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Breve storia delle Elezioni Europee in Italia

2004

Le Europee di quest’anno si svolgono tre anni dopo il grande successo elettorale di Silvio Berlusconi nel 2001, che dirige un governo stabile e abbastanza coeso, ma che divide in due il Paese. Siamo all’acme della divisione tra “berlusconiani” e “antiberlusconiani”,  e il centrosinistra decide di trasformare le Europee in una prova di forza che dimostri che il governo ha perso il sostegno popolare. Su ispirazione di Prodi, i Ds (che hanno preso il posto del Pds) e la Margherita (in cui sono confluiti Democratici e Popolari) si presentano in una lista unica, Uniti per l’Ulivo, embrione del futuro Pd, per ottenere il primo posto. Tra i candidati spiccano due nomi di prestigio del giornalismo nazionale, Michele Santoro e soprattutto Lilli Gruber. Il 12 giugno la prova di forza però riesce solo in parte. Uniti per l’Ulivo

Manifesto elettorale del 2004: Lilli Gruber è capolista in Uniti nell’Ulivo.

prende il 31,1 per cento, quasi esattamente la somma di Ds e Margherita tre anni prima. Si sperava di più. Il buon risultato della sinistra è comunque rafforzato dai Verdi (2,47), dai Comunisti italiani (2,42) e dall’Udeur (1,29) tutti o quasi in lieve crescita. L’Italia dei Valori, che con il 3,84 per cento era stata decisiva per la sconfitta del centrosinistra alle Politiche, si presenta nella veste Lista Di Pietro-Occhetto, raccogliendo un misero 2,14. Buon risultato anche di Rifondazione che passa dal 5 al 6,1. Tutte insieme queste forze, come si vede, superano il 45 per cento.

Dall’altra parte la sconfitta è abbastanza netta: Forza Italia passa dal 29 per cento del 2001 a un modesto 20,9. Alleanza nazionale cala dal 12 all’11,5 per cento, la Lega Nord sale dal 4 al 5. La sorpresa di questa tornata è l’Udc, che si innalza l 5,9 per cento, raddoppiando la percentuale rispetto a tre anni prima. Bene che i Socialisti, all’epoca schierati nel centrodestra, che passano dal’1 al 2. I Radicali si sgonfiano rispetto all’exploit del 1999, e si fermano al 2,25, percentuale identica a quella ottenuta alle Politiche. La stanchezza dell’elettorato verso il berlusconismo è palpabile, anche se non travolgente, e anche l’affluenza piuttosto alta (71,7 per cento) conferma che il governo sta perdendo consenso. Ma per il vero collasso elettorale del centrodestra bisognerà aspettare le Regionali del 2005. Le Europee si rivelano un colpo a salve, che non riesce a scalzare Berlusconi dal potere.

2009

In cinque anni, ancora una volta, è successo di tutto. Berlusconi, detronizzato nel 2006, è tornato al potere nel 2008 più forte di prima, dopo due anni di litigioso e inefficace governo delle sinistre. Ds e Margherita si sono fusi nel Pd, che però sta vivendo un periodo difficile. Dopo la sconfitta alle elezioni, Veltroni, sempre più oggetto di critiche all’interno del suo partito, è stato costretto alle dimissioni dopo aver perso anche le Regionali in Sardegna di febbraio. Mentre si prepara un congresso che molti ritengono l’anteprima di una scissione tra ex Dc ed ex Pci, la barra del comando è passata a Dario Franceschini che, con grande generosità, fa quel che può per tenere unito il partito. Nel frattempo, il governo Berlusconi è in piena luna di miele. La violenta crisi economica non ha ancora inciso sul suo consenso, e anzi il terremoto dell’Aquila di aprile non fa che rafforzare il Cavaliere, che con grande senso della propaganda fa costruire rapidamente casette nelle “new town” per gli sfollati. Le previsioni sono di un trionfo per il Pdl (il partito nato dalla fusione di Forza Italia e Alleanza nazionale) e di un collasso per il Pd.
Il 6 giugno però le cose vanno diversamente. Il Pdl vince, ovviamente, ma, complice anche un’affluenza che scende al 65 per cento, ottiene solo il 35,3 per cento, due punti in meno del risultato ottenuto un anno prima. E dire che alcuni sondaggi pronosticavano un risultato sopra il 40. Il Pd si “salva” con il 26,1, molto in ribasso rispetto al 33,2 per cento dell’anno prima, ma si temeva peggio. Buona parte dei voti del Pd vanno all’Italia dei Valori, che passa dal 4,3 per cento del 2008 all’8 per cento, sfruttando il filone “giustizialista” che avrà presto altri più spregiudicati seguaci. A destra invece va bene la Lega, che arriva al 10,2 nazionale (un record), quasi 2 punti sopra le Politiche. L’Udc, che era fuori dai blocchi, sale dal 5,6 al 6,5. La sinistra, dopo la catastrofe della Lista arcobaleno (che aveva ottenuto nel 2008 un terribile 3,1 per cento), torna a quote più consone: Rifondazione raggranella il 3,4, Sinistra e libertà, la scissione “governista” di Vendola, il 3,1. I Radicali ottengono il solito 2,4. In generale, si tratta di un voto di stabilità, che però mostra qualche incrinatura nella forza del centrodestra, di cui alcuni analisti si erano già spinti a predire l’imbattibilità elettorale per molti anni. Previsione incauta, come la storia dimostrerà.

2014

Europee 2014: Matteo Renzi festeggia il clamoroso successo che porta il PD a superare il 40%.

Ancora una volta, le Europee arrivano in un quadro politico rivoluzionato rispetto all’ultimo appuntamento. Nel 2011 ci sono state una terribile crisi finanziaria e il governo “lacrime e sangue” di Monti, che hanno avuto come effetto di ridurre ai minimi il centrodestra, e di favorire la nascita di un movimento populista, giustizialista e favorevole alla democrazia diretta, vale a dire il Movimento 5 stelle. Le elezioni del 2013 hanno visto un sostanziale pareggio tra centrosinistra, centrodestra e M5s, ma il centrosinistra per 120 mila voti in più ha ottenuto la maggioranza alla Camera, ma non al Senato. Un anno dopo lo scontro è polarizzato: da una parte il M5s, che incassa il dividendo di essere quasi unica opposizione a un governo tra Pd e fuoriusciti di Forza Italia; dall’altra appunto il Pd, che a febbraio ha portato a Palazzo Chigi il giovane leader del partito, Matteo Renzi, che si conquista la scena con uno stile di governo più deciso e attento alla comunicazione, e mette in cantiere una misura estremamente popolare, gli “80 euro”. La campagna elettorale è molto tesa, il Paese sta a fatica riprendendosi dalla crisi  e il M5s, sotto la guida esagitata e sanguigna di un Beppe Grillo mai così leader, sembra destinato a fare sfracelli, a mettere in discussione tutte le sicurezze del sistema Paese, a fare una sorta di “rivoluzione” che porterebbe magari anche all’uscita dall’Europa e dall’euro. Piano piano lo scontro diventa una sorta di referendum tra riforme e continuità, impersonate dal Pd di Renzi, e rivoluzione e avventura, promesse da un Grillo che si proclama “oltre Hitler”, con la destra fuori gioco.
La polarizzazione danneggia il M5s ed esalta il Pd, che il 25 maggio, grazie anche a un’affluenza mai così bassa (57,2 per cento), esce trionfatore dalle urne. Il partito di Renzi ottiene un clamoroso 40,8 per cento, ben 15 punti in più del risultato di Bersani un anno prima. Si è riversato su Renzi anche quasi tutto il polo centrista guidato da Monti, che alle Politiche aveva raccolto il 10,6. Il M5s si ferma al 21,2, un dato che obiettivamente va letto come un “consolidamento” rispetto all’improvviso 25,6 dell’anno prima, ma che provoca grande delusione nei militanti grillini. Agli altri restano le briciole: Forza Italia (tornata con il suo vecchio nome dopo lo scioglimento del Pdl), si ferma al 16,8, quasi cinque punti in meno rispetto al risultato del Pdl un anno prima. Però non è un totale insuccesso: il partito di Berlusconi è riuscito ad ammortizzare la scissione dei suoi gruppi parlamentari, guidati da Alfano: il partito dell’ex delfino del Cavaliere, alleato con l’Udc di Casini, raccoglie un modestissimo 4,39 per cento. Risale timidamente la Lega, che nel 2013 si era fermata al 4,1, e ora, sotto la guida di Salvini, guadagna due punti. Bene anche Fratelli d’Italia, che passa dal 2 al 3,69, senza però superare lo sbarramento del 4 per cento. Riesce a superarlo per un sospiro (4,04) invece la sinistra riunita nella lista Tsipras, che però fa registrare un deciso calo rispetto alla somma di Sel e Rivoluzione civile del 2013, che avevano totalizzato il 5,4. Anche queste elezioni, come spesso le Europee, si riveleranno “ingannevolI”: tanti pronosticano un lungo dominio di Renzi e del suo Pd, che invece andrà incontro nel tempo a numerose e dolorose sconfitte, mentre il M5s riuscirà a consolidarsi e a vincere le Politiche del 2018.
E il 26 maggio come andrà? Lo sapremo presto.
Articolo di Anania Casale

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