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Storia delle Elezioni Presidenziali USA, parte seconda: dalla nascita del bipolarismo a Lincoln

La presidenza Buchanan: verso la guerra civile

Nel 1856 la divisione tra Whig e repubblicani (che insieme avrebbero ottenuto il 54% dei voti), porta alla Casa Bianca un altro democratico schiavista, James Buchanan, che trionfa a Ovest e Sud, e anche in Pennsylvania e New Jersey, mentre il Nord Est (tra cui l’Illinois) è saldamente repubblicano (candidato John Fremont), e i Whig, alla loro ultima comparsa come partito autonomo, con l’ex presidente Fillmore salvano due isole (Maryland e Delaware). Curiosità: Buchanan tuttora è l’unico Presidente Usa che non è mai stato sposato, e le voci su una sua presunta omosessualità all’epoca della sua presidenza si sono rincorse insistenti.

La rovinosa politica di Buchanan, succube degli stati schiavisti e incapace di tenerli a freno, accelera la corsa verso la guerra civile. Ormai gli abolizionisti sono decisi in tutti i modi a impedire che i nuovi territori a Ovest prevedano gli schiavi, e le frange più radicali vogliono addirittura abolire del tutto la schiavitù, il che significherebbe rivoluzionare il sistema economico del Sud, e mandare sul lastrico possidenti e latifondisti.

La vittoria di Lincoln

Mappa elettorale del 1860: la presenza di ben 4 candidati porta Lincoln, che domina negli stati del nord, alla vittoria.

I Repubblicani, per le elezioni del 1860, scelgono un altro “uomo della frontiera”, Abraham Lincoln, un avvocato di origini umilissime, autodidatta e con modesta esperienza politica, rappresentante della filosofia dei pionieri, ma al tempo stesso seguace del “sistema americano”. A Lincoln si contrappongono il candidato degli stati del Sud, ormai sul punto di secedere, John Breckinridge, il candidato democratico “classico”, il suo vecchio avversario Stephen Douglas, autore della legge Kansas-Nebraska (ma che sarà poi leale all’Unione), e un quarto incomodo, John Bell, sudista moderato. Lincoln vince facilmente con i voti degli stati antischiavisti del Nord e dei nuovi stati dell’Ovest, California e Oregon. Ma pochi mesi dopo la sua elezioni scoppia la guerra.

L’inesperto Lincoln, giudicato poco più di un parvenu dai politici di Washington, si dimostra un leader sagace, intelligente e spregiudicato, oltre che un vero idealista. Repubblicano “moderato”, durante la guerra si radicalizza, fino a promuovere l’abolizione totale della schiavitù, che ottiene subito dopo la sua trionfale rielezione nel 1864, contro il democratico George MacLellan, che conquista solo Kentucky, New Jersey e Delaware (mentre gli stati del Sud, com’è ovvio, non partecipano al voto).

Lincoln sceglie come vice un Democratico, Andrew Johnson, in segno di unità nazionale. Ed è proprio Johnson che sale alla presidenza dopo che Lincoln, primo presidente Usa a incontrare questo destino, viene assassinato pochi giorni dopo aver firmato la pace con il Sud. La presidenza di Johnson, con due Camere ostili , dominate dai Repubblicani radicali, è un calvario: tenta, nello spirito di Lincoln, di riappacificare gli animi, e di offrire condizioni moderate agli stati sconfitti del Sud, ma viene trattato alla stregua di un “traditore”. E’ lui l’ultimo presidente Democratico prima di un lungo dominio repubblicano, che durerà fin quasi alla prima guerra mondiale.

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