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Si sono tenute negli scorsi giorni le elezioni in Finlandia e in Indonesia. Vediamo come sono andate, come si è distribuito il voto, ma soprattutto, vediamo quali sono le prospettive che sembrano delinearsi.
In Finlandia si sono tenute le elezioni parlamentari. Ultimamente, nei Paesi nordici si sta propagando un revival del centrosinistra, di quella socialdemocrazia che ha reso questi Paesi delle democrazie efficaci prese ad esempio da tutto il mondo. Così, in Norvegia e in Danimarca (elezioni a giugno) prevalgono i socialdemocratici nei sondaggi, in Svezia è tornato al potere, con qualche difficoltà, Lofven, in Finlandia i socialdemocratici di Antti Rinne sono arrivati primi. Ma senza maggioranza.
Altri partiti sotto il 5% che hanno ottenuto seggi sono il Partito Popolare Svedese (tutela minoranza svedese) – 9, i Democristiani (popolarismo, cristianesimo democratico) -5, il Movimento Ora (populismo, liberalismo, un po’ grillini) 1. L’affluenza si è attestata al 68,7%, in calo di un punto e mezzo rispetto a quattro anni fa.
In generale, si può dire che vincitore politico di queste elezioni sia il centrosinistra. Non solo salgono i socialdemocratici, ma ottengono buoni risultati anche i Verdi e la Sinistra nordica. Il governo uscente di Juha Sipila racchiudeva in sé tutte le variegate componenti del centrodestra: dal Partito di Centro al potere, moderato, al Kok, i liberalconservatori finnici temibilmente pro-austerity, ai Veri Finlandesi, l’estrema destra che era finita al potere grazie al consenso del centro-destra. Tutto questo dal 2015 sino al 2017, quando i Veri Finlandesi hanno preso la decisione di uscire dal governo, pur subendo la scissione al suo interno dei filo-governativi di Riforma Blu. Una scelta che elettoralmente ha pagato, insieme alla strumentalizzazione mediaticamente vincente dei fatti di cronaca nera commessi da immigrati.
Primo partito per circoscrizione. In marrone e in beige rispettivamente le regioni guadagnate dai partiti delle minoranze svedese e dell’Isola di Aland. Il Partito di Centro perde ben due regioni, e tiene la Lapponia e quelle più decentrate, visto il suo carattere federalista. Anche il centrodestra va male, tiene la periferia di Helsinki (nei Paesi nordici spesso le grandi città sono di centro-destra), dove vincono i Verdi. L’estrema destra, cosa anomala, vince nell’area di Turku, uno dei centri con maggiore presenza di immigrazione.
Non stare al governo paga. I sondaggi davano, ai tempi della scissione, i Veri Finlandesi a percentuali misere. L’opposizione li ha rinvigoriti, molto più del previsto. Infatti, se tutti i sondaggi prevedevano un calo rispetto alle ottime percentuali raggiunte nel 2015, hanno toppato (nel classico fenomeno della Sottovalutazione Sondaggistica dei Partiti di Destra), e i Veri Finlandesi non sono avanzati ma sono rimasti pari a quattro anni fa.
Allo stesso modo, i sondaggi hanno sopravvalutato i partiti del centrosinistra, che hanno tutti ottenuto una percentuale, seppur ragguardevole, minore, cosa che impedirà ora ai partiti che lo rappresentano di formare una maggioranza di governo. I partiti di centrodestra invece hanno subito il contraccolpo del Governo Sipila, che è stato contraddistinto da una politica economica molto di destra (politiche favorevoli agli evasori, riduzione delle tasse di successione, maggiore potere ai datori nelle politiche del lavoro, dismissioni della proprietà pubblica); al contempo, il premier ha ricevuto spesso accuse di intervenire direttamente con i giornalisti per far rimuovere pezzi a lui sfavorevoli.
l socialdemocratici di Rinne, che promettono il cambiamento, dovranno ora scegliere la Grosse Koalition. Le alternative sono davvero pochine. Un governo di csx otterrebbe 85 seggi, pur immettendo i partiti delle minoranze svedesi (la maggioranza è a 101); i socialdemocratici devono quindi scegliere se governare con il Partito di Centro, in questo momento totalmente impopolare per quanto anzidetto, o fare una Grosse Koalition con il Kok, naturalmente a quel punto portando all’esclusione dell’Alleanza di Sinistra. L’alternativa potrebbe essere un governo di destra formato da Kok, Kesk e Veri Finlandesi, questa volta con il Kok ad esprimere il Primo Ministro. Un governo che avrebbe una solida maggioranza di 108 deputati. Questa soluzione farebbe perdere consensi ai Veri Finlandesi proprio perché li manderebbe al governo (e, al governo, hanno perso consensi). Ma, appunto, li manderebbe al governo. L’altra soluzione, quella più probabile, è quella di un Governo Rinne a capo di una grande coalizione. L’estrema destra aumenterà probabilmente i consensi (a discapito dei socialdemocratici, che perdono sempre voti quando governano con il centrodestra), ma, per altri quattro anni, dovrebbe rimanere lontano dal potere.
Antti Rinne, storicamente leader sindacale, è già stato in un governo di coalizione, tra il 2014 e il 2015, quando fu Ministro dell’Economia del governo di Alexander Stubb. Non sarà per lui difficile mantenere l’appoggio di alleati provenienti da partiti con opposte idee politiche. Ma riuscirà a mantenere il consenso?
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