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IL MAPPAMONDO – In elezioni incerte fino all’ultimo, la sinistra sudamericana perde l’Uruguay; Namibia, facile ma non troppo agevole riconferma per SWAPO

di Skorpios

URUGUAY

 

In Uruguay si sono tenute le  elezioni presidenziali. Vincitore ne è risultato, per soli 30mila voti, il candidato dell’opposizione di centro-destra Luis Alberto Lacalle Pou, che ha sconfitto il candidato del Fronte Ampio, il partito della sinistra sudamericana dell’Uruguay che governa da tre mandati, Daniel Martinez.

Il dato dell’affluenza è irrilevante in quanto l’Uruguay è uno di quei Paesi in cui vige il discutibile sistema del voto obbligatorio.

La sconfitta è arrivata per soli 30mila voti. Poiché decine di migliaia di schede erano state oggetto di incertezze e ritenute da ricontare, la Commissione Elettorale uruguaiana ha ritenuto migliore cosa attendere fino a venerdì 29 novembre (nonostante le elezioni si siano tenute il 27) per dichiarare ufficialmente il nome del vincitore. Venerdì ciò è stato fatto; in ogni caso, Martinez ha riconosciuto la vittoria dell’avversario.

Mentre in tutto il Sudamerica impazzano manifestazioni contro diversi governi, sia di destra sia di sinistra, con esiti differenti (in Ecuador contro la sinistra, hanno portato all’eliminazione delle riforme di austerity; in Bolivia hanno portato alle dimissioni di Morales e al colpo di Stato di Janine Anez; in Cile contro il centrodestra, non hanno ancora avuto una conclusione, così come in Colombia contro la destra di Duque, che ha imposto lo stato di emergenza; in Perù, invece, la maggior parte delle proteste erano a favore del Presidente e contro il Parlamento nel dissidio istituzionale creatosi), in Paesi come l’Uruguay e l’Argentina i tempi elettorali hanno permesso che il malcontento sfociasse in elezioni democratiche. In Argentina governava il centro-destra e ha vinto la sinistra peronista; in Uruguay governava il socialismo uruguaiano, socialismo di successo che ha visto una fila di tre mandati, due Tabaré Vazquez e uno del popolare José Mujica.

Primo arrivato al primo e secondo turno. La sinistra uruguaiana vince a Montevideo e nelle zone meno rurali del Paese, nonché nelle zone “argentine”, a Ovest. Al secondo turno, tuttavia, Lacalle recupera dovunque tranne a Montevideo. La destra uruguaiana, come quella brasiliana, va più forte tra proprietari di terreni agricoli e simili.

La voglia di cambiamento è arrivata anche a Montevideo: Vazquez aveva sconfitto Lacalle nel 2014, e ora Lacalle si è rifatto contro il suo successore Martinez. L’Uruguay è uno di quei Paesi sudamericani dove non è possibile ottenere più di un mandato consecutivo. In più Vazquez non avrebbe comunque potuto ricandidarsi in quanto colpito da una dura forma di carcinoma polmonare. Vazquez è un uomo che ha deciso di mantenere un atteggiamento molto improntato a sinistra, con un occhio non troppo severo nei confronti delle droghe e allo stesso tempo una politica antiliberista, ma evitando eccessi e populismo personalistico alla venezuelana/argentina. Negli ultimi tempi, tuttavia, la minore forza della lotta al narcotraffico ha portato a un aumento dell’insicurezza del Paese, facendo scivolare molti elettori nella volontà di votare partiti di destra. Così, ha ottenuto molti voti l’estrema destra di Cabildo Aperto (il cabildo in Sudamerica è un’assemblea politica aperta ai cittadini), e ha vinto Lacalle, il quale ha goduto, al secondo turno, dell’appoggio degli elettori di CA e del partito liberale (meno di destra dell’omonimo paraguaiano) Colorado. Per ogni approfondimento sulla situazione e storia politica uruguaiana, si legga l’articolo di Fabbio.

Luis Lacalle è figlio di Luis Lacalle senior, Presidente dell’Uruguay negli anni 90 conosciuto per avere aumentato le tasse e per la sua politica di austerity quando era al potere. Suo figlio, già sconfitto cinque anni fa, avvocato, diventa ora a sua volta Presidente, in un momento molto critico per il Sudamerica. Dovrà rispondere alle esigenze di sicurezza e ordine pubblico, ma anche far fronte al rallentamento della crescita e alla disoccupazione. Certamente ci saranno delle conseguenze in politica estera, con un maggior avvicinamento a Paraguay e Brasile e un allontanamento dal Venezuela (con l’appoggio a Guaidò) e dall’Argentina nuovamente kirchnerista.

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