Gli elettori turchi sono chiamati il 14 maggio ad eleggere il Presidente della Repubblica e i 600 membri della Grande Assemblea Nazionale, ovvero il Parlamento monocamerale. Le precedenti elezioni del 2018 avevano segnato la transizione del paese da un sistema parlamentare a uno presidenziale, come approvato nel referendum costituzionale del 2017 . Quelle elezioni hanno portato alla vittoria del presidente in carica Recep Tayyip Erdoğan , che aveva ricoperto la carica dal 2014. Nel frattempo, il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) al potere ha perso la maggioranza assoluta nella Grande Assemblea nazionale della Turchia per la prima volta da giugno 2015 , costringendola ad affidarsi al suo partner di coalizione, il Partito del Movimento Nazionalista (MHP) di Devlet Bahçeli, per approvare la leggi in parlamento. Il presidente Recep Tayyip Erdogan è al potere da più di 20 anni (prima come Primo Ministro e poi come Presidente) e ora deve affrontare la sua sfida più dura. Sei partiti di opposizione hanno unito le forze per le elezioni, scegliendo il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu come candidato unico. Qualsiasi candidato che otterrà più della metà dei voti il 14 maggio sarà il vincitore assoluto. In caso contrario, si andrà al ballottaggio due settimane dopo. Sotto il presidente Erdogan la Turchia è diventata sempre più autoritaria e l’opposizione sta cercando di invertire la tendenza. Per la prima volta infatti da quando è al potere, Erdogan sembra vulnerabile, con la Turchia che deve affrontare un’inflazione alle stelle e il trauma di due terremoti che hanno provocato la morte di oltre 50.000 persone. Gli elettori turchi sono stati influenzati per anni dal sistema mediatico, ma Erdogan, 69 anni, oggi è sotto pressione come mai prima d’ora poiché i sondaggi d’opinione suggeriscono che il suo principale rivale per la presidenza è in vantaggio. Il suo partito, AKP è al potere dal novembre 2002 e governa la Turchia dal 2003. I circa sei milioni di elettori che votano per la prima volta non hanno mai conosciuto nessun altro leader. Inizialmente era primo ministro, ma poi è diventato presidente nel 2014, e reagendo a un fallito colpo di stato del 2016 ha aumentato drasticamente i suoi poteri. Ora dirige il paese da un enorme palazzo presidenziale che ha fatto costruire lui stesso, mentre gran parte dei media sono controllati da imprenditori suoi alleati politici. Recentemente tuttavia l’opinione pubblica è stata molto critica con Erdogan per l’aumento dell’inflazione, a causa del suo rifiuto di far aumentare i tassi di interesse alla Banca Centrale. Il tasso di inflazione ufficiale è appena sopra il 50%, ma le stime di molti osservatori internazionali lo danno oltre 100%. Sulla scia dei catastrofici terremoti del 6 febbraio in Turchia, lui e il suo partito al governo sono stati ampiamente criticati per aver gestito male le operazioni di ricerca e soccorso, ma anche per non aver adottato le norme di costruzione antisismica, dato che molti edifici crollati erano stati costruiti pochi anni fa. Milioni di turchi sono rimasti senza casa nelle 11 province colpite dai terremoti. Poiché molte delle aree sono viste come roccaforti del partito di Erdogan, le elezioni potrebbero essere vinte e perse proprio in tali distretti elettorali. Un altro motivo di critica nei confronti di Erdogan è la gestione dei 3,6 milioni di rifugiati siriani che si trovano in Turchia e che parte della popolazione turca vede in maniera ostile. Il principale sfidante di Erdogan, Kemal Kilicdaroglu, 74 anni, non ha il carisma di Erdogan e non può presentarsi come una novità della politica turca, dato che guida il Partito popolare repubblicano (CHP) storica formazione di centrosinistra, dal 2010. Tuttavia è appoggiato da una forte coalizione di sei partiti di opposizione, che vanno dal centrosinistra del CHP ai nazionalconservatori del Partito del Bene (IYI) e altri partiti di centrodestra, riuniti nella cosiddetta “Alleanza Nazionale”, in opposizione alla coalizione di governo tra AKP e MHP chiamata “Alleanza Popolare”. È significativo che Kilicdaroglu abbia anche il sostegno esplicito del secondo più grande partito di opposizione della Turchia, il partito di sinistra filo-curdo HDP (Partito Democratico dei Popoli), il quale ha deciso di non presentare un proprio candidato alla presidenza. A causa di un caso giudiziario relativo a presunti legami con militanti curdi che potrebbe metterlo fuorilegge alla vigilia delle elezioni, l’HDP si candida al parlamento sotto la bandiera di un altro partito, la Sinistra Verde (YSP), appoggiata da altri partiti di sinistra radicale, riuniti in quella che è stata chiamata “Alleanza del Lavoro e della Libertà”. La scelta di Kilicdaroglu non è stata facile poiché i sindaci di Istanbul e Ankara erano candidati potenzialmente più forti di lui. Entrambi sono colleghi di partito che hanno preso il controllo delle due maggiori città turche nel 2019 per il CHP per la prima volta dal 1994. I sondaggi d’opinione turchi non sono sempre attendibili, ma le speranze di Kilicdaroglu di vincere le elezioni al primo turno sono state messe a dura prova quando un ex collega del partito di centrosinistra, Muharrem Ince, ha deciso di unirsi alla corsa presidenziale. Ince, 58 anni, era il candidato presidenziale del Partito popolare repubblicano nel 2018, ma se n’è andato due anni dopo a causa delle divergenze con Kilicdaroglu. Ora dirige il Partito della Madrepatria, formazione nazionalista laica ed è stato accusato di aver diviso il voto dell’opposizione e di aver fatto il gioco del presidente Erdogan . Tuttavia Ince ha una forte presenza sui social media e i giovani elettori in particolare sono rimasti colpiti dai suoi divertenti video su TikTok. A tre giorni dalle elezioni tuttavia Ince, ha annunciato che avrebbe abbandonato la campagna elettorale. Il quarto candidato alle presidenza, con poche possibilità di successo significativo è l’ultranazionalista Sinan Ogan. L’Alleanza Nazionale guidata da Kilicdaroglu vuole ripristinare il sistema parlamentare turco e riformare la presidenza, rimuovendo il diritto di veto del capo di stato sulle leggi approvate dal parlamento e ripristinando la figura del primo ministro. Questo tuttavia sembra abbastanza difficile dato che per modificare la costituzione avrebbe bisogno dell’approvazione dei due terzi del parlamento. I sei partiti vogliono anche far ripartire il processo di adesione della Turchia di aderire all’Unione Europea e ripristinare la “fiducia reciproca” con gli Stati Uniti, dopo anni di relazioni instabili durante gli anni di Erdogan.
IL SISTEMA POLITICO-ELETTORALE
A seguito del risultato del Referendum costituzionale del 2017, la Turchia è attualmente una repubblica presidenziale, in cui il Presidente è eletto direttamente dal popolo ed è sia Capo di Stato che di Governo.
Il potere esecutivo è esercitato dal Consiglio dei ministri, presieduto dal Presidente. Il potere legislativo spetta alla Grande Assemblea Nazionale della Turchia. La magistratura è formalmente indipendente dagli altri poteri.
Il presidente della Turchia è eletto direttamente attraverso il sistema a due turni, in base al quale un candidato deve ottenere almeno il 50% + 1 del voto popolare per essere eletto. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta, viene organizzato un ballottaggio tra i due candidati più votati del primo turno, il cui vincitore viene quindi dichiarato eletto.
I potenziali candidati alla presidenza devono avere almeno 40 anni e aver completato l’istruzione superiore. Qualsiasi partito politico che abbia preso il 5% dei voti nelle precedenti elezioni parlamentari può presentare un candidato, sebbene i partiti che non hanno rispettato questa soglia possano formare alleanze e candidati congiunti fino a quando la loro quota di voto totale supera il 5%. Gli indipendenti e i candidati dei piccoli partiti non coalizzati possono correre se raccolgono 100.000 firme di elettori.
I 600 membri della Grande Assemblea Nazionale della Turchia saranno eletti in maniera proporzionale, suddivisi tra 87 distretti elettorali, secondo il metodo D’Hondt. Ai fini delle elezioni legislative, 77 delle 81 province turche fungono da distretto unico. A causa della loro numerosa popolazione, le province di Bursa e Smirne sono divise ciascuna in due distretti, mentre le province di Ankara e Istanbul sono divise in tre ciascuna.
In passato i partiti politici erano tenuti a superare una soglia elettorale del 10% del voto popolare nazionale per ottenere seggi in parlamento. Questa norma è stata considera in passato antidemocratica, dato che aveva soprattutto l’obbiettivo di tenere fuori dal parlamento i rappresentati della popolazione curda.
Su iniziativa dell’AKP al governo e del suo principale alleato politico MHP , la soglia elettorale nazionale per l’ingresso di un partito in parlamento è stata abbassata dal 10% al 7%. Inoltre agli inizi del 2018 è stata approvata una nuova legge sulle alleanze elettorali che consente a due o più partiti di formare alleanze per superare la soglia di sbarramento dei voti, in modo che anche partiti con risultati sotto questa soglia possano entrare in parlamento.
Oltre ai partiti si possono presentare anche candidati indipendenti per i quali non è prevista nessuna soglia.
Il Democracy Index dell’Economist Intelligence Unit classifica la Turchia come un “regime ibrido” al livello di paesi tipo Nigeria, Benin, Gambia e Costa d’Avorio.
Nelle prossime pagine, la storia politica del paese, i risultati elettorali recenti, i principali partiti politici ed i candidati alla presidenza.
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