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Storia delle Elezioni Presidenziali USA, parte prima: da Washington ad Adams, agli albori della democrazia americana

Si avvicinano le elezioni presidenziali americane previste per il 4 novembre, senza dubbio l’evento politico-elettorale dell’anno. Nell’attesa, BiDiMedia vi ripropone la storia delle presidenziali USA pubblicata nel 2016, integrata in alcuni punti e aggiornata alle presidenziali di quattro anni fa. Sarà pubblicata in 5 puntate, a partire da oggi, a cadenza settimanale.

Presidenziali USA, una storia lunga oltre due secoli

Ritratto di George Washington come primo presidente USA

L’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America è certamente l’evento democratico più seguito al mondo, e al tempo stesso uno dei più antichi. Non esiste quasi istituzione democratica, infatti, salvo forse il Parlamento inglese, che venga eletta ininterrottamente da oltre 230 anni. Per questo l’elezione del presidente Usa è al tempo stesso una festa della democrazia, e una prova provata della sua pur sempre difficile stabilità.

Faremo qui per Bidimedia un breve excursus della storia delle elezioni presidenziali statunitensi, dal 1789, anno in cui fu eletto il primo presidente, George Washington, fino al 2016, per raccontare l’evoluzione delle regole, delle dinamiche politiche e degli schieramenti. Scopriremo le storie e le curiosità dei diversi appuntamenti elettorali, ci sarà qualche accenno alle personalità, talvolta eccezionali, più spesso mediocri, dei vari inquilini della Casa Bianca, scopriremo come i principali due partiti, in modo piuttosto sorprendente, si siano scambiati più volte in questi due secoli il ruolo di parte conservatrice e parte progressista. E soprattutto ci incentreremo sulle mappe elettorali, di come sono mutate in modo, anche qui, molto sorprendente, ma in fondo logico, in base all’evoluzione sociopolitica del Paese. E ripercorrere questa storia forse potrà dare anche spunti per capire meglio l’evoluzione del presente e permettere di prevedere il futuro.

Due questioni di metodo. La prima: non potremo assolutamente approfondire le vicende storiche del Paese, anche se sarà inevitabile accennare ai più importanti eventi nel descrivere le dinamiche elettorali e le personalità dei vari presidenti. La seconda: non toccheremo l’argomento, molto dibattuto, dell’estensione dei poteri presidenziali. Ci limitiamo ad accennare, in questa sede, che nel corso della storia i poteri del Presidente Usa si sono tendenzialmente accresciuti e rafforzati, se non nel diritto, di certo nella pratica politica quotidiana, il che ha portato a trasformare quella che doveva essere una figura di garanzia e di “coesione” politica, in un autentico “dominus” del sistema politico statunitense, se non del mondo intero. Un percorso accidentato e spesso molto criticato, anche da coloro che poi in seguito ne hanno usufruito (ad esempio Woodrow Wilson).

La prima elezione: il trionfo di Washington

La prima elezione risale, come si è detto al 1789, anno cruciale della storia mondiale. Battuti gli inglesi, i coloni americani dovettero scegliere il loro nuovo sistema di governo, che voleva essere, sulla base degli ideali illuministi di cui è pervasa la Costituzione, democratico ed egualitario. Ma non troppo democratico: stiamo parlando pur sempre di un gruppo ristretto di proprietari terrieri, professionisti, grandi commercianti che ovviamente, come tutti gli esponenti della loro classe, guardavano con sospetto alla democrazia totale alla Rousseau.

I risultati delle prime presidenziali: Washington vinse in tutti gli stati che poterono partecipare

Ecco che quindi fu deciso, oltre al sistema bicamerale, di istituire una figura che di fatto, e nei poteri, significativi ma limitati, si ispirava quella del Re d’Inghilterra dell’epoca: un capo della nazione, che potesse dire la sua nel processo legislativo e rappresentare quello esecutivo, sia pure circondato da consiglieri e ministri che ne limitassero l’autonomia.

Per eleggerlo si scelse l’elezione di “secondo livello”: il sistema immaginato dai teorici liberali in quegli anni per “temperare” gli eccessi della democrazia. L’idea era che ogni stato, in proporzione alla sua popolazione, eleggesse delle persone con l’incarico specifico di eleggere il Presidente. Questo “collegio elettorale” non aveva vincolo di mandato, e votava segretamente (ed ancora oggi in realtà è così). In questo modo al popolo era di fatto sottratta l’elezione diretta, e tutto si sarebbe consumato nelle segrete stanze del potere.

Va tenuto anche presente che questi “Grandi elettori”, almeno fino al 1824, non erano eletti direttamente dal popolo, ma a loro volta da istituzioni locali, in genere dai Parlamenti di ciascuno Stato. Quindi, nei primi tempi, si trattava di fatto di un’elezione di terzo livello.

La prima elezione è un plebiscito: Washington, l’eroe della rivoluzione, è eletto senza discussioni dai rappresentanti dei 13 stati  fondatori (ma in realtà votano solo quelli di dieci: i rappresentanti di New York non arrivano in tempo, e quelli di Rhode Island e North Carolina non partecipano, perché i due Stati non avevano ancora ratificato la Costituzione). La Costituzione però all’epoca prevede che ogni componente del collegio elettorale esprima due voti: il più votato diventa presidente, il secondo vicepresidente. Vice presidente è eletto John Adams, anche qui senza problemi. Nessuna differenza locale da segnalare.

L’articolo continua nelle prossime pagine, con le elezioni fino al 1824.

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