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IL MAPPAMONDO – Nella Bulgaria spaccata tra cambiamento e Bojko Borisov, per ora è stallo politico

di Skorpios

BULGARIA

Si sono tenute le elezioni parlamentari nella Repubblica di Bulgaria, che hanno visto, come noto, primeggiare il partito di centro-destra Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (GERB) del sempiterno Primo Ministro Bojko Borisov.

Borisov, tuttavia, ha perso circa sette punti percentuale rispetto alle ultime elezioni, con il risultato che si trova attualmente nell’impossibilità di formare una maggioranza stabile. Anche l’opposizione socialdemocratica del BSP è crollata, certificando così un disastro totalmente inedito dei partiti tradizionali.

Per ogni dettaglio relativo alla situazione politica bulgara prima delle elezioni, si veda l’articolo della rubrica Giramondo. 

Molti elettori dei partiti tradizionali hanno scelto l’astensione. L’affluenza, già bassa nel 2017 (54%), si è arrestata intorno al 49%. Il sistema elettorale bulgaro è un proporzionale con liste bloccate con soglia di sbarramento al 4%.

Vincono i partiti nuovi che hanno capeggiato le recenti proteste contro la corruzione imperante, che si sono svolte in tutto il Paese. Trattasi del partito del filone movimenti populisti anti-corruzione e pro-democrazia  C’è un Tale Popolo (ITN) del cantante folk Slavi Trifonov, che ha ottenuto un risultato sorprendente, ottenendo la medaglia d’argento e sbaragliando ogni previsione; Bulgaria Democratica, ambientalisti liberali di centro-destra ma lontani dal modo di fare politiica del premier Borisov; In Piedi, Vattene Mafia! degli anti-corruzione (con posizioni più a sinistra, mentre ITN è su posizioni più conservatrici) dell’ex ombudsman Maya Manolova;..

Sempre nella schiera dei partiti tradizionali c’è invece il Movimento per i Diritti e le Libertà, che rimane stabile migliorando di poco (DPS), il partito centrista rappresentativo della minoranza turca.

Primo partito per distretto (in azzurro GERB, in marrone DPS, in porpora il BSP), dall’alto, alle elezioni del 2014 e del 2017.

Partiti tradizionali contro partiti nuovi, che invocano una radicale svolta in una Bulgaria con uno degli indici di corruzione peggiori di Europa. E che invocano novità rispetto all’era Borisov, premier sin dal 2009, con qualche interruzione, di centro-destra ma populista, più filo-americano che filo-europeo, accusato di ammanicamenti con organizzazioni di dubbia legalità, per usare uno pseudonimo, e di essere responsabile politico della corruzione endemica del Paese balcanico. Quel Borisov, che da anni controlla i media, la magistratura e l’amministrazione bulgara, e che sembrava fino a poco fa imbattibile.

E che non è ancora sconfitto. Il Governo uscente era formato dal GERB e dal VMRO, formazione di estrema destra che, giudicata complice del sistema Borisov, sparisce ora dal Parlamento, ottenendo meno del 4% necessario per conseguire dei seggi.
Perché l’altra notizia è che in Bulgaria la destra nazionalista, dopo queste elezioni, rimane fuori dall’Assemblea Nazionale, subendo una sconfitta storica. Oltre a VMRO, gli elettori puniscono anche la destra filo-russa di Volya, che perde tutti i suoi seggi. E’ probabile che si sia trattato di un travaso degli elettori di questi due partiti sul movimento populista ITN di Trifonov.

Borisov aveva già ipotizzato di tentare di convincere il DPS, molto radicato nel Paese e incline al compromesso, a far parte di un governo. Ma così non può più essere. Ora, invece, punta alla salvezza personale, anche da tutti i problemi che un governo anticorruzione potrebbe costituire per la sua posizione.

Le alternative papabili sono tre:

1) Governo dei Partiti Tradizionali (magg. 121, seggi ottenuti 148): GERB-DPS-BSP, magari presieduto da un tecnico. Caldeggiata come migliore soluzione, attualmente, dallo stesso Borisov, ma difficile viste le diffidenze del BSP che non ha la velleità di sparire definitivamente dalla scena politica, e dall’opposizione del Presidente della Repubblica Rumen Radev, vicino al BSP e fiero nemico di Borisov nonché co-ispiratore delle proteste anti-corruzione degli ultimi mesi.

2) Governo del Cambiamento con appoggio, magari esterno, del BSP (magg. 121, seggi ottenuti 135): l’ipotesi al momento più papabile, ma anche quella più critica per Bojko Borisov, che vedrebbe i suoi rivali, forti del loro radicamento, e gli oppositori anti-corruzione, al governo insieme. Il BSP ha già ventilato l’ipotesi

Primo partito per distretto alle elezioni del 2021. I distretti di forte presenza turca sono roccaforte del DPS, e vi rimangono fedeli. A parte il distretto di Yanbol, a sud-est, tutti i distretti settentrionali al confine con Serbia e Romania e le aree rurali sul Danubio passano al GERB, non in una vera ottica di conquista, ma a causa dell’imponente sanguinamento di voti subito dal BSP. Sofia, capitale europea ed europeista, abbandona il GERB per i liberali europeisti del DB.

Trifonov Primo Ministro, e sembra più che disponibile. Ma le resistenze nei partiti anti-corruzione sono molte: non si fidano del BSP, che pure non ha dimostrato di eccellere, nella sua storia, in trasparenza e cultura della legalità.

 

3) Nuove elezioni entro pochi mesi: Piano B caldeggiato da Borisov. Bojko tenderebbe, secondo il giornale bulgaro Kapital, a dare via al fuoco con tutti i propri cannoni, magari in accordo con il DPS. Una campagna sferzante che smuoverebbe tutti i media, l’amministrazione e la magistratura a lui favorevoli e controllate dal GERB.

Un’ipotesi molto pericolosa per le opposizioni, che quindi devono trovare un accordo oppure accettare un enorme rischio.

Non è una passeggiata nemmeno per Borisov: non è la prima volta che non riesce a formare una maggioranza, ma è la prima volta che il suo potere apparentemente inscalfibile viene messo così a rischio. In nome di una cittadinanza sempre più stufa dello status quo.

 

 

 

 

Altre notizie:

ARMENIA – Dopo tante manifestazioni e tanta violenza, il premier Nikol Pashinyan cede alle proteste nazionaliste. Colpevole di avere voluto la pace, di non aver combattuto una guerra impossibile sacrificando migliaia di uomini contro la Turchia e l’Azerbaijan a tutela del Nagorno-Karabakh. Pashinyan si dimette, ma non lascia immediatamente il potere: porterà il Paese a nuove elezioni a giugno. Del resto, non poteva fare diversamente: a fine febbraio, i vertici militari avevano “caldamente” insistito, in quella che sembra davvero una minaccia di golpe. 

SLOVACCHIA – Il Primo Ministro Igor Matovic, a capo del governo di centrodestra che comanda sul Paese dell’Europa centrale da marzo dell’anno scorso, si è dimesso a causa delle divisioni della propria coalizione, insanabili, sull’utilizzo del vaccino Sputnik V a prescindere dal parere EMA. Una decisione che ha demolito il  centrodestra slovacco dal profondo, e che ancora non è stata presa. Il nuovo Primo MInistro, che sostituisce Matovic, Eduard Heger, visto come un moderato del partito OL’aNO, deve ancora decidere, mentre l’Autorità nazionale di farmacovigilanza denuncia che il vaccino consegnato dalla Russia non sarebbe effettivamente quello su cui sono stati condotti i test. 

 

Per questa settimana è tutto.
Alla prossima elezione!
Skorpios

 

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