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IL GIRAMONDO – Il meglio e il peggio delle elezioni del 2022

Siamo finalmente arrivati alla fine dell’anno 2022, l’anno che ha segnato quasi ovunque la fine dell’emergenza pandemia, ma che è stato drammaticamente colpito dall’invasione russa dell’Ucraina che ha scatenato la più grande guerra in territorio europeo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale  ed è il momento di fare un riassunto dei maggiori avvenimenti politico-elettorali dell’anno appena trascorso.  Delle centinaia di elezioni che si sono svolte nel 2022, abbiamo indicato quelle che consideriamo le più significative. Ci sono state alcune vittorie clamorose, alcune sconfitte annunciate, molte conferme e alcune elezioni senza un vero vincitore. 

Come gli anni passati,  prima di elencare i principali eventi elettorali, mese per mese, dell’anno appena trascorso, procediamo ad assegnare il Premio Giramondo per ï peggiori e I migliori eventi elettorali del 2022.  Quest’anno abbia deciso di dare la parole ai followers Bidimedia sui social media, ottenendo complessivamente quasi 2’400 voti che hanno decretato i “vincitori” della nostra speciale classifica. Essendo i nostri followers quasi tutti italiani, per ovvie ragioni abbiamo deciso di non mettere in classifica il risultato delle elezioni in Italia del 25 settembre.

 

Chi se ne va: il presidente colombiano Ivan Duque, il primo ministro britannico Boris Johnson, il presidente del consiglio Italiano Mario Draghi, il primo ministro pakistano Imra khan , quello israeliano  Naftali Bennett, quello australiano Scott Morrison, quello bulgaro Kiril Petkov, quello sloveno Janez Janša, quello irlandese Micheál Martin, la prima ministra svedese Magdalena Andersson,il presidente della Costa Rica Carlos Alvarado, quello dello Yemen Abdu Rabu Mansour Hadi,  il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in, quello filippino Rodrigo Duterte, il presidente del Brasile Jair Bolsonaro, i fratelli Mahinda e Gotabaya Rajapakse, rispettivamente primo ministro e presidente dello Sri Lanka e il Presidente del Perù Pedro Castillo destituito dal parlamento.

Da notare la scomparsa di una delle personalità politiche di primo piano degli ultimi 70 anni, la Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord  Elisabetta II.

Chi arriva: il nuovo presidente colombiano Gustavo Petro, il nuovo presidente filippino Bongbong Marcos, quello della Corea del Sud Yoon Suk Yeol, quello della Costa Rica Rodrigo Chaves, del Kenya William Ruto, la nuova presidente del consiglio italiano Giorgia Meloni, il nuovo re del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord Carlo III, il nuovo primo ministro australiano Anthony Albanese,  il nuovo primo ministro della Malesia Anwar Ibrahim, quello pakistano Shahbaz Sharif, quello sloveno Robert Golob, quello del Montenegro Dritan Abazovic, quello svedese Ulf Kristersson e la nuova prima ministra  francese Élisabeth Borne ,

Chi resta: il  primo ministro ungherese Viktor Orban, quello portoghese Antonio Costa, quello nepalese Sher Bahadur Deuba, quello maltese Robert Abela, quello britannico  Rishi Sunak, la prima ministra danese Mette Frederiksen, il primo ministro lettone Krisjanis Karins, il il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente della Serbia Aleksandar Vucic, il  presidente-dittatore della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema , il quello del Kazakistan  Kasymzhomart Tokayev, quello dell’Angola João Lourenço, e il leader del Partito Comunista Cinese Xi Jinping

Chi torna:  il nuovo presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, quello di Timor Est Ramos Horta, quello dello Sri Lanka Ranil Wickremesinghe , il nuovo primo ministro irlandese Leo Varadkar e il nuovo primo ministro israeliano Benjamin Netanyhau.

 

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IL PEGGIO DEL 2022

Per quanto riguarda i peggiori avvenimenti politico-elettorali dell’anno, non si può fare a meno di notare come l’invasione dell’Ucraina ha creato divisioni all’interno di vari governi e famiglie politiche, sia a destra che a sinistra, tra chi si è schierato convintamente dalla parte dell’Ucraina, a difesa della libertà e della democrazia, e chi invece ha mantenuto una posizione neutra, quando non esplicitamente a favore del regime di Putin, in chiave anti-USA e anti-occidentale.

Vari regimi autoritari, dal Kazakistan all’Angola, dalla Guinea Equatoriale hanno rieletto i loro presidenti in elezioni che non sono state né libere né eque. In Turkmenistan il presidente-dittatore Gurbanguly Berdimuhamedow ha lasciato la guida del paese al figlio Serdar Berdimuhamedow. In Arabia Saudita il principe ereditario Muhammad ibn Salman ha incrementato nettamente il proprio potere con la nomina a primo ministro del regno.

Se da una parte ci sono regimi autoritari si raffornzano, dall’altra ci sono paesi che stanno vivendo preoccupanti crisi politiche, economiche ed istituzionali.

Uno degli esempi più’ eclatanti è lo Sri Lanka: sconvolto da un profonda crisi economica.  Vaste proteste di piazza causate dalla penuria di carburante e dall’aumento dei costi dei prodotti di prima necessità hanno portato al crollo del regime della famiglia Rajpaksa (populisti nazionalisti) che aveva dominato il paese negli ultimi anni. Prima si è dimesso il primo ministro Mahinda Rajapakse e poi suo fratello, il presidente Gotabaya Rajapakse. Il parlarmento ha nominato nuovo primo ministro e poi nuovo presidente l’ex primo ministro Ranil Wickremesinghe, politico di lungo corso di centrodestra e storico avversario dei Rajapakse. La nuova leadeship tuttavia non sembra in grado di rimettere in sesto l’economia del paese e Wickremesinghe ha usato il pugno duro contro i manifestanti, che lo accusano di far parte dell’élite di potere che ha portato il paese al collasso economico.

Sempre più preoccupante anche la situazione in Pakistan.  il primo ministro populista Imran Khan è stato  sfiduciato dal parlamento e al suo posto è stato nominato il conservatore Shahbaz Sharif a capo di una coalizione di partiti di centrodestra e centrosinistra appoggiata anche dai militari. Khan ha accusato gi USA di aver organizzato un golpe istituzionale per eliminarlo e ha organizzato vaste manifestazioni popolari per far cadere il governo.  La popolarità di Khan è ancora alta nel paese, come dimostra la vittoria dei candidati del suo partito in varie elezioni parziali e amministrative. Il paese è in crisi economica ed è stato colpito lo scorso anno da temperature estive record a cui è seguita la più grave inondazione che si ricordi,  due eventi che hanno devastato la produzione agricola. Lo scontro tra Khan e il governo potrebbe portare ad un colpo di stato e al rischio di guerra civile.

Rimane sempre instabile l’Iraq, in preda alla crisi economica e con un sistema istituzionale sempre più debole. Nel corso del 2020 sono continuati gli scontri armati tra milizie sciite, in particolare tra quelle filo-iraniane e tra i seguaci del leader nazionalista  Moqtada al-Sadr, in quali in un paio di occasioni hanno occupato il parlamento. Alla fine il parlamento dopo vari tentativi a vuoto è riuscito ad eleggere Abdul Latif Rashid (Unione Patriottica del Kurdistan, centrosinistra) capo dello stato, il quale ha incaricato Muhammad Shia al-Sudani (Partito Islamico Dawa, sciiti filo-iraniani) di formare un nuovo governo.

Il Libano, altro paese in piena crisi economica,  è andato alle urne nelle elezioni parlamentari, confermando la maggioranza relativa di Hezbollah (nazionalisti islamici sciiti) e dei suoi alleati. Le divisioni all’interno del governo (ancora provvisorio) del primo ministro Najib Mikati e del parlamento tuttavia hanno impedito di fare serie riforme per rimettere in sesto il paese. Il parlamento non è neanche riuscito ad eleggere un nuovo presidente dopo la scadenza dell’incarico del presidente Michel Aoun (cristiano-conservatore) tanto che il governo ha assunto le funzioni presidenziali.

 

La Tunisia nel frattempo sprofonda verso un regime autoritario sotto il presidente di destra Kais Saied.  Quest’ultimo ha prima fatto approvare una nuova controversa costituzione che rafforza i poteri presidenziali e poi ha introdotto una nuova legge elettorale che impone ai candidati alle elezioni di presentarsi come indipendenti. ll 17 dicembre si è svolto il primo turno delle elezioni parlamentari, boicottato da tutti i maggiori partiti politici di opposizione dove solo l’8% della popolazione si è recato alle urne.

Per quanto riguarda l’Africa cè da notare il Burkina Faso dove ci sono stati ben due colpi di stato militari in meno di un anno, mentre il nord del paese è sconvolto dagli attacchi dei gruppi estremisti islamici.

In Kenya ci sono state libere elezioni con un pacifico passaggio di poteri, il che sarebbe un’ottima notizia. Il problema è che il nuovo presidente, il populista William Ruto è stato in passato accusato, assieme al presidente uscente  Uhuru Kenyatta dalla Corte Penale Internazionale, il Tribunale dell’Aja  di essere il responsabile delle violenze post-elettorali che nel 2008 provocarono migliaia di morti. Nel frattempo il paese affronta la più lunga siccità del secolo e deve fare i conti con gli  estremisti islamici nel nord-est del paese.

Passiamo in America Latina, dove un altro paese in piena crisi istituzionale è il Perù. Il presidente  Pedro Castillo (populista di sinistra) è stato arrestato dopo che aveva cercato di sciogliere illegamente il parlamento che stava per approvare un provedimento di impeachment nei suoi confronti.  Nuova presidente è stata nominata la vicepresidente Dina Boularte, la quale ha dovuto affrontare violente manifestazioni di piazza dei sostenitori di Castillo.

La Costa Rica intanto, dopo essere stata guidata dal 2006 da presidenti progressisti di centrosinistra, ha adesso eletto  presidente il populista  Rodrigo Chaves, socialmente conservatore, legato a gruppi religiosi di destra omofobi e anti-abortisti.

In Asia il risultato elettorale più drammatico è stato senza dubbio l’elezione alla presidenza delle Fillipine di Bongbong Marcos, figlio del dittatore di destra Ferdinand Marcos al potere dal 1965 al 1986. Vicepresidente è stata eletta Sara Duterte, figlia del presidente uscente  Rodrigo Duterte, accusato di gravi violazioni dei diritti umani, in particolare degli oltre 7’00o omicidi compiuti dalle forze di polizia durante la sua discussa “guerra alla droga”.

La Corea del Sud,  alla scadenza del mandato del liberale Moon Jae-in, ha  eletto come presidente il conservatore populista Yoon Suk Yeol, un ex magistrato senza esperienza amministrativache si è trovato fin da subito in difficoltà nel governare il paese, in particolare a causa dei contrasti con il parlamento, dominato dal Partito Democratico di opposizione.

Per quanto riguarda l’Europa Occidentale il “grande malato” del 2022 è stata sena dubbio la Gran Bretagna.  La Morte della Regina Elisabetta II no solo ha segnato la fine di un’epoca, ma ha evidenziato la crisi di un paese in recessione, con un’inflazione ai massimi degli ultimi 40 anni, un sistema sanitario in crisi post-Covid e un sistema ecomico che risente delle pesanti conseguenze della Brexit.  Dopo le dimissioni di Boris Johnson, il governo di Liz Truss è stato il più breve della storia, essendo durato solo 49 giorni. Il nuovo primo ministro Rishi Sunak, che era stato il Cancelliere dello Scacchiere con Boris Johnson, farà fatica a far uscire il paese da una spirale recessiva dovuta in buona pare alle politiche dello stesso governo del quale lui era stato il responsabile economico. Nel frattempo il partito conservatore affonda nei sondaggi e un’ondata di scioperi che non si vedeva da decenni  colpisce la sanità e i trasporti pubblici.

Nell’Europa Centro-orientale continua l’instabilità in Bulgaria. Il governo liberale europeista del primo ministro Kiril Petkov ha perso la maggioranza in parlamento e, non essendo stata trovata una maggioranza alternativa si sono tenute elezioni anticipate (le quarte in meno di due anni) che ancora una volta non hanno prodotto nessuna maggioranza di governo.  Nel frattempo avanza l’estrema destra nazionalista filorussa, che ha ottenuto quasi il 10% dei voti e potrebbe aumentare ulteriormente il suo consenso nel caso di nuove elezioni anticipate a primavera.

In Serbia si sono tenute elezioni parlamentari e presidenziali che hanno confermato l’assenza di una seria alternativa al potere del presidente nazionalconservatore Aleksandar Vučić e del suo partito, il Partito Progressista Serbo.  L’opposizione infatti è nettamente divisa. Da una parte ci sono varie formazioni di destra o estrema destra nazionalisti e filorusse. Dall’altra alcuni partiti di centrosinistra, liberali ecologisti ed europeisti che rimangono decisamente deboli rispetto allo strapotere del partito di governo, che gove anche l’appoggio della sinistra nazionalconservatrice del Partito Socialista Serbo.

Deludenti le elezioni in Lettonia.  Alle elezioni parlamentari crolla il partito socialdemocratico “Armonia”, che rappresentava gli interessi della minoranza russa, che esce dal parlamento com anche il partito liberale Sviluppo/Per! .Entrano in parlamento un nuovo partito di centrosinistra (I Progressisti) e uno di destra populista (Prima la Lettonia). Il primo ministro uscente  Krisjanis Karins rimane in carica alla guida di un nuovo governo di centrodestra.

Per quanto riguarda le elezioni locali, sono stati rinnovati parlamenti di vari stati federali dell’India che hanno confermato la predominanza della destra nazionalista indù del BJP, il partito del primo ministro Narendra Modi.  Non sono mancati i successi per i partiti di opposizione,  ad esempio per i centristi dell’AAP in Punjab o del centrosinistra del Partito del Congresso in Himachal Pradesh, ma il BJP è stato confermato alla guida del Gujarat, dell’Uttarakhand, del Maripur, di  Goa e soprattutto dell’Uttar Pradesh, lo stato più popoloso dell’India, con oltre 200 milioni di abitanti, dove è stato confermato chief minister Yogi Adityanath, un monano induista noto per le sue idee di estrema destra xenofobe e razziste.

Brutte notizie invece arrivano per il primo ministro liberale del Canada Justin Trudeau. Le elezioni per le assemble province dell’Ontario e del Quebec,  le due province più popolose del paese hanno portato alla riconferma dei due premier conservatori uscenti, Doug Ford in Ontario e François Legault in Quebec, mentre l’opposizione conservatrice a livello nazionale si è fatta più decisa con l’elezione ala guida dei Partito Conservatore di Pierre Polievre.

Anche in Spagna le elezioni amministrative hanno rappresentato un pessimo messaggio per il governo del primo ministro socialista Pedro Sánchez.  In Castilla-León  e in Andalusia, i governatori uscenti del  Partido Popular (liberalconservatori) sono stati riconfermati, i socialisti del PSOE hanno perso terreno ed è avanzata la destra nazionalista di VOX.

Nella prossima pagina i “finalisti” per il peggior evento politico-elettorale del 2022.

 

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