I tempi dell’Europa sono lenti e dilatati: la nuova commissione si insedierà solo al primo novembre prossimo. Abbiamo dunque davanti mesi per trattative e nomine. Secondo la tabella di marcia, a luglio dovrebbe uscire il nome del Presidente della commissione (plenaria del parlamento per la nomina prevista il 2 luglio), mentre entro l’autunno verrà stilata la lista dei commissari, che verrà poi dibattuta al Parlamento Europeo, eventualmente modificata ed approvata ad ottobre inoltrato.
Manfred Weber, in quanto spitzenkandidat del PPE, è il primo candidato al ruolo di presidente della Commissione, ma ci sono forti dubbi sulla sua nomina. Se infatti buona parte del PPE ribadisce il sostegno al politico tedesco, i potenziali alleati storcono il naso. RE, S&D e Verdi non sembrano infatti intenzionati ad accettare un nome visto come poco incisivo. Non solo: il gruppo dei paesi di Visegrad, comprendente anche il premier ungherese Orban, ha bocciato senza appello Weber, a cui preferirebbe piuttosto – paradossalmente, trattandosi di nazioni in cui domina la destra – anche un candidato socialista. Stranezze della politica UE, dove spesso prevalgono logiche legate alle priorità dei singoli paesi. Senza nemmeno il sostegno dell’intero PPE, Weber non sembra certo un candidato forte; probabile a questo punto che si debba cercare un nome di mediazione tra le quattro forze di maggioranza.
Tra i possibili nomi, segnaliamo quelli di Margrethe Vestager, commissaria alla Concorrenza uscente in quota RE; di Michel Barnier, appartenente all’ala più centrista del PPE che manterrebbe così la presidenza , oppure di Kristalina Georgieva, economista bulgara vicepresidente della Commissione fra 2014 e 2016 ed oggi direttrice generale della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. Ma si tratta solo di ipotesi tra le tante (tra le quali citiamo anche la suggestiva quanto improbabile discesa a Bruxelles di Angela Merkel), mentre fremono frenetiche quanto segrete trattative: ne sapremo di più tra circa un mese.
Quello che appare però assolutamente certo è che il nuovo governo UE non sarà incline al compromesso con i Sovranisti, spostato ancora più verso il Centrosinistra e l’Europeismo dai Verdi. Insomma, un altro mito della propaganda dei sovranisti italiani che cade: la futura Commissione non solo non sarà più incline dell’attuale (che, ricordiamo, è nel pieno delle sue funzioni fino a fine ottobre) ad ascoltare le richieste del nostro governo, ma probabilmente lo sarà di meno. L’Italia difficilmente potrà ottenere un commissario di peso, vista l’ostilità tra nostra maggioranza e quella eletta dai cittadini europei.
Gli esiti complessivi: alla fine, chi ha vinto?
Il nuovo Parlamento Europeo secondo Politico.eu: una diversa ripartizione dei partiti ancora non iscritti comporta qualche differenza numerica nei gruppi, ma non cambiano nè le posizioni raggiunte nè le maggioranze possibili.
Possiamo ora facilmente dire chi ha vinto e chi ha perso lo scorso 26 maggio.
L’esito delle Europee mostra una difficoltà generale dei partiti tradizionali (S&D, PPE e vecchi partiti ALDE), non tanto a vantaggio degli euroscettici, quanto di tutte le forze considerate “nuove” e più affini al sentire comune attuale. Vincono quindi forze europeiste nuove, ecologiste, e sostenitrici della società aperta e multiculturale; vincono anche, in alcuni casi come l’Italia, i partiti populisti e sovranisti considerati “vicini alla gente” contro le elites di Bruxelles. Un esito che mostra dunque una certa polarizzazione tra forze “nuove” di opposte tendenze, con però la netta prevalenza di quelle europeiste.
A livello di gruppi tuttavia le formazioni tradizionali, pur in calo, mantengono una certa forza e riscono anche a prevalere. Vediamo per concludere le “pagelle” delle Famiglie Politiche:
Ha vinto il PPE, primo partito nonostante il calo. Voto 7, mai morti.
Ha vinto RE (ex-ALDE), gruppo che ha ottenuto una delle maggiori crescite rispetto alle attese. Voto 8, ormai forza europeista per eccellenza.
Hanno vinto, forse più di tutti, i Verdi, che non solo ottengono molti più seggi del previsto, ma si ritrovano in maggioranza e decisivi per i prossimi assetti continentali. Voto 9, per la gioia di Greta.
Nè carne nè pesce S&D: nettissimo calo per i socialisti, ma in qualche modo portano a casa secondo posto e numeri per essere decisivi in maggioranza. Voto 5/6, rimandati al 2024.
Ha perso la Sinistra di GUE/NGL, ai minimi storici e sotto le attese. Voto 4.
Hanno perso sovranisti e populisti: non tanto per essere andati peggio delle attese (in fondo, in totale in crescita dal 2014), quanto per aver fallito tutti gli abbiettivi da essi stessi proclamati a gran voce, ed essere rimasti ininfluenti. Voto 4 ad ECR che cala pure dal 2014. Voto 5 ad ID, che almeno cresce. SV per gli ex-EFDD: non potendo ricostituire un gruppo, sono sotto al minimo.
Ha infine perso, in buona sostanza, il nostro paese: governato da chi è stato sconfitto a livello europeo, è sempre più isolato in Europa. Nessun voto, per carità di patria (letteralmente).
L’osservatorio sull’Europa vi saluta, ma non va ancora in vacanza: vi aggiorneremo quando si avranno notizie certe sulle nomine europee, a partire da quella del Presidente della Commissione!
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