La storia della Catalogna contemporanea comincia con la morte del caudillo Francisco Franco con la quale iniziò un periodo che divenne noto come la “transizione democratica”, durante il quale furono ripristinate le libertà democratiche, culminando nella Costituzione spagnola del 1978 . Questa costituzione riconosceva l’esistenza di più comunità nazionali all’interno della Spagna e proponeva la divisione del paese in comunità autonome . Dopo le prime elezioni generali nel 1977, la Generalitat fu ripristinata come governo provvisorio, guidato dal suo presidente in esilio Josep Tarradellas , e comprendente rappresentanti delle varie forze principali dell’epoca. Nel 1979, il nuovo Statuto di Autonomia venne infine approvato delegando più autonomia in materia di istruzione e cultura rispetto allo Statuto repubblicano del 1932, ma meno in termini di sistemi di giustizia e ordine pubblico. In esso, la Catalogna è definita come una “nazionalità”, il catalano è riconosciuto come lingua propria della Catalogna e divenne coufficiale con lo spagnolo. Nel 1980 le prime elezioni del parlamento della Catalogna diedero la maggioranza relativa dei seggi all’alleanza nazionalista di centrodestra Convergenza e Unione (CiU), formata dalla Convergenza Democratica della Catalogna (CDC, liberalconservatori) e dall’ Unione Democratica della Catalogna (UDC, cristiano-conservatori). Presidente della Catalogna divenne Jordi Pujol, che avrebbe governato la Catalogna per i successivi 23 anni.
Per tutti gli anni ’80 e ’90 CiU fu il partito egemone in Catalogna, con l’opposizione guidata dal Partito Socialista della Catalogna (PSC, associato a livello nazionale al PSOE. Pujol fu in grado di mantenere buoni rapporti con il governo di Madrid pur rivendicando le istanze autonomiste catalane. CiU era visto come il partito che difendeva gli interessi della Catalogna e per questo godeva di un vasto appoggio popolare. Durante gli anni ’90, l’assenza di maggioranze assolute nel parlamento spagnolo fece sì che i governi dipendessero dal sostegno dei vari partiti nazionalisti, compresa CiU, che ne approfittò per ampliare la portata dell’autonomia catalana durante l’ultimo governo di Felipe González (1993–1996) e il primo di José María Aznar (1996–2000). L’accordo di governo con il Partito Popolare di Aznar, nettamente nazionalista, incrinò il supporto per Pujol. La CiU iniziò a declinare elettoralmente e nel 2003 fu sconfitta da una coalizione di sinistra, comprendere il PSC, la Sinistra Repubblicana della Catalogna (ERC) e la lista dei Verdi della Catalogna (ICV). Nuovo presidente della Catalogna fu nominato il socialista Pasqual Maragall. Questo governo si rivelò instabile, soprattutto sulla questione della riforma dello Statuto di Autonomia della Catalogna. Le tensioni interne del governo catalano provocarono nuove elezioni, tenutesi nell’autunno 2006. Dopo le elezioni PSC, ERC e ICV formarono una nuova coalizione guidata dal socialista José Montilla.
Il nuovo Statuto di Autonomia della Catalogna, approvato con referendum, fu contestato dal Partito Popolare conservatore, che fece appello alla Corte Costituzionale della Spagna la quale nel 2010 dichiarò incostituzionali vari articoli dello Statuto. Il governo di sinistra catalano si ritrovò nuovamente diviso, con il PSC in netto calo di popolarità a causa anche delle crisi economica mentre nella ERC prendeva sempre più forza la fazione indipendentista. Le elezioni anticipate del 2010 videro un crollo di PSC e ERC e il ritorno al potere di CiU, guidata adesso da Artur Mas, il quale fu nominato presidente a capo di un governo di minoranza appoggiato esternamente del PP.
Nel 2011 la crisi economica europea colpì duramente la Spagna e in particolare la Catalogna, dove Artur Mas dovette attuare un programma di austerità. Questo rese ancora più forti le correnti indipendentiste tra la popolazione. I leader separatisti accusavano il governo e il parlamento di Madrid di essere responsabili dei problemi economici della Catalogna, di essere corrotti e di sprecare il denaro dei contribuenti catalani. Con l’arrivo al potere a Madrid del Partito Popolare di Rajoy, fortemente critico verso l’autonomia catalana, la collaborazione tra CiU e PP divenne impossibile e nel 2012 Artur Mas diede vita ad un nuovo governo sostenuto esternamente dalla ERC. Sull’onda delle manifestazioni indipendentiste, nel gennaio 2013 la nuova maggioranza di governo fece approvare al parlamento catalano una dichiarazione sulla sovranità e la richiesta di un referendum sull’indipendenza della Catalogna. Nonostante l’opposizione del governo di Madrid, il 9 novembre 2014 il governo catalano organizzò un referendum consultivo non ufficiale sull’indipendenza, boicottato da buona parte degli elettori, in cui circa 1,6 milioni dei potenziali 5,4 milioni di elettori catalani sostennero l’opzione di indipendenza.
Nel settembre 2015 si tennero nuove elezioni regionali. La CiU nel frattempo si era dissolta nelle sue due componenti (CDC e UDC) e Artus Mas si presentò a capo di una lista comune dei due maggiori partiti indipendentisti (CDC e ERC) denominata Insieme per il SI (JxSi) che ottenne quasi il 40% dei voti, mentre il secondo posto arrivò Ciutadans, un partito liberale anti-indipendentista. Subito dopo le elezioni il nuovo parlamento approvò una dichiarazione per avviare il processo di indipendenza della Catalogna. Non avendo la lista unica indipendentista raggiunto la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento, dovette chiedere l’appoggio alla formazione di estrema sinistra indipendentista Candidatura di Unità Popolare (CUP). la quale pose il veto di Mas, considerato troppo di destra. Nuovo presidente della Catalogna fu quindi nominato Carles Puigdemont del CDC. Nel 2016 il CDC fu rinominato Partito Democratico Europeo Catalano (PDeCAT) per dimostrare la vicinanza dei leader indipendentisti all’Unione Europea, della quale la Catalogna nelle loro intenzioni avrebbe dovuto diventare un membro a pieno diritto come stato sovrano.
Il 1 ° ottobre 2017 si tenne in Catalogna un nuovo controverso referendum sull’indipendenza, subito dichiarato illegale dalla Corte costituzionale spagnola, nel quale circa 2 milioni di elettori si dichiararono favorevoli all’indipendenza. Il governo Rajoy cercò inutilmente di bloccare lo svolgimento del referendum chiedendo alle forze di polizia di far chiedere i seggi. Questo provocò duri scontri con causarono il ferimento di circa 1000 persone. Il 27 ottobre il parlamento catalano dichiarò formalmente l’indipendenza della Catalogna. Poche ore dopo il Senato spagnolo invocando l’articolo 155 della Costituzione spagnola autorizzò il governo spagnolo a imporre il governo diretto sulla Catalogna, sciogliendo il parlamento catalano e destituendo il governo di Puigdemont. Nuove elezioni parlamentari furono indette per il 21 dicembre 2017. Puigdemont e altri membri del governo catalano furono accusati dalla magistratura di ribellione, sedizione e appropriazione indebita. Puigdemont fuggì in Belgio per evitare l’arresto.
Alle elezioni del dicembre 2017 gli indipendentisti si presentarono divisi in tre liste: Insieme per la Catalogna (JuntsxCat, centrodestra), ERC (sinistra) e CUP (estrema sinistra). Primo partito risultò Ciutadans che ottenne oltre il 25% dei voti. I partiti indipendentisti cercarono di eleggere nuovamente Puigdemont come presidente della Catalogna ma la magistratura spagnola ne bloccò l’elezione in quanto latitante. Nel maggio 2018 il parlamento catalano elesse Quim Torra come nuovo presidente a capo di un governo di minoranza tra JuntsxCat e ERC con l’appoggio esterno di CUP.
Ad inizio 2020, a causa di una sentenza dell’Alta Corte di Giustizia che gli avrebbe impedito di ricoprire incarichi istituzionale per 18 mesi, Quim Torras decise di indire elezioni anticipate in Catalogna. Le elezioni tuttavia furono rimandate al febbraio 2021 a causa della pandemia di Covid-19. Le elezioni videro un’avanzata del PSC, ma i partiti indipendentisti mantennero la maggioranza assoluta dei seggi.
Nelle prossime pagine, gli sviluppi politici recenti, i principali partiti politici e gli ultimi sondaggi.
Ti sta piacendo questo articolo? Contribuisci alla sopravvivenza di Bidimedia, donando anche solo pochi euro. Grazie!
Sostieni Sondaggi Bidimedia!
Puoi farlo nei modi che ti descriviamo in seguito… E, se puoi, disattiva il tuo ad-blocker, grazie!
Modalità preferita: donazione tramite bonifico tramite al conto dell’Associazione Bidimedia
Conto di BIDIMEDIA
IBAN IT65F0623012782000036505055
Fai una donazione tramite PayPal
Sondaggi BiDiMedia è un sito nato nel 2010. Se vi piace e siete contenti del nostro servizio gratuito potete farci una piccola donazione. Anche di pochi euro. Grazie a chi ci permetterà di crescere sempre di più cliccando sul banner “Dona con PayPal”!
Offrici un caffé con
Ko-fi
Ci leggi da tanto tempo? Ci hai appena scoperti? In entrambi i casi, se ti piace il nostro lavoro, puoi contribuire alla nostra sopravvivenza donandoci anche solo un piccolo caffè. Grazie!
Tramite Ko-fi puoi fare una micro-donazione ed essere sicuro che essa finanzierà interamente Sondaggi Bidimedia, senza percentuali di intermediazione.
Fai i tuoi acquisti cliccando sui banner
In qualità di Affiliato Amazon, Sondaggi Bidimedia riceve un guadagno dagli acquisti idonei.
In qualità di Affiliato Amazon, Sondaggi Bidimedia riceve un guadagno dagli acquisti idonei.