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IL GIRAMONDO – Elezioni presidenziali in Madagascar: la battaglia dei quattro presidenti.

In risposta alle dimostrazioni di massa in gran parte pacifiche e ad un’ondata di scioperi generali, Ratsiraka sostituì il suo primo ministro nell’agosto del 1991, ma la crisi precipitò quando le sue truppe spararono su manifestanti pacifici in marcia sul palazzo presidenziale uccidendo più di 30 persone.

Trovandosi in una posizione sempre più difficile, Ratsiraka accettò di accordarsi con l’opposizione per la formazione di un governo transitorio. Furono create una serie di istituzioni ad interim e il presidente perse la gran parte dei propri poteri. Nello stesso periodo ebbe inizio il processo di formazione di un nuovo governo costituzionale.

Nel 1992 una nuova costituzione fu proposta da un forum nazionale organizzato dallo FFKM (il Consiglio delle Chiese Cristiane Malgasce) e successivamente approvata da un referendum popolare.

Alle nuove elezioni presidenziali, nel 1993, Albert Zafy (leader del movimento Hery Velona) sconfisse Ratsiraka. Lo stesso Zafy subì l’impeachment nel 1996 e nel 1997 Zafy e Ratsiraka si affrontarono nuovamente alle urne, questa volta con vittoria di quest’ultimo, che tornò al potere. La costituzione del 1998, voluta dal partito di Ratsiraka (AREMA) rafforzò notevolmente i poteri del presidente.

Nelle elezioni del 2001 Ratisiraka viene sfidato dall’uomo d’affari Marc Ravalomanana. Entrambi i candidati sostennero di aver vinto; il Ministro dell’Interno dichiarò Ratsiraka nuovamente vincitore, nonostante le proteste dell’opposizione. Ne seguì una nuova crisi, azioni di sabotaggio dei trasporti e qualche scontro sporadico nel paese, in quella che all’estero fu spesso descritta, forse eccessivamente, come una “guerra civile”, e che ebbe comunque anche elementi di scontro etnico (Ratsiraka appartiene a una tribù della costa, i Betsimisaraka, mentre Ravalomanana appartiene ai Merina, tribù degli altopiani). Alla fine fu Ravalomanana a risultare vincitore e Ratsiraka si ritirò in esilio in Francia. Ravalomanana, preso il potere, iniziò una serie di grandi progetti di riforma e una battaglia contro la corruzione. Nelle elezioni legislative del 2002 il suo partito TIM (“Tiako-I-Madagasikara”, letteralmente “amo il Madagascar”) ebbe una larga maggioranza.

Dopo essere stato rieletto nel 2006, il governo di Ravalomanana fu sciolto nel marzo 2009, a causa di una rivolta popolare appoggiata dai militari. Il 17 marzo 2009 infatti il trentaquattrenne leader dell’opposizione, Andry Rajoelina, sindaco di della capitale Antananarivo, sostenuto dall’esercito fa assediare dalla folla il palazzo presidenziale, costringendo il presidente Ravalomanana a dimettersi, e acquisendo il potere. Tutte le più importanti organizzazioni internazionali, a partire dall’Unione europea, l’Unione africana e l’ONU si opposero al rovesciamento politico, ottenuto tramite la forza. Si instaurò così quello che apparve un vero e proprio regime autoritario.

La comunità internazionale impose forti sanzioni economiche che indebolirono l’economia del paese. Nel 2010 su pressione degli USA e della comunità dei paesi dell’Africa del sud (SADC) viene approvata una nuova Costituzione. Rajoelina, Ratisikara and Ravalomanana tentano di candidarsi alle elezioni del 2013 ma la Corte Elettorale, su pressione della comunità internazionale, boccia le loro candidature. In seguito alle elezioni presidenziali del 20 dicembre 2013 viene quindi eletto presidente Hery Rajaonarimampianina,  ex ministro delle finanze di Rajoelina. Ben presto però nuovo presidente entrò in contrasto con il suo ex alleato, tanto che nel 2015 il partito di Rajoelina, che aveva la maggioranza dei seggi in parlamento, cercò senza successo di votare per il suo impeachment.

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