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Breve storia delle Elezioni Europee in Italia

1989

Le elezioni del 1989 si tengono il 18 giugno, mentre è già evidente l’ormai imminente collasso dei regimi comunisti dell’Est Europa (il muro di Berlino crollerà a novembre) e soprattutto mentre Tv e giornali continuano a trasmettere le immagini della rivolta di piazza Tien An Men, repressa brutalmente dal regime cinese. Il governo pentapartito guidato da Ciriaco De Mita è debole e litigioso, già si profilano i problemi economici (debito pubblico e lira debole) che porteranno alla crisi del 1992, ma l’occasione appare buona ai partiti di governo per annullare definitivamente la forza del Pci, che già ha ricevuto una batosta alle Politiche del 1987, scendendo di 3,5 punti, fino al 26,6 per cento. Il segretario Achille Occhetto tenta di difendersi come può (il film di Moretti “Palombella rossa” è una descrizione perfetta del momento storico), ma è troppo forte il fuoco incrociato che attribuisce al Pci tutte le colpe storiche del comunismo realizzato, dalla fame in Romania ai carrarmati cinesi. Il comunismo è quindi quasi l’unico tema della campagna elettorale, e l’attesa è per una disfatta del Pci.
L’affluenza è ancora molto alta, 81 per cento, ma l’esito è sorprendente: il Pci non crolla, anzi guadagna un punto rispetto alle politiche (27,6): il mondo “comunista”, anche quella alla sinistra del Pci, si è mobilitato per “salvare” il “partitone”, in sfregio all’arroganza delle forze di governo. Perde l’1,4 per cento invece rispetto al 1987 la Dc, che si ferma a un nuovo minimo storico, 32,9. Il Psi, che avrebbe dovuto essere il beneficiario del collasso del Pci, raggiunge quello che (fatta eccezione per le elezioni all’Assemblea costituente del 1946), si rivelerà il suo massimo storico: 14,9, in lieve crescita rispetto al 1987. Ma la delusione di Craxi e dei suoi è notevole. Collassa l’unione Pri-Pli, che si ferma al 4,4 per cento, in caduta libera rispetto a due anni prima. Il Movimento sociale in crisi raccoglie il 5,51 per cento, in calo dalle Politiche dove già aveva perso un altro punto.
Spuntano invece due novità importanti: le liste Verdi, divise in due (Arcobaleno e Sole che ride) ottengono complessivamente il 6,2 per cento, quasi 4 punti in più delle Politiche. E fa capolino con il suo 1,4 per cento la Lega Lombarda, che triplica i voti rispetto a due anni prima. Sembra ancora una forza trascurabile, invece… In generale, queste elezioni mostrano un’incrinatura sempre più marcata tra le forze politiche storiche della Prima repubblica (Pci compreso, che dopo la caduta del muro dovrà cambiare nome) e opinione pubblica. Sintomi all’epoca trascurati, che invece denunciavano un male sempre più diffuso

1994

Achille Occhetto e Massimo D’Alema, che si daranno il cambio alla guida del Pds a causa dell’esito delle Europee ’94.

In cinque anni è cambiato tutto. Dc, Pci e Psi, travolti da Tangentopoli e dalla fine del “comunismo reale”, sono scomparsi e hanno lasciato il posto a Ppi e Pds. La Lega è diventata una grande protagonista della politica nazionale, ma soprattutto è arrivato il ciclone Forza Italia, il partito creato da Silvio Berlusconi, a sconvolgere la politica nazionale. Il 27 marzo le elezioni, le prime con un sistema maggioritario, hanno visto una travolgente affermazione del centrodestra, con Forza Italia alleata a Nord con la Lega, e al Sud con Alleanza nazionale, il partito di Gianfranco Fini nato dalle ceneri del Msi. Dopo qualche turbolenza, il governo nasce e il 12 giugno, data delle Europee, il Paese è in piena “luna di miele” con Berlusconi. E i risultati nelle urne si vedono, anche grazie a un’astensione che colpisce in prevalenza a sinistra, e che porta l’affluenza a un modesto (per l’epoca) 73 per cento.

Forza Italia, che alle Politiche aveva ottenuto il 21 per cento, balza al 30,6 per cento. Tiene su alti livelli Alleanza nazionale (12,5, in calo di un punto rispetto a due mesi prima) mentre soffre la Lega (da 8,4 a 6,6). Il Pds, erede del Pci, in pieno marasma dopo l’inattesa sconfitta del 27 marzo, subisce un’altra battuta d’arresto, ottenendo solo il 19,1 per cento, perdendo più di un punto rispetto al già modestissimo 20,4 per cento raccolto alle Politiche. Un risultato che porta alle inevitabili dimissioni di Occhetto, poi sostituito da Massimo D’Alema. Inchiodati su quote modeste anche gli altri partiti della coalizione di sinistra (Rifondazione al 6,1, stabile; Verdi al 3,2, in crescita marginale; Socialisti e Rete tra l’1 e il 2 per cento). Ma i veri sconfitti sono i Popolari e il Patto Segni, che hanno cercato di costituire un “terzo polo” e, in due avevano ottenuto solo il 15,7 per cento alle Politiche. Ora raccolgono poco più del 13, ed è il segnale del “rompete le righe”: metà di loro guarderà a destra, metà a sinistra, ma la storia del partito cattolico democratico finisce sostanzialmente qui. Brutta performance anche per i Radicali, dal 3,5 di marzo al 2,1 di giugno. Curiosità: siamo alle ultime apparizioni di partiti storici ormai superati dallo spirito del tempo: il Pri prende lo 0,74, il Psdi lo 0,69.
Anche queste elezioni danno un segnale ingannevole: Berlusconi trionfa, ma in pochi mesi il suo governo crollerà e il Cavaliere perderà anche la maggioranza nel Paese, dopo la rottura con la Lega. Resta un dato: contrariamente al 1979, stavolta due elezioni, Politiche e Europee, molto ravvicinate hanno dato esiti piuttosto diversi. L’elettorato è sempre più mobile e influenzabile.

1999

Logo della Lista Bonino, la grande sorpresa delle Europee 1999.

Le elezioni del 1999 si svolgono il 13 giugno, in un periodo relativamente tranquillo per la politica italiana. Il centrosinistra, vincitore delle Politiche del 1996, ha cambiato cavallo in corsa: D’Alema, tra mille polemiche, ha preso il posto di Prodi a Palazzo Chigi. Ma l’evento non sembra aver provocato terremoti nell’opinione pubblica. L’economia va molto bene, l’opposizione di destra, ancora divisa, pare tuttora intontita dalla batosta di tre anni prima. Un mese prima è stato eletto al primo scrutino Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con il voto favorevole di tre quarti del Parlamento: una indiscutibile vittoria politica di D’Alema. Non c’è grande mobilitazione (infatti l’affluenza cala al 69 per cento) anche se il voto è una prova importante per il centrosinistra, superata con un certo affanno, non del tutto previsto.
Il Pds perde infatti 4 punti rispetto al 1996, passando dal 21,1 al 17,3. I Democratici, o per meglio dire l’Asinello, partito prodiano, ha un’ottima affermazione al 7,7 per cento, mangiandosi Rinnovamento italiano di Dini (1,1 per cento, era al 4,3 tre anni prima) e i Popolari (4,2 per cento, erano al 6,8). Rifondazione comunista si è scissa in una formazione filogovernativa, il Pdci, guidata da Diliberto, che prende il 2 per cento, e quella “classica” diretta da Bertinotti, che prende il 4,3. Verdi ai minimi con l’1,8 per cento, in calo di quasi un punto. Volendo aggiungere l’Udeur di Mastella, all’1,6 per cento, le forze di governo totalizzano circa il 35 per cento. Poco.
Ma anche a destra le cose non vanno benissimo: Forza Italia raccoglie un buon 25,2 per cento (quasi +5 rispetto a tre anni prima), una crescita tutta a scapito di Alleanza nazionale che, pur alleata con il Patto Segni, supera a fatica il 10 (-5 rispetto al 1996). La Lega è in risacca: dal clamoroso 10  per cento di tre anni prima, quando si era presentata da sola, scende al 4,5. Cdd e Cdu sommati prendono poco meno del 5, ma il primo tende al centrodestra, il secondo vota con il centrosinistra.
E i voti mancanti dove sono finiti? In direzione dell’unico partito fuori dai blocchi, che ha fatto una campagna elettorale molto ben riuscita, proponendo come front-woman una leader storica, Emma Bonino. I Radicali avevano inscenato un grande battage propagandistico per candidarla alla Presidenza della Repubblica, e dopo l’elezione di Ciampi questa campagna d’opinione è stata utile per promuovere la Lista Bonino, che si propone come unica vera novità e raccoglie anche il voto di protesta. Pesca a sinistra, per l’accento messo sui diritti civili, e a destra, per le tesi liberiste (la Bonino era stata nominata Commissario europeo dal governo Berlusconi). Il risultato finale è un clamoroso 8,45, massimo storico dei Radicali in Italia. Ma si rivelerà anch’esso un successo effimero, come già in passato avvenuto alle Europee. E come anche avverrà in futuro.

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