Si sono svolte in data 15 luglio le elezioni parlamentari in Macedonia del Nord. Salvo sorprese, il nuovo governo sarà formato dal Primo Ministro Zoran Zaev, e di nuovo con i partiti filo-albanesi, usciti di molto rafforzati dalla tornata elettorale.
Il voto era visto come un punto di possibile svolta rispetto al sotteso conflitto UE/NATO-Russia per la sfera d’influenza macedone.
Il background della consultazione elettorale è il seguente: dopo la caduta del quasi-dittatore sostenuto dalla Russia Nikola Gruevski,al potere per dieci anni dal 2006 al 2016, successivamente a un breve periodo di transito si erano svolte nuove elezioni, il cui esito aveva dato la vittoria al centro-sinistra europeista governato dall’oppositore dissidente Zoran Zaev.Gruevski è fuggito dal Paese nel 2018, per paura di conseguenze sulla propria persona (visti i processi che lo riguardavano incardinati a Skopje, tra accuse di appalti truccati ecc.), e si è rifugiato in Ungheria, dove è stato accolto in pompa magna dall’amico Viktor (Orban), che gli ha concesso l’asilo politico. Ad oggi i giudici ungheresi ne hanno rifiutato l’estradizione.
L’affluenza si è attestata al 52%. Un vero e proprio crollo, di ben 15 punti dall’ultima tornata elettorale, quando, appena caduto Gruevski, i fronti erano molto più “caldi”.
Il mandato di Zaev non si è rivelato comunque facile, in quanto, pur riuscendo a riportare la Macedonia nell’ottica filo-europea e filo-occidentale, ha dovuto indire il referendum per il cambio del nome in Macedonia del Nord, un passaggio necessario per accontentare il bambinesco nazionalismo greco. Il tutto con un quesito piuttosto suggestivo: “Sei a favore dell’ammissione come Paese membro nell’Unione Europea e nella NATO così accettando l’accordo con la Grecia?”. Così posto, il referendum è stato approvato con una maggioranza plebiscitaria di votanti, ma non ha raggiunto il quorum. Zaev ha fatto spallucce e ha cambiato il nome della Repubblica macedone.
Gli sforzi di Zaev e dei Macedoni, quantomeno per la membership UE, si sono però ad oggi rivelati vani. L’UE, impelagata in ben altre faccende, e timorosa di accettare Paesi instabili politicamente (con il rischio di nuove Ungherie) ed economicamente troppo diseguali, specialmente dietro freno francese, ha bloccato al momento il processo.
Un po’ per questo motivo un po’ per calmare il conflitto con l’opposizione del VMRO, Zaev si è dimesso nel 2019 e ha concordato con i filo-russi un percorso che avrebbe portato ad elezioni anticipate, trasparenti e a parità di armi, sotto la supervisione dell’attuale premier Oliver Spasovski, il quale prima di passare al SDSM era stato Ministro di Gruevski.
Le elezioni sono state effettivamente descritte dall’OCSE come libere e trasparenti, e a riprova di ciò ci sono i risultati piuttosto “vicini” di SDSM e VMRO, con una leggera predominanza del primo.
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