno alla dicotomia consueta europea di un tempo. E potrebbe evitare alla destra moderata una pesante sconfitta alle prossime Elezioni Europee. Proprio ora che, stando alle stime del simulatore di Politico.eu, S&D è giustappunto passato in testa dopo diversi anni passati ad inseguire affannosamente.
La perdita della leadership europea terrorizza i popolari: la marginalizzazione politica nei due Paesi portanti della nuova Unione Europea ormai orfana della Gran Bretagna. Considerato che, qualora Bertrand perdesse ed in Germania andasse in porto definitivamente in porto la Ampel-koalition, perderebbero del tutto rappresentanza al Consiglio Europeo, ‘governando’ solo piccola parte della popolazione. Se fosse così, anche riuscissero a risultare primo partito, non potrebbero esprimere il prossimo Presidente della Commissione, in virtù del fatto che in questo dato momento avremmo socialdemocratici e liberali a ‘capo’ dell’Europa.
Ai popolari non aiuta nemmeno l’attuale scenario italiano con la Presidenza del Consiglio nelle mani dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi. Capo di un Governo trainato dal maggior peso parlamentare delle formazioni del nuovo Centro-Sinistra. Ma, nonostante le ultime Elezioni Comunali abbiano registrato anche da noi segnali in continuità con quelli che vanno palesandosi nel resto d’Europa, lo scenario è ancora a dir poco complesso, e i conservatori-sovranisti viaggiano sommati pur sempre al 40% circa.
Proprio il breve excursus di cui sopra su Forza Italia lascia intendere come in realtà, almeno nel breve periodo, la speranza francese appaia essere solo tale. La verità è che da noi, come in Spagna, le Forze che fanno riferimento al PPE hanno deciso di coalizzarsi con la destra più estrema con il rischio di finire per capitolare definitivamente sia dal punto di vista programmatico che elettorale.
Queste dinamiche potrebbero colpire sia i popolari tedeschi, se solo il bavarese Markus Söder riuscisse ad ereditare il posto di Armin Laschet, intavolando magari un dialogo con Alternative für Deutschland (avviato solo pochi mesi fa in Turingia e bruscamente fermato), sia quelli austriaci, se la ÖVP dovesse subire altre pesanti ripercussioni giudiziarie da costringere i Grüne ad una mozione di sfiducia e quindi al voto anticipato. In quel caso ai popolari austriaci non rimarrebbe altro che l’alleanza con FPÖ in contrapposizione a quella progressista, sulla falsariga di quella tedesca, con SPÖ-Grüne-NEOS.
La Merkel verrebbe accantonata in un battito di ciglia, senza aver lasciato la benché minima eredità, senza aver visto raccogliere quanto seminato in 16 anni. Sarebbe la fine dell’Europa per come l’abbiamo conosciuta fino a questo momento e la fine della destra moderata europea, la destra cristiano-democratica, liberale e repubblicana. La fine del Partito Popolare.
Vi sarebbe un pericoloso ed ulteriore smottamento a destra con tre Famiglie Europee che diverrebbero simili, ma che sarebbero poi in realtà profondamente diverse per storia ed idea di società, chiamate a contendersi lo stesso elettorato. E la cosa potrebbe causare non pochi malumori da convivenza. Mentre, dall’altra parte della barricata, ve ne sarebbero sempre tre (più GUE-NGL) a contendersi una platea abbastanza più eterogenea e composita.
Quanto all’ampiezza di tale platea è presto detto: nei Paesi con un più alto tasso di scolarizzazione e di benessere economico sarà più ampia, mentre laddove questi due fattori verranno a mancare avrà più vita facile la nuova destra composta da PPE-ERC-ID.
Pulsioni polacche e ungheresi permettendo. Paesi nei quali il PPE, quello europeista e tradizionalista di stampo merkeliano, è ancora vivo e ha fatto da tempo una scelta di campo contro i sovranisti. Opposta rispetto alle derive proprie delle Alt-Right e rispetto alle stesse derive che sempre più contraddistinguono, appunto, troppi partiti appartenenti allo stesso PPE.
Luigi De Michele
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